𑁍𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐕𝐈𑁍

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Ethan non aveva mai veramente amato i ragazzi del gruppo di teatro, in realtà, li aveva sempre trovati molto eccentrici e decisamente troppo presi dal loro ego.

Per quanto tentassero di non mostrarlo al resto del mondo, si vedeva lontano chilometri quanto loro fossero fieri di fare parte del gruppo più importante della scuola e anche di come approfittassero di tutti i privilegi che comprendeva il farne parte.

Avevano la possibilità di saltare le lezioni, di godersi soltanto loro quell'angolo di paradiso che era l'anfiteatro e, come se non bastasse, godevano del totale appoggio della rappresentante di istituto, che a quanto pare non riteneva lui degno dello stesso trattamento.

Ethan sbuffò, osservando con noia il computer che aveva davanti, su chi stava scrivendo il suo articolo. Da quando era stato scoperto da Ester, non era mai stato tranquillo. A preoccuparlo non era il fatto che quelli del teatro potessero tenerlo maggiormente d'occhio, assolutamente, ormai ci era abituato.

Da allora aveva iniziato a sentirsi osservato, non quello sguardo noioso di chi vuole tenerti sotto controllo, ma degli occhi invisibili addosso, che ti mollavano nemmeno per un istante. Sentiva spesso delle voci che nessun altro sentiva, nemmeno Fabio, con cui passava la maggior parte del suo tempo.

Una volta, pochi giorni dopo essere stato scoperto, aveva sentito degli occhi su di sé e aveva sentito borbottare un "Mi farò perdonare per quanto successo, non ti preoccupare" e ogni volta si voltava con un sussulto.

All'inizio pensava fosse colpa di Fabio, al ragazzo piaceva fargli degli scherzi, ma lui ogni volta diceva di non centrare nulla e ogni volta Ethan avrebbe voluto saltargli al collo.
Al contrario di quanto gli era stato detto, Ethan non aveva mai smesso di seguire i ragazzi del teatro.

Sarà stato anche più giovane di loro, ma non era di certo stupido. Aveva visto che si comportavano in modo strano, o almeno più strano del solito, dato che ogni volta non è che si comportassero come le persone più normali del mondo.

Aveva chiaramente visto il primo giorno di scuola che quei ragazzi sembravano vivere in simbiosi, dato che avevano tutti avuto una specie di brivido nello stesso momento, come qualcuno che ti assalta alle spalle; o ancora quando li stava guardando durante la prima riunione, uno di loro parlava senza che nessuno avesse detto qualcosa.

E quella colonna che si era rotta in parte davanti ai suoi occhi lo aveva terrorizzato. Aveva di nuovo pensato che Fabio fosse in parte la mente di quelle cose, dato che spesso si divertiva a fargli notare dettagli inutili, fino a farlo diventare ossessivo, ma ancora una volta il ragazzo diceva di non centrare e ogni volta gli chiedeva se stesse bene e gli consigliava di riposarsi e prendere una pausa.

Pensava che fosse a causa della stanchezza, e per un po' pensò veramente che la mancanza di sonno gli avesse giocato dei brutti scherzi. Un giorno aveva visto un enorme mastino, nero come la pece, correre tra i corridoi del secondo piano per poi scendere le scale.

In quel momento si era grattato più volte gli occhi per accertarsi di star sognando, ma quando la bestia gli scese le scale vicino e lui poté tastarne il pelo con una mano, iniziò seriamente a dubitare di avere allucinazioni.

Seguì la bestia in silenzio, macchina fotografica alla mano e sobbalzò dalla paura quando vide di sfuggita qualcosa cadere dalle scale più in alto e schiantarsi a terra. Non sentì alcun rumore dello schianto ma era certo di aver visto qualcosa cadere a grande velocità, ma smise di pensarci quando vide John uscire velocemente da uno dei corridoi del piano terra.

<Nathan, adesso basta, non è divertente> sentì dire dal ragazzo, prima che questo scendesse nei sotterranei, dove prima era sceso il cane. Si stropicciò nuovamente gli occhi e fece capolino dalla colonna su cui si era nascosto.

𝐍𝐈𝐆𝐇𝐓𝐌𝐀𝐑𝐄-                                                   ΎΠΝΟΥ ΑΓΩΝDove le storie prendono vita. Scoprilo ora