Riuscii a dimenticare tutto almeno fino a che non arrivò Nairobi cantando un pezzo dei "los paraguayos" cambiandone un po' le parole quando non ne ricordava le strofe. Sentii il legno scricchiolare sotto i suoi passi mentre ancora mi trovavo adagiata sul divano con le mani intrecciate ai ricci castani di Rio. Avrei voluto ignorarla, che vedesse. Ero felice, era giusto che si vedesse.
Ma io e Rio ci eravamo solo baciati. Un bel bacio, pieno di fervore, ma pur sempre un semplice bacio. C'era stata qualche parola ma non pretesi che cominciassimo una relazione così su due piedi. Da lui non pretendevo nulla. Se avessi preteso qualcosa avrei potuto rimanerne delusa, e personalmente ero stufa delle delusioni.
Fu lui a separarsi mettendosi seduto ma guardandomi con quel sorriso che gli faceva comparire le fossette sulle guance. E come era bello quando era felice.
Forse sbagliai a mettere la mia mano nella sua in cerca di calore, di dolcezza. Nairobi spalancò la porta "Rio, amore mio ti chiamano" lo chiamavano, tra tutti i momenti in cui avrebbero potuto chiamarlo lo chiamarono in quel momento. Sospirando lasciai che si alzasse accompagnandolo con la mano fino a che non fu troppo lontano. Era stato così veloce e bello. Troppo bello per essere avvenuto in una situazione di merda come quella. Era come se la perfezione nel casino più totale non potesse esserci.
Tuttavia Nairobi non era una stupida, e mi conosceva forse meglio di chiunque altro lì dentro. Lo dirò per sempre che lei fu sempre mia complice, nel bene e nel male. Nonostante gli anni che ci separavano, la mia Nairobi mi teneva a galla. Non le sfuggì il dettaglio delle mani, e nemmeno le mie guance purpuree. Non le sfuggì il bicchiere del caffè abbandonato e nemmeno i cuscini stropicciati del divano. Era una falsaria perfezionista e una perfezionista nota i dettagli sempre e non solo nelle banconote. Lo lasciò passare e lui se ne andò con un passo che poteva sembrare più felice di quello con cui era arrivato. E poi lei rimase sulla soglia a guardarmi con i suoi occhi scuri e grandi. Ci fu il silenzio per pochi secondi. Scosse la testa "Oi oi oi Giacarta" si passò una mano sul viso "Dimmi che mi sbaglio" alzò un sopracciglio rosicchiandosi il labbro superiore. Non risposi. Meditai sei fare finta di non capire, che avesse frainteso tutto. O magari negare fermamente. Avrei negato l'evidenza e con una come Nairobi voleva dire semplicemente fare un salto a piedi pari nel cemento a presa rapida.
Sbuffai e lei spalancò gli occhi aspettando trepidante una risposta "Giacarta" disse chinando lievemente il capo. Voleva dire che aveva capito tutto, tacendo stavo solo dando una continua conferma alle sue supposizioni. Se avessi continuato a non parlare avrebbe perso le staffe.
Lasciò che il fucile le cadesse sul fianco agitando le braccia in un gesto di frustrazione "Con Rio davvero?! Non sono passati nemmeno due giorni da quando ha lasciato Tokyo" pronunciava ogni parola piena di spigoli. Preoccupazione, indignazione. Il cuore mi salì in gola all'idea di aver sbagliato. Tokyo mi spaventava, mi sentii per un attimo di nuovo una traditrice. Dopo che io e lei per poco c'eravamo trovate sulla stessa lunghezza d'onda, io l'avevo fottuta.
"Due giorni ragazza" alzò due dita smaltate prima di lasciarsi cadere sul divano dove c'era stato Rio fino a poco prima.
Me ne uscì con una frase scontata "Non è come pensi" le dissi. Com'era ironico pensare che in quel momento, per poco, l'oro, la rapina e la questione di mio padre fossero cadute in secondo piano per una questione amorosa. Doveva essere così vivere normalmente, ingrandire problemi che non sono poi così tanto grandi.
"Io penso benissimo tesoro" mi disse recuperando una sigaretta dal pacchetto che teneva nella tasca "Entro qui e vi vedo mano nella mano, Rio sorridente e tu con la faccia fucsia" alzò le spalle mettendosi la sigaretta tra le labbra "Dimmi come può essere frainteso" si tastò la tuta in cerca dell'accendino "Puoi pure dirmi che vi stavate facendo il solletico ma non pensare che io ti crederò" classico sarcasmo che usciva dalla bocca di Nairobi lasciandoti un retrogusto acidulo. Ammisi le mie colpe nascondendo il viso nelle mani e stropicciandomi gli occhi "Ci siamo solo baciati" le dissi prendendo in una mano il pacchetto di sigarette che giaceva sulle sue gambe. Per un attimo mentre prendevo la sigaretta e me la accendevo fra le labbra lei non ebbe nulla da dire.
Possibile che avessi davvero sbagliato? Non avevo agito seguendo nessuna logica, o meglio, avevo agito seguendo quella che era la logica della mia felicità. E mi piaceva credere che potesse essere felice anche Rio.
"Ragazza non è mai solo un bacio" borbottò stringendo affettuosamente il mio ginocchio nella sua mano olivastra "Rio è fragile, tu lo sei e sai bene che una cosa come questa potrebbe mandare tutto a puttane qui dentro" non lo stava dicendo perché non voleva che io fossi felice. Lo diceva perché alla fine era la verità, Tokyo soffriva e non accettava, e se io ero effettivamente innamorata come pensavo avevo di nuovo qualcosa da perdere.
"È già andato tutto a puttane Nairobi" le dissi "Mi sto solo permettendo di essere felice, lui mi fa stare bene e mi piace davvero" tentai di spiegarle, ma dubitai che persino lei potesse credermi o darmi ragione. Anche se mi avesse creduta quella storia clandestina sembrava giusta solo a me e a Rio, ma una cosa clandestina non può mai funzionare.
Lei fece lentamente uscire il fumo dal naso "Non dico che non potrete mai sviluppare la vostra relazione o qualunque cosa sia" i nostri occhi si incontrarono "Ma non qui, non ora, non dopo due giorni dalla rottura con Tokyo" spiegò gesticolando. E se non ora quando? Ero stufa di perdere le mie occasioni. Ne avevo avute poche e quella era una delle mie occasioni, ne ero quasi certa. Rio era la mia occasione più grande in quel momento. Fuori di lì non ci sarebbe stato nessuno yacht e tantomeno una relazione stabile e nemmeno identità false, Rio era la mia occasione lì dentro non altrove e non in un altro momento.
"A me non interessa di Tokyo, mi dispiace per la sua rottura ma" alzai le spalle stringendo le labbra l'una contro l'altra scuotendo la testa "Non ho obbligato Rio" borbottai. Eravamo avvolte dal grigiore emanato dalle sigarette e dalla puzza di nicotina, fumavamo nervose entrambe "Non si tratta di obbligare nessuno tesoro, Rio si butterebbe nelle braccia di chiunque ora" continuava a dirmelo come se non lo sapessi, ma io lo sapevo che non era questione di amore. Ma da qualsiasi cosa dipendesse io ero lì per lui, se aveva bisogno di me io c'ero, forse lui non mi amava ma io si. E infondo penso che amare una persona sia proprio questo. Un amore forse impossibile, non volevo rimanesse come uno starnuto trattenuto.
"Mi spiace Nairobi ma Rio vuol dire tanto per me, non manderò tutto a puttane con lui" dissi. Per me Rio era quasi tutto in quel momento, e ciò che provavo era quel sentimento che ti spinge a guardare una persona mentre dorme pensando che sia bellissima. Spense frustrata la sigaretta sul tavolo, scosse la testa "Non posso impedirti di fare ciò che vuoi, ma se pensi che possa durare" esitò "Probabilmente ti sbagli, in questo posto marcirebbe qualsiasi cosa" decisi di annuire. Lo capivo davvero, ma non mi interessava. Lei mi strinse a sé in un gesto convenzionale ma mi confortò comunque "Sarò qui comunque vada" mi disse, spensi la sigaretta nello stesso punto in cui la aveva spenta lei.
Lei ci teneva a me, ci teneva come amica, come sorella, come madre. Stringendomi a sé come fossi il suo Axel, il suo bambino. Se lui sapeva di lei forse la odiava come avevo odiato il mio papà.
Dubitai che mio padre potesse in qualche modo assomigliare a Nairobi ma di certo lei era la prova che nella vita si sbaglia. E non si sbaglia solo sulla settimana enigmistica ma anche coi figli, coi matrimoni. All'amore segue inevitabile uno sbaglio e una conseguente perdita. Una legge di merda che fa si che il mondo rimanga bilanciato.
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Ay, mi niña -Casa de papel fanfiction-
Fanfiction/cam·bia·mén·to/ Sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l'aspetto di qualcosa o di qualcuno; La giovane Berenice Muccio aveva atteso per anni che la vita le aprisse un'uscita alternativa da ciò che lei e la madr...