27 ~ Quegli occhi...

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FonteChiara's P.O.V

Sento gli occhi ancora pesanti, le palpebre sono macigni difficili da sollevare. Non sento il bisogno di aprirli, né di riprendere il contatto con il mondo. L'oscurità che mi circonda mi dà un senso di pace e non di oppressione, nonché la possibilità di riflettere su quanto la candida gatta mi ha appena mostrato. 

Le immagini della visione appaiono nitide nella mia mente, come se le stessi ancora osservando nel loro svolgimento. Mi sembra tutto così strano, confuso. Scuoto la testa, pensierosa. Tutti quei segni, simboli di vite legate indissolubilmente da uno stesso destino, da una stessa profezia: l'acqua di fonte, le lacrime del cielo, l'ombra simile a un puma, la rosa dai petali scarlatti, la foglia d'acero, il fiore di cardo... Ma cosa significherà tutto questo? Come saranno tra loro legati questi oggetti, apparentemente così diversi e distanti?

Allungo le zampe in avanti, mi fisso per un momento i cuscinetti, per poi chiudere gli occhi e cominciare a sguazzare in libertà nel fiume dei miei pensieri.

Riapro i miei pozzi azzurri come il cielo, fissandoli per un secondo nel luogo dove fino a poco prima si trovava la gatta bianca che, fin da quando sono entrata a far parte di questa foresta, mi accompagna nei sogni. Ancora non sono a conoscenza del suo nome, ancora non ha voluto rivelarmelo. Son già tre lune che la guerriera mi viene a trovare, dandomi importanti insegnamenti, ma il suo nome rimane ancora un mistero. Perché non me lo vuole rivelare? Che magari pensi che io già lo conosca?

"Cerca nel tuo cuore e scoprirai chi sono. Tu mi hai già incontrata, mi conosci più di quanto tu non creda" mi aveva detto un giorno lontano, così distante che sembra facesse parte di un'altra vita. Eppure ricordo perfettamente tali parole. Ma cosa avrà voluto dire?

Io nel mio cuore ho già scavato in profondità, ho nuotato attraverso l'intero abisso dei ricordi. Ho rivissuto esperienze che credevo disperse nel vuoto dell'oblio, ho persino rivisto gli occhi di mia madre, il giorno in cui è scappata, abbandonando, senza un apparente motivo, me e mio fratello al nostro destino. Un destino crudele. Un destino che non ha avuto pietà di noi, due bambini innocenti e indifesi.

"Proteggi tuo fratello. Stagli sempre vicino. Veglia su di lui. Io sarò nel tuo cuore" aveva detto quel maledetto giorno, ultimo di una vita ormai finita e sepolta in profondità tra i miei rudimenti. Oh, quanto sarebbe delusa da me se sapesse ciò che è successo, di come ho disubbidito alle sue parole, le sue ultime parole.

Ripenso ancora a quegli occhi azzurri e limpidi, pieni di amore e preoccupazione, ma anche di un immenso dolore, un dolore che nulla poteva placare. Quegli stessi occhi li rivedevo in quella gatta bianca. No. Non è possibile. Non può essere lei. Mi do una zampata sul muso, mentre lacrime cristalline scivolano lente al di fuori delle mie palpebre. Lancio un grido, simile a un richiamo straziante, come se potessi in questo modo richiamarla e riaverla accanto a me.

Ripenso anche al corpo della gatta che Lucia, la mia migliore amica in quella vita lontana e dimenticata, aveva trovato sul ciglio della strada, a quanto dolore avessimo provato mio fratello ed io nel vederla. Rivedo davanti a me quegli occhi azzurri e vitrei, privi di quella scintilla di vita che le era stata brutalmente sottratta. Tre paia d'occhi, tutti tra loro simili, ma tra i quali non riesco a trovare un collegamento.

Ma so che quella gatta così dolce e gentile non può essere mia madre, perché lei mi ha abbandonato, e non avrebbe avuto nessun motivo per curarsi ancora di quella figlia che, evidentemente, riteneva solo un peso. Quella gatta candida non mi ha mai abbandonata quando mi trovavo in difficoltà, mi ha permesso di ambientarmi in questa foresta ostile e piena di pericoli, mi ha sostenuta e continua a sostenermi mentre affronto ogni singolo passo della mia vita, la mia inutile vita.

Warrior Cats: Il segreto della Fonte del PiantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora