Chapter 21

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Other side, GAITS.

"Io, Rocket e Tony ci occuperemo di creare un guanto per contenere le gemme. - spiegò Bruce quando, dopo un'oretta di scambi di avventure e pianti silenziosi per Natasha, ritornammo dentro alla base per lavorare - Ci vorrà qualche ora, nel pomeriggio potremo eseguire lo schiocco."

Ognuno andò per i fatti suoi, qualcuno si ritirò in camera, altri come Thor rimasero fuori sul terrazzo, mentre io mi andai a sedere sul divano affianco a Steve, pensieroso con le lacrime agli occhi.
Non ricordavo di averlo mai visto così, forse solo quando Thanos aveva scioccato le dita e cancellato metà universo.

Inclinai il capo e posai una mano sul suo braccio: l'abisso tra la mia mano e il suo bicipite era assurdo.
Era la mia mano ad essere piccola o il suo bicipite ad essere smisuratamente grande? Forse entrambi.

Lui voltò piano la testa verso di me.
"Ho sbagliato." mormorò mostrando la debolezza che, a quanto pare, possedeva pure lui che era Captain America.

"Perchè? Non potevamo immaginarlo!" esclamai, cercando di dissipare il suo senso di colpa.

"Perchè io sono il leader, e avrei dovuto considerare ogni possibilità. È l'intelligenza che fa di un leader ciò che è veramente." spiegò.

Sarebbe potuta venire la fine del mondo per un'altra volta, ma gli insegnamenti del Capitano non me li avrebbe tolti nessuno, mai.

"Steve, dico davvero. Non potevamo sapere che qualcuno sarebbe dovuto morire, altrimenti..."

"Altrimenti cosa? - mi interruppe, togliendo le mani dalle ginocchia e portandole dietro la testa - Non avremmo sicuramente lasciato perdere."

"Lo so, ma... - sbuffai. Il mondo era così ingiusto - Perchè Nat?"

Steve scosse il capo.
Allargò un braccio e mi fece cenno di avvicinarmi, accogliendomi nella sua stretta.
Appoggiai la testa contro il suo petto.

"Vorrei saperlo anche io, Grace."

Restai in silenzio per qualche secondo, poi mi staccai dal Capitano.
"Credo che andrò in camera mia. - annunciai alzandomi dal divano - Voglio stare un po' da sola. Chiamatemi solo quando siamo pronti per lo schiocco."

Steve annuì.
"Va bene."

Attraversai il salone e passai davanti all'enorme ufficio nel quale Natasha soleva lavorare.
Mi salì ancora la malinconia quando non la vidi seduta alla scrivania, e per non scoppiare a piangere nel bel mezzo della base mi rifugiai subito nella mia stanza.

Chiusi la porta rumorosamente, e mi ci sedetti davanti, poggiando le braccia incrociate sulle ginocchia.
Ancora non riuscivo a credere che non avrei più visto Natasha. Mi era troppo strano guardarmi intorno e non trovarla.
Non era giusto. Perchè erano sempre i più buoni ai quali il destino riservava una brutta fine?

Qualcuno bussò alla mia porta.

"Avevo chiesto a Steve di non venire a disturbarmi, signor Stark. Che c'è?" chiesi ancora appoggiata alla porta.

"Non sono Tony." replicò una voce ovattata.

Sbuffai e mi scansa dalla porta, quindi la aprii.

"Scusa, entra." dissi a Clint, che senza ulteriori spiegazioni si intrufolò nella mia stanza e richiuse la porta.

Si appoggiò al muro a braccia conserte, l'espressione seria che cercava di mascherare il dolore che ancora provava, e che forse avrebbe sempre provato.
Lui e Nat erano amici da una vita.

"Come ti senti?" domandò.

Mi strinsi nelle spalle.
"Non hai un'altra domanda da farmi?"

Lui sospirò.
"Vorrei averne, ma gli argomenti scarseggiano in questo periodo. - disse, prima di sedersi sul letto accanto a me - Non parlo solo di... Nat. Parlo anche di tutte quelle cose che hai scoperto da tuo nonno nel viaggio nel tempo."

"È tutto troppo insieme. Non mi aspettavo si trattasse di Thanos. Non posso più nemmeno vendicare i miei perchè lui è già morto. È frustrante. - spiegai - Quanto a Nat... bè, credo non ci sia molto da dire."

"Mi dispiace così tanto. Potevo fare qualcosa." sussurrò Clint.

"Smettila. Non parliamone più. Quello che potevi fare era tenerla e non farla cadere, non potevi sapere che lei si sarebbe data la spinta per cadere giù." dissi.

Lui annuì, alzò la testa e mi guardò.
"È bello come cerchi di tranquillizzarmi, non farmici pensare e di non darmi colpe. Dovrei essere io a tranquillizzare te, invece... ah!, questi cinque anni da solo mi hanno completamente dato alla testa."

Posai una mano sul suo ginocchio.
"È normale sentirsi deboli, a volte. Anche io talvolta vorrei non provare niente: ci farebbe vivere meglio. Le emozioni ci distruggono."

"Già. Be', - esclamò con enfasi, alzandosi dal letto, come se la conversazione appena conclusa non fosse mai avvenuta - un paio d'ore e potremo riportare indietro l'umanità nella sua completezza. Non sei felice?"

Riuscii a sorridere.
Non ci avevo ancora pensato concretamente al fatto che ora avremmo potuto davvero toccare con un dito il ritorno di tutta la popolazione.

"Sì, certo. Ma tu dovresti esserlo più di me. - replicai - Quale sarà la prima cosa che dirai quando rivedrai tua moglie e i tuoi figli?"

Il mio intento di strappare un sorriso a Clint andò a buon fine. Vidi i suoi occhi brillare, e fui soddisfatta del mio sforzo per riuscire a vedere quella luce sul suo volto dopo quel che era avvenuto quel giorno.

"Non so nemmeno se riuscirò a dire qualcosa. - borbottò - È molto più probabile che li stringerò tra le braccia, non servirà dire loro alcunché. E tu, che dirai a Peter?"

Mi sembrava quasi un sogno poterne parlare.
Sorrisi e sicuramente avevo quell'espressione che possedevano tutti gli innamorati persi quando parlavano della loro metà.

"Io... credo che... - sorrisi e scossi il capo, realizzando di avere gli occhi lucidi - Non lo so!"

"Come non lo sai? Io ti ho risposto, esigo una risposta anche da parte tua! Poi scegliamo la migliore." ribattè.

Sembravamo spensierati come se fosse una vita totalmente normale, come se non avessimo appena perso una migliore amica e una perfettissima consigliera.

Sospirai.
"Credo che gli dirò che lo amo tanto... che non ho mai smesso di cercarlo. E finalmente potrò abbracciarlo e non farlo più scappare."

Clint alzò le mani in segno di resa.
"Non c'è competizione, hai vinto tu. Sei molto più poetica." commentò.

Qualcuno bussò alla porta.
Ma che divaolo volevano tutti da me?

"Grace! Ho un urgente bisogno di fare un colloquio tra cervelloni!"

Lanciai un divertito sguardo di scuse a Clint e mi alzai dal letto per andare ad aprire a Tony.

"Come va?" domandai riferita al guanto, mentre lui entrò lasciando la porta spalancata.

"Bene. Abbiamo impiegato meno del previsto. - spiegò incrociando le braccia - Banner e il coniglio si stanno occupando degli ultimi ritocchi. Allora, veniamo a noi."

Lanciò uno sguardo a Clint, che inclinò il capo innocentemente.

"Evidentemente non sono un cervellone. - osservò Clint in un mezzo sorriso - Vabbè, vi lascio ai vostri discorsi. A dopo."

Si trascinò alla soglia e si richiuse la porta alle spalle.
Spostai lo sguardo su Tony.

"Di che volevi parlarmi?"

𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐋𝐚𝐬𝐭 𝐖𝐚𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora