Parte 27 - Juan, oblio

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JUAN

La bandiera sventola in cima all'albero maestro. L'ho osservata a lungo in questi giorni: rappresenta un cuore gocciolante di sangue, stretto nel pugno di una mano rugosa. Ho chiesto a Thai cosa voglia dire e lui mi ha rivelato che è il tempo che consuma l'amore.

Non so se sia vero. Non so neanche cosa pensassi io dell'amore prima dell'esplosione che mi ha fatto approdare disidratato, ferito e senza memoria su questa nave pirata, ma so che adesso non sono d'accordo. Dentro di me sento l'eco di un amore lontano, senza però essere capace di dargli un volto o un nome, è solo un accenno, una voce che al risveglio sparisce.

A prua la statua di una sirena fende il mare con il suo seno scoperto. I marinai sono agli ordini di Thai, ma hanno negli occhi un senso di libertà a cui io stesso anelo. Ci sono anche donne, omega compagne dei loro alfa, e coppie di uomini.

«Hai deciso di restare con noi?», mi riscuote Thai, i suoi orecchini tintinnanti al sole.

«Dove altro potrei andare?»

«Il dottore di bordo dice che ci vuole tempo per la memoria, ma che non devi disperare. Magari non erano bei ricordi...»

«Già», replico, poco convinto.

Davanti a noi si stende l'oceano Atlantico, tra i suoi arcipelaghi si consumano commerci di sete, stoffe, liquori che vanno o vengono dal vecchio continente. La missione di Thai è rubare quello che può, e a quanto pare io sarò della ciurma. Dal modo in cui parlo è chiara la mia origine spagnola, e dal modo in cui mi comporto e da alcune conoscenze, Thai ha arguito che forse, dopo tutto, non sono solo un reietto, ma un membro dell'alta società che per un motivo o per l'altro si è macchiato di tradimento.

«Ascolta, se vuoi ti lasciamo al prossimo porto, nel continente. Non voglio obbligarti a fare nulla, ma quale sarebbe per te la vita in un paese dove non conosci nessuno? Chi ti accetterebbe con quel marchio? Dovresti nasconderti continuamente. Qui siamo liberi».

Stringo la balaustra. Inspiro l'odore salmastro del mare. Mi piace e il mio istinto mi dice che Thai ha ragione. Annuisco.

«Vieni», mi dice.

Lo seguo sottocoperta, nella cabina che funge da ritrovo per le riunioni della ciurma. Thai è un capo democratico e nelle ultime settimane della mia permanenza qui ho assistito più volte alla spartizione dei ricavi dell'ultimo assalto. So che presto ce ne sarà un altro e che, mi piaccia o no, sarò coinvolto.

«Siediti», dice con voce imperiosa.

I suoi occhi verdi si accendono di soddisfazione, quando tira fuori da una cassetta di legno chiusa a chiave un paio di orecchini e il necessario per realizzare i buchi sui lobi. Davanti al mio sguardo perplesso mi spiega: «Sugli orecchini incidiamo il luogo dove vorremmo essere sepolti. Quando viene il momento leggiamo la destinazione e fondiamo l'oro per pagare tutto. Lo trovi macabro?», domanda con un sorriso ironico.

«Non più macabro di un uomo senza memoria con un marchio sul petto e metà volto ferito».

Thai versa nel bicchierino sul tavolo una miscela di rum, acqua e limone. Lo usiamo per suggellare il mio ingresso ufficiale nel mondo dei pirati. Quando con l'ago rovente attraversa il lobo mando giù la mistura di liquore e acqua. Detto le indicazioni sul luogo in cui vorrei essere sepolto. Non so dove sia la mia famiglia, ma immagino che venga essa stessa dalla Spagna. Con maestria Thai incide i cerchi dorati.

«Dobbiamo darti un nome», mi dice.

Un nome. Ne cerco uno nella memoria, uno di quelli che martellano nella testa prima di andare a dormire, cullato tra le onde. «Lev», dico.

La dinastia (boyxboy omegaverse) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora