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SUSAN

Quando Susan attraversò il cancello l'aria davanti a se ebbe uno strano tremolio; la ragione fu perché aveva superato una barriera protettiva. Aveva sentito il suo corpo appesantirsi e fece fatica a trascinarsi in quei quattro o cinque secondi. Era stato simile a come si immaginava attraversare una barriera di spessa gelatina.

Si ritrovò di fronte una grande discarica, ma non era una discarica comune. C'erano montagne e montagne di oggetti, preziosi e non. Si guardò intorno, notevolmente stupita. Lei aveva un debole per le cose materiali, perciò la sua voglia di andarsene in giro ad esplorare e addirittura portare via qualcosa era ben presente. Non lo fece, ovviamente. Doveva essere cauta. Spesso si stancava della sua stessa prudenza, ma era paranoica.

Passò venti minuti a camminare tra le montagnette di tesori; alcune era proprio alte. Per un istante, sulla punta di una, credette di aver visto qualcosa di molto simile ad una pietra enorme e incredibilmente splendente, che attirò subito la sua attenzione perché i raggi del sole si riflettevano sull'oggetto, creando un forte bagliore di luce.

In pugno, teneva uno dei suoi pugnali, Aster per la precisione. Fu proprio in quel momento che vide alcuni oggetti tremare di fianco a lei: un terremoto? Stavano per crollarle addosso? No, affatto, erano passi, passi, passi di un gigante. Li aveva trovati, finalmente, o meglio, loro avevano trovato lei. Si nascose ma per poco non cadde per via di un calice che era rotolato via dalla sua mischia. Lo scostò infastidita. Il cuore le batteva forte.

Si sporse per osservare il gigante: non era diverso da un semplice essere umano, a parte che era quattro volte più alto e grosso. I vestiti che usava avrebbero potuto essere usati per fabbricarne altri ad un bel po' di persone. Il gigante si guardò sia a destra che a sinistra. Poi si distese su un mucchio di roba e dopo aver messo le mani congiunte sulla pancia, chiuse gli occhi e si addormentò profondamente.

Su fece un respiro di sollievo: niente problemi? Niente problemi si, ma era sempre al punto di partenza. Aveva creduto che quel tipo l'avrebbe condotta a Thalia, e invece zero assoluto, si era fermato. Anche lei avrebbe voluto fare una bella dormitina...

Decise di tentare di svegliare il gigante, era la sua unica possibilità per non perdersi in quel labirinto di oggetti e trovare più facilmente Thalia. Perciò cominciò a lanciare della roba: una scarpa, una ciotola, una minuscola sediolina e solo la scarpa centrò l'obbiettivo, sul ginocchio. Non successe niente.

- ATHOS! - Urlò un vocione, e Susan, dopo essersi presa un bello spavento, si abbassò, cercando di nascondersi il più possibile. Fece la sua comparsa un altro gigante, simile ad Athos ma con un espressione davvero molto più arcigna. Doveva essere Asterius. Scosse il compagno una volta, con forza, e questo si svegliò. Non sembrava arrabbiato, solo intontito.

- Che hai tanto da urlare? -

- Avresti dovuto tenere d'occhio quella ragazzina, per poco non ci scappava! -

- Ma se era il tuo turno. - Replicò Athos al suo amico gigante che sembrava quello un po' più sveglio. Prese Athos per un braccio e lo trascinò via. A quel punto, Susan li seguì.

Raggiunse un enorme magazzino e seguì i due giganti fino a dentro, nascondendosi dietro alcuni enormi scatoloni. Quell'intero luogo era pieno di oggetti, una vera tentazione per lei. Però se ci si fosse persa...

Era sicura non avrebbe trovato più la via di uscita. Vide in lontananza una piccola cella con le sbarre e dentro a quella cella c'era Thalia. Quel giacchetto argenteo era abbastanza riconoscibile. Athos stava armeggiando con un lucchetto e delle catene. Che modo banale ti tenere rinchiusa una persona, ci credeva che Thalia era quasi riuscita a scappare.

L'Unica Figlia Di Artemide - Il Sigillo Dell'OlimpoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora