36. Epilogo

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Quattordici mesi dopo

Era da sei mesi che attendeva con ansia di trovarsi in quel salone.

Fino a quel momento aveva camminato spedita, nascosta in bella vista: assumere l'aspetto di una guardia asgardiana non era stato difficile per lei.

A partire da quel punto, però, sarebbe tornata nella sua forma originale, senza inganni o sotterfugi. Aveva degli obiettivi precisi, ma non poteva cancellare del tutto la rabbia che l'aveva accompagnata per tutta la sua vita e aveva recentemente imparato che non tutte le emozioni erano un male.

Mentre i suoi passi rallentavano, a pochi metri dall'entrata della Sala del Trono, Kyra tornò se stessa: l'armatura dorata lasciò il posto alla sua amata tuta nera, stranamente completa di un soprabito dello stesso colore; la spada dall'elsa color dell'oro ritrovò la sua forma originale e la giovane strinse con forza Fragarach, perché sapeva che le sarebbe servita da un momento all'altro. Come a volerle dar ragione, le due guardie poste a lato dell'ingresso si accorsero del suo cambiamento e diedero l'allarme, per poi attaccarla.

Con un sorriso appena accennato, Kyra attaccò per prima, sorprendendo una guardia mentre stava ancora dando l'allarme e, con rapidità, infuse potere nella spada e lo fece scorrere attraverso essa fino al corpo della guardia. La ferì e la vide crollare a terra. L'altro asgardiano si stupì per quella scena: dopotutto l'aveva colpita solo di striscio, una ferita non grave, come poteva averla messa fuori gioco così facilmente?

Come per risponderle, Kyra roteò Fragarach e, infondendola nuovamente di magia, iniziò a scontrarsi con la seconda guardia. Dopo un paio di tentativi a vuoto, la giovane riuscì a toccare con la punta della spada la guancia dell'asgardiano che, istantaneamente, crollò sul terreno.

Doveva proprio ringraziare Lahial per averle insegnato quel trucco. Chissà se lo avrebbe rivisto prima della fine.

Altre guardie stavano accorrendo da zone esterne, ma a Kyra non importava. Si voltò di scatto verso la Sala e la ciocca di capelli bianchi si mescolò al nero dei suoi compagni davanti agli occhi della giovane. Se fosse stata appena più vanitosa l'avrebbe mascherata, ma non lo era, anzi, rappresentavano un monito, un limite che non avrebbe dovuto più superare.

Entrò a grandi passi nell'enorme salone dorato e subito i suoi occhi azzurri puntarono al suo obiettivo: Odino sedeva tronfio sul suo trono con in mano il lungo scettro.

La vecchiaia lo aveva trovato, dopo secoli passati a sfuggirle, come dimostrato dai capelli e dalla barba candidi e dalle fitte righe che gli solcavano il viso. L'occhio destro era bendato, ma il sinistro la osservava attentamente: azzurro come il ghiaccio.

Kyra assottigliò lo sguardo, accorgendosi con la coda dell'occhio delle guardie che la stavano per attaccare. Fu solo all'ultimo secondo che si voltò per combattere contro gli asgardiani.

Era abituata a scontrarsi con esseri di qualsiasi razza e in quei mesi aveva imparato un gran numero di trucchi per disfarsi dei nemici con il minor sforzo possibile.

Si muoveva rapida e precisa, usando Fragarach come un'estensione del suo corpo e spostando la sua magia con grazia e senza dispersione.

In pochi minuti, quattro guardie giacevano svenute, con solo qualche graffio a segnare i loro corpi.

"Basta!"

Si aspettava quella voce bassa e profonda, ma con una forza che solo il suo ruolo poteva donare e così era stata. Odino, alzandosi dal trono e battendo lo scettro per terra, aveva fermato i suoi soldati, come si addiceva a un re.

Kyra tornò a osservarlo con attenzione, non riuscendo a nascondere uno sguardo furioso, ma tornando ben presto indifferente, anzi, quasi divertita. Aveva pianificato quella missione per mesi e non avrebbe permesso neanche a se stessa di rovinare quel momento.

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