Cosa c'è dopo la morte?
Uno dei quesiti più grandi della storia dell'umanità. Una cosa così semplice che ci tormenta per tutta la nostra esistenza da vivi. Dopo la morte c'è l'eternità, ma un'eternità che ti sembra un sollievo dopo l'esperienza breve e travagliata della vita.
Lì su quel legno, mentre morivo, sentivo che lo stato di incoscienza fosse molto più facile da vivere. Chiudevo gli occhi ed ero sulla mia sdraio a Maui con il sole a scaldarmi le ossa, li riaprivo e sputavo sangue. La scelta mi si era presentata davanti facile come una di quelle sulle riviste dei bambini. Chi lo avrebbe mai detto che la morte si può paragonare a una rivista per bambini.
Senti il caldo poco dopo essere morto. Gli altri ti sentono diventare fredda e tu invece sei sotto il sole scottante di un atollo. Senti qualche parola del mondo che è rimasto di la e ti viene da sospirare. Il tuo corpo è morto, la tua mente quasi. E sei lì, ad aspettare che ti prendano per mano e ti portino via. Non lo faresti mai da sola, non muoveresti neanche un passo.
Dopo la mia morte ci fu il caos nella banca e fu così strano poter pensare che tutta quella storia non fosse più un problema mio. Dopo mesi passati a sperare che non lo fosse mi trovai a desiderare che lo fosse ancora. Helsinki sentenziò che il mio cuore si era fermato e rimbombò tra le pareti l'urlo disperato di Palermo, Nairobi cadde a terra, Rio si rannicchiò tra le braccia di Tokyo. Caddero come i tasselli del domino. Il Professore dalla sua tana morì dentro ricordandosi di tutto ciò che aveva sbagliato con me, con suo fratello, con mia madre. I vivi affrontano quella caricatura della morte che provoca dolore mentre i morti...i morti sorridono.
Erano stati pugnalati da dentro, sanguinavano, soffrivano e da fuori stavano per colpirli con una granata. Che figli di puttana. Forse quando odiamo qualcuno sarebbe meglio augurargli la peggiore delle vite piuttosto che la morte.
Per me invece dopo la morte ci fu il silenzio, nessun grido, nessun rumore che potesse venire considerato tale. Ero dall'altra parte. Mi guardavo in giro smarrita aspettandomi forse di vedere gli angeli o Dio. Invece c'era la desolazione.
Una desolazione fatta di persone. Molte persone di cui non riconoscevo i volti, alcune disperate e mi chiesi se forse avessi dovuto piangere anche io nonostante non ne sentissi il bisogno. Magari dopo la morte bisogna piangere per convenzione. Una desolazione su una spiaggia che appariva così silenziosa nonostante tutte quelle persone avrebbero dovuto causare un chiacchiericcio insopportabile. Non si sentiva nulla.
C'era un mare infinito, tanto ampio da non poterlo vedere tutto nemmeno girando su sé stessi. Colori tenui: beige, bianco, nessun color cupo. Un orizzonte infinito e splendente. Una luce che proveniva da ovunque, non c'è un sole, è come trovarsi dentro una lampada.
Non ci insegnano forse che la morte è una desolazione cupa e spaventosa?
Mi venne da ridere lì mentre sguazzavo con i piedi nell'acqua della riva. I capelli liberi, l'aria fresca che mi sgusciava attorno, sollievo, pelle pulita, libertà. Tutto accompagnato da un senso di pesantezza per l'aver lasciato di la uno spettacolo interrotto sul più bello. Pensai molto al Professore e alla banda in quel momento. A ognuno di loro.
A quante cose pensavo.
Andavo alla deriva su una zattera tra i miei pensieri. Urlai anche, molto forte, ma le persone che c'erano in mezzo a tutta quella spiaggia non sentivano. Ero sola.
Affondai le mani nella sabbia sotto l'acqua e sentii il freddo propagarsi lungo le mie braccia in un unico senso di stupore.
E quindi era tutto lì? Avrei dovuto passare li la mia eternità? In un calca di morti che facevano un rumore silenzioso. Avevo sperato in qualcosa di più liberatorio dopo tutto quel dolore. Invece trovai che non fosse cambiato molto. Anzi più i minuti passavano più mi tormentavo per riuscire a ricordare il sapore delle labbra di Rio, il calore delle tisane di Martìn, le partite di calcio al monastero. L'estasi iniziale diventava di nuovo vita, ma una vita vissuta in sordina. Sforzandosi di ricordare anche i dettagli più insignificanti fino a rendersi conto che non ti ricordi delle cose migliori. Vorresti ricordare cose come le dita unte dopo la pizza, e il rumore della moka ma l'unica cosa che mi risuonava nella testa era l'urlo straziato di Martìn e le mani di Rio sporche del mio sangue. Che fosse l'inferno e quella fosse la mia condanna?
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Ay, mi niña -Casa de papel fanfiction-
Fanfic/cam·bia·mén·to/ Sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l'aspetto di qualcosa o di qualcuno; La giovane Berenice Muccio aveva atteso per anni che la vita le aprisse un'uscita alternativa da ciò che lei e la madr...