32-Lei non è più mia

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NICCOLO'

"Le farei solo capire quanto mi manca" sorrido amaramente pronunciando questa frase.

Perchè è veramente così, non ho mai sofferto tanto per la mancanza di una persona nella mia vita. Tutto sommato a pensarci non ho mai avuto dei genitori tano presenti nè men che meno dei fratelli che mi volevano tutto sto gran bene. Eppure la loro mancanza, il vuoto che hanno sempre occupato loro dentro di me, non è assolutamente niente messo a confronto a quello che ha lasciato Emma in soli pochi giorno dopo la nostra rottura. Mi sono sentito improvvisamente solo, vagavo e vago tutt'ora nel vuoto, senza più una motivazione valida per non mollare, per andare avanti. Lei occupava un posto troppo grande, e adesso che non è più qui accanto a me, il mio cuore che le apparteneva interamente, non batte più come prima.
Non ho più nulla da perdere ormai, lei non è più mia.
Forse è per questo che ho solo bisogno di dimenticare.

Il rumore della porta d'entrata però, mi distoglie da ogni mio pensiero. Guardo prima Adriano, notando che ha già gli occhi puntati in quella direzione da un po', e poi mi decido a girarmi anche io.
Riesco a scorgere solo una sagoma che velocemente esce da casa mia di fretta e furia.

"Adri ma chi cazzo era?" chiedo spontaneamente, con un'innocenza quasi disumana.

Mi rivolge uno sguardo misto tra compassione, delusione e timore, forse sta cercando di dirmi qualcosa che io, proabilmente accecato dall'alcool, non sto afferrando. Nonostante questo mi sforzo, torno con lo sguardo verso la porta e chiudo gli occhi. Poi preso dalla curiosità scrosto la tenda dietro di me, che sporge esattamente al cancello, davanti al quale riesco a trovare la risposta.

Un solo secondo.

La vedo, il suo viso angelico e il suo corpo sempre perfetto ma con il solo particolare della pancia più grande per via del bambino. Riesco a imprimere quel momento nella mia mente alla perfezione nonostante la mia poca lucidità mentale. Socchiudo gli occhi e poi torno dal mio amico a fianco a me, che è rimasto immbile in tutto questo.

"Era lì fin dall'inizio?" domando già certo della risposta.

"Hai cominciato a chiamarla nel sonno prima, allora sono andato sotto casa sua e ha accettato di venire" spiega con più calma.

"Davvero?" dico incredulo del fatto che lei sia volta venire qui di sua spontanea volontà.

"Farebbe di tutto per te, è preoccupata che tu non sia nella migliore delle situazioni dato che nemmeno lei sta una favola" sbuffa all'ultima affermazione mentre io mi stendo ancor più sul divano.

"Non potete rimanere così in eterno" scuote la testa un paio di volte prendendomi poi per le spalle.

"Vi mancate, ma adesso il passo avanti lo devi fare tu"

EMMA

Ho preso un taxi, il primo che passava di lì e mi sono fiondata a casa. Fortunatamente l'ho trovata vuota, sia Desi che Gabri erano tornati a casa e perciò ho fatto l'unica cosa che mi sentivo di fare dopo tutto quello che ho visto oggi.
Mi sono sfogata, piangendo, urlando, perdendo tutte le mie forze con il solo scopo di tirare fuori i demoni che ho in testa, che oggi sono aumentati a dismisura.
In poche parole mi sono auto-distrutta, fino a quando non sono letteralmente crollata sul materasso in un sonno profondo.

Mi muovo nel letto, non badando al fatto che avendo il pancione potrei farmi male se mi giro troppo bruscamente. Non so da quanto tempo sto dormendo precisamente ma mi sento un po' come se fossi ancora là.

Ricordo il mio viso velato di lacrime mentre lentamente mi riavvicinavo alla porta d'ingresso, aprendola per la seconda volta e tornando fuori da quelle mura che erano diventate troppo strette per me. Ricordo Adriano con il volto sconfitto e preoccupato allo stesso tempo e poi ricordo anche Niccolò, che riuscì a voltarsi per un millesimo di secondo nella mia diezione. Di certo non avrà messo a fuoco la mia immagine, sarebbe stato impossibile anche perchè ero girata e non mi poteva vedere in viso, però conoscendo Cassio sono anche certa che gli avrà raccontato un minimo dell'accaduto, magari anche con qualche bugia a fin di bene in modo tale da cercare di rimetterlo in sesto.

Poi però si fa spazio nella mia mente una seconda versione dei fatti, decisamente migliore della prima.

Le mie gambe che si muovono da sole verso quel divano.
Lui che si accorge della mia presenza e strabuzza gli occhi.
Io che allungò le braccia verso il suo viso distrutto.
Io che sorrido.
Lui che ricambia.
Io che non resisto e poso le mie labbra sulle sue, con un'insistenza disarmante.
Lo sento.
Lo sento che sto sognando, eppure nella mia testa continuano a scorrere queste immagini surreali che volendo potrei far cessare all'istante con il solo gesto di aprire gli occhi ma che invece preferisco far continuare. Voglio godermi il momento e provare ad immaginare che tutto questo sia realtà.

Voglio provare ad immaginare che io abbia avuto il coraggio di farmi vedere, di guardarlo negli occhi e di dirgli quanto sono stata male in questi mesi senza di lui.
Voglio ipotizzare una sua possibile reazione alla vista della sua ragazza con un pancione grande tanto quanto la sua testa, voglio immaginare un sorriso espandersi sul suo volto e il suono della sua risata, o della sua voce che mi ripete di avere sicuramente generato un maschietto.
Voglio vederlo felice di avermi finalmente al suo fianco, ma purtroppo dimentico di stare solo immaginando.
E me ne accorgo nel modo più bizzarro e allo stesso tempo preoccupante che sarebbe potuto capitarmi.

Apro gli occhi e subito sento la parte inferiore del letto completamente bagnata e con questa anche i miei pantaloni del pigiama. Mi alzo a stento e subito mi accorgo che il liquido proviene dalla mia pancia, segno che si sono ufficialmente rotte le acquee.
Preoccupata e agitata come non mai allungo il braccio verso il comodino sopra il quale ho fortunatamente posato il telefono prima di addormentarmi. Compongo il primo numero che mi passa sotto mano, proprio quello che in questo momento fa più al caso mio.

"Emma" la voce ancora assonnata di mio padre mi fa intendere di averlo svegliato ma credo proprio che se fosse a conoscieza della mia motivazione, non gli importerebbe poi tanto.

"Papà" una semplice parola, e già sento i miei occhi pizzicare. Forse sarà l'ansia, o forse solo il fatto che mi manca il rapporto che avevamo un tempo.

"Credo di aver rotto le acquee" sussurro portandomi poi una mano sulla pancia e cercando di sorridere a malapena.

"Arrivo" pronuncia dopo svariati secondi di silenzio, per poi appendere la chiamata.

SPAZIO AUTRICE
Questo capitolo fa pietà però serviva:)

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