Parte 29 - Lev, rovina

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LEV

Il tintinnio delle posate scandisce i movimenti di Francisco. Seduto al tavolo di fronte a me, vestito nel suo abito migliore, mangia con gran gusto la frittura di pesce che la cuoca ha preparato.

Mia madre, al mio fianco, mangia in silenzio, pare che neanche respiri, tanto è decisa a non irritare il padrone di casa. Teme che lui usi qualsiasi scusa per mandarla via, e non sopporta il pensiero di separarsi da me.

Il pasto è innaffiato dal vino, anche questo, come il gin, Francisco lo fa arrivare dall'Europa. Stringo un tovagliolo, nella mia testa cerco mille spiegazioni su come sia possibile che a Corte, in Spagna, nessuno faccia nulla per controllare lo stato di quest'isola. Com'è possibile che i genitori di Juan si siano disinteressati a lui in questo modo? Com'è possibile che Francisco possa ancora rapire omega persino nelle isole vicine e nel continente per usarli nelle sue terre?

«Cosa avete, caro?», domanda Francisco. Il suo tono è mellifluo e ipocrita, a nessuno che ci sia caro si farebbe quello che quest'alfa ha fatto a me.

Guarda il mio piatto, e corruga la fronte. «Mangiate, santo cielo, non vorrete far morire di fame mio figlio».

«Non aspetto nessun bambino», sibilo. Mento, dentro di me sento la vita sbocciare, il mio corpo modificarsi come è accaduto quasi un anno fa quando Juan ha fatto nascere in me la vita. Nostro figlio... dove sarà Angel adesso? Francisco mi rassicura sul suo stato e non smette di puntualizzare che se mi comporterò bene con lui, non avrò motivo di temere nulla. Rispetta gli accordi, mi dice.

Mia madre mi rivolge uno sguardo preoccupato.

Francisco si pulisce le labbra con un tovagliolo. «Se davvero non aspettate mio figlio, saremo costretti a ripetere quello che abbiamo fatto le ultime volte che avete avuto il calore».

Come osa fare questi discorsi davanti a mia madre? Lo odio. Non sopporto di rimanere qui un minuto di più. Mi alzo, anche se so che non posso fuggire. Francisco mi tiene in ostaggio, minacciando tanto Angel quanto mia madre.

Nel salone la mia attenzione viene attirata dal soprammobile a forma di cigno. Potrei usarlo, potrei io stesso liberarmi di lui. Non mi importa di finire nella fortezza né che mi condannino. Sarebbe un posto meno crudele di quello in cui vivo ora, dove solo la gravidanza potrebbe salvarmi dalle pretese di Francisco, ma anche portare dentro di me suo figlio è una tortura.

Afferro il cigno e lo porto dietro la schiena. Quando Francisco arriva, non esita a rimproverarmi.

«Non osate mai più lasciare la tavola in quel modo. Potete farlo solo se avete il mio permesso. Non è abbastanza chiaro che voi siete un omega e qui comando io? Il vostro alfa?», pronuncia le ultime parole con gusto sadico.

Il punto in cui mi ha marchiato non smette di farmi male per un solo giorno. Si avvicina ancora.

«Se davvero non aspettate un figlio...» Mi afferra per i fianchi, allora sollevo il cigno, lo colpisco una volta sulla testa. Vedo sgorgare il sangue, ma lui si riprende subito.

«Cosa fate», urla, spingendomi via con violenza.

Cado a terra, urto contro il tavolo. Avverto un dolore lancinante al ventre. Il sangue versato non è solo il suo.

Gli occhi di Francisco mi osservano con rabbia. «Cosa mi avete fatto fare?! Avete ucciso mio figlio!»

Non ricordo bene cosa sia successo dopo. Ho perso Angel e ho perso il figlio di Francisco che portavo dentro di me, dopo la sua spinta violenta. La vita va avanti come sempre. Un altro calore, un'altra violenza. Un'altra gravidanza. Rimango nella mia stanza, senza alcun desiderio di vivere. Il mio cuore è straziato tra il senso di colpa per il bambino perso e il desiderio che anche questo non nasca.

Il dottor Sal è l'unico volto amico, oltre mia madre, a farmi visita. Mi tratta con delicatezza e comprensione, ma crede che io prenda troppe gocce dell'infuso di erbe per stordirmi. Durante una visita Francisco entra nella stanza.

Copre a passi grandi e nervosi la distanza dalla finestra al letto. «Possibile che non ci sia un modo per farlo tornare in sé? Non posso presentarlo ai ricevimenti e se continua a non riguardarsi, mi farà perdere anche questo figlio!»

Il dottor Sal diventa paonazzo, si alza di scatto dalla sua poltrona. «Avete sottratto quest'omega al suo compagno. Lo avete marchiato contro la sua volontà, quando già apparteneva a un altro. Avete sottratto a quest'omega il suo bambino, il primo, per giunta! Lo avete forzato a stare con voi e quando ha perso suo figlio, perché voi lo avete spinto, lo avete accusato e colpevolizzato del suo aborto. Francamente mi sorprendo che sia ancora vivo. A dirvela tutta, non so se il suo corpo potrà sopportare questa gravidanza. Il suo animo poi... se credete che tornerà a ballare ai ricevimenti, dimenticatelo».

Francisco gli si avvicina minaccioso. Mi rivolge uno sguardo carico di pietà. Sono sicuro che se non portassi suo figlio in grembo, si disfarebbe di me, già stanco del suo giocattolo.

«Perdono il vostro tono, dottore, solo perché stimo la vostra capacità. In futuro, però, pensate bene a come vi rivolgete al governatore dell'isola».

Scosso da un tremito di rabbia, il dottor Sal abbassa gli occhi. «Tornerò a visitarlo, spero di fargli tornare almeno l'appetito».

«E io vi aspetto», dice Francisco.

Vedo il dottore uscire, e chiudo gli occhi.

La dinastia (boyxboy omegaverse) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora