Capitolo XIX

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Erano passati altri giorni, poi settimane, fino a diventare mesi.
Ero all'ottavo mese di gravidanza. Ormai aspettavo solo il suo arrivo, quindi Kevin, mio marito, mi diceva che ci avrebbe pensato lui a tutto. Anche alle mie stranissime voglie.
Guardai l'orologio: tre del mattino. Sentii una macchina nel vialetto, quindi mi alzai dal letto, mi affacciai e mi stupii: Antonio era tornato! Cercai di scendere velocemente di sotto, per aprire la porta e abbracciarlo. Lo conoscevo grazie a Matt e a Gabby. Quando uscimmo tutti insieme, lei mi presentò suo fratello. Io all'epoca avevo 15 anni, mentre Matt ne aveva già 18. Da lì nacque un'amicizia intensa. Ma lui, quando mi ero presentata al Molly's quella sera di Dicembre, non mi aveva riconosciuta. Ma poi, capendo che ero Martha "Casey" capii e mi abbracciò.
Arrivai con questi pensieri davanti alla porta d'ingresso, la aprii e scoprii di essere da sola. Lui non c'era più. Era andato via? Senza salutarmi? O stavo impazzendo io?
Poco dopo Kevin aprì la porta e quasi si spaventò nel vedermi lì, ferma, davanti alla porta.
«Amore, stai bene?»
"Non lo so..." dissi, per poi spiegargli l'accaduto.
Lui mi suggerì di chiamare Gabby, ma erano le tre e mezza del mattino. Avrei sicuramente disturbato. Però la chiamai comunque.
“Pronto?”
"Ciao Matt, Gabby è lì? Posso parlare con lei?" domandai gentilmente, poi sentii la voce
-Ciao Martha, che succede?-
"Hai sentito tuo fratello?"
-Si, ieri sera verso mezzanotte, perché?-
"Ti ha detto che tornava presto? Tipo tre ore più tardi?" dissi, ignorando la domanda di prima
-Non mi ha detto niente... Martha, mi spieghi cosa succede?-
Le raccontai tutto, lei mi disse che sarebbe arrivata da me e mi avrebbe portato al MED.
Accettai e chiusi la chiamata, andando a mettermi qualcosa di comodo.
Pensai. La famiglia per te farebbe anche la pazzia più grande del mondo. Anche se chiedessi alla mia famiglia "voglio andare sulla Luna" loro farebbero di tutto per me. Il bello è proprio questo: loro sono le uniche persone che non vorresti mai perdere.
Poco dopo arrivò Gabby, accompagnata da Matt. Scrissi un messaggio a Tessa, prima di partire con Matt, Gabby e Kevin.
Arrivati a metà strada, sentii una fitta al ventre.
"Gabby, credo che sto per partorire" dissi, gemendo un po' per il dolore.
-Ah, beh, stiamo andando al MED, quindi prendiamo due piccioni con una fava- disse lei, facendomi sorridere un po'.
Arrivammo al MED, io con fitte più forti al ventre, mentre Gabby, Matt e Kevin erano preoccupati.
Il medico mi visitò, poi uscii e, poco dopo, mi disse che stavo per partorire. Entrò Kevin, preoccupato pure lui. Sarebbe diventato papà.
Dopo un po' di tempo, arrivarono anche Matt e Gabby. Poi Tessa, mia madre, James, Hank, Kim, Severide e persino Stella.
Sorrisi, vedendoli tutti lì, preoccupati per me. Ma mi mancavano i miei amici Adam e Antonio.
“Signora, vuole venire a vedere il suo bimbo?” mi disse il dottore.
Annuii felicissima.
Kim mi aiutò con la sedia a rotelle e, poco dopo, arrivammo davanti ad una nursery, poi vidi Kevin lì, in piedi davanti ad una incubatrice. Quando vidi Alvin sorrisi e mi emozionai.
Kevin me lo diede in braccio.
Era bellissimo.
Poi, dietro di me sentii dei passi. Mi voltai e li vidi: Adam e Antonio!
Sorrisi e li salutai con la mano. Avrei voluto abbracciarli, ma ero un po' debole.
"Adam, Antonio! Ciao, mi siete mancati!" dissi, urlando un po'.
Hank mi guardò male, per poi voltarsi nella direzione nella quale stavo guardando. Ma mi disse che non c'era nessuno là.
Non sapevo cosa pensare. Certo, avevo preso un antidolorifico, forse due, o anche più. Ma avevo male al braccio.
- Martha, stai bene?- disse Gabby.
"Non lo so..."
Un medico mi portò in camera e disse a tutti i presenti che per un po' non dovevano entrare nella mia stanza. Li avrebbe chiamati lui.
Entrò il medico, io mi sedetti sul letto.
Mi chiese: “Hai assunto antidepressivi, droga, antidolorifici?” e io risposi che, per un dolore al braccio, avevo preso una pastiglia di Ossicodone.
Mi disse che, se ne avrei presa un'altra avrei avuto delle forti allucinazioni. Voleva mettermi paura, ma sapevo perfettamente che non facevano quell'effetto. Il dolore al braccio mi aumentò ancora, quindi aspettai che il dottore uscisse e poi, alzandomi con calma, avrei raggiunto la borsa per prendere l'Ossicodone.
Il medico uscì, quindi io misi in atto il mio piano. Non sapevo che la mia vita sarebbe cambiata, per colpa di quella pastiglia.
La presi, ma il medico mi aveva tenuto d'occhio. Decise di farmi portare in una clinica per i drogati. Ma non volevo andarci. Non ora, che ero diventata mamma.
Ma mi svegliai in un ospedale diverso, non al MED. Capii che mi avevano portato comunque.
Mi alzai da quel letto scomodo, mentre una compagna di stanza parlava di qualcosa in una lingua strana. Decisi di andare nella sala dove si sarebbero svolte tutte le attività per "quelli come me".
Vidi persone messe anche peggio di me. C'era persino un uomo che si credeva un supereroe. Una donna che non parlava.
Poi vidi un pianoforte, scoprendo poi che era chiuso a chiave. Chiesi perché era chiuso e mi risposero che altrimenti i matti avrebbero suonato e sarebbe stato spiacevole. Ecco come li definivano tutti: matti.
Decisi di camminare un po' fuori, dove c'era un parchetto, sempre recintato, accanto ad un campo da pallavolo.
Pensavo a mio figlio Alvin, a Kevin, a Matt, Gabby, Tessa, mia madre, James, i miei colleghi, nonché amici, i miei ex colleghi della 51, le persone che, con il tempo avevo conosciuto. Mi mancavano, ma, prima di poterli riabbracciare, dovevo ripulirmi del tutto, anche obbedire agli ordini dei medici. Decisi di non oppormi, come era mio solito fare, perché volevo riabbracciare tutti al più presto.
Scoprii che, per una volta a settimana, potevo ricevere visite. Ogni tanto veniva Kevin, o Tessa, o Matt con Gabby.
Ma, un giorno, vidi arrivare Antonio. All'inizio pensai che fosse solo una allucinazione, ma, quando mi abbracciò, capii che, questa volta era reale.
Sorrisi.
"Eri la mia allucinazione, sai?" dissi, dopo che avevamo parlato un po'.
“Come hai fatto a ridurti così? Sapevi che effetto faceva, hai visto com'ero...”
Non parlai, ma, presto, finì l'ora di visita.
Non parlavo con nessuno, se non con la donna che non parlava. Era come scrivere su un diario. Nessuno veniva a trovarla. Era sola, pensai. Oppure le era morto il marito, il figlio...

Passò molto tempo, e, finalmente, potevo andarmene da quel posto. Per ogni "matto" che guariva, facevano una festa e dicevano "speriamo di non rivederti più qui". Era una festa di addio. E, per farmi ancora più felice, la donna, che scoprì poi che si chiamava Anne, mi disse "è stato bello conoscerti". Quindi parlò.
Arrivai a casa con l'autobus. Non lo sapeva nessuno che io fossi tornata. Solo Antonio lo sapeva.
Arrivai a Chicago. Andai per prima cosa alla Caserma 51, per fare una sorpresa ai miei ex colleghi.
"Ciao!" dissi, entrando.
Tutti si voltarono verso di me. Stella e Silvye mi abbracciarono. Notai che Matt non c'era.
Mi dissero "bentornata". Dissi di non dire niente, perché avrei fatto una sorpresa a Matt.
Andai con calma verso il suo studio, bussai e, quando aprì, mi saltò addosso quasi. Lo abbracciai a lungo.
Poi dissi che dovevo andare. Andai al Distretto.
La Platt, quando mi vide entrare, urlò di gioia, attirando l'attenzione dei miei colleghi e anche di Kevin.
Mi abbracciarono tutti insieme, come una famiglia.
"Ciao a tutti, mi siete mancati!" dissi.
Antonio mi abbracciò di nuovo più tardi.
Ora ero pronta a fare la madre. Sono cambiata a stare in quell'ospedale psichiatrico. Ero diventata una nuova Martha.

Nota autrice
Questo è l'ultimo capitolo, ma ci sarà anche un epilogo da leggere per forza, altrimenti non si capirà niente...
Baciones

~Chiara🐍

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