cap.1

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T/n pov

Camminavo nell'oscurità.
Vagavo senza una meta precisa.
Ero riuscita a scappare dalla morte, ma ora non sapevo dove rifugiarmi.
Era da circa cinque giorni che percorrevo quell'infinito bosco, quando finalmente alla prima luce dell'alba del sesto giorno vidi, ai miei occhi, la prima cosa famigliare dopo tanto tempo: la casa di nonno.
Forse la mia mente, inconsciamente, mi aveva riportato alla dolce ed accogliente dimora dell'unica persona a me rimasta.
Mi avvicinai lentamente e, mano a mano che l'abitazione si faceva più vicina, il mio cuore, anche se di poco, diveniva leggermente più leggero.
Arrivai al sentiero di sassi bianchi che, come una serpe, prendevano forma nell'erba bagnata dall'umidità della notte e si facevano strada sino al rialzo di legno d'acero che conduceva all'entrata dell'abitazione.
Proprio su quel rialzo era seduta una figura anziana fin troppo familiare per me. Quella, appena mi vide  si alzò di scatto e, con una velocità che nessun vecchietto avrebbe mai potuto possedere, arrivò da me in un batter baleno. In quel momento ero in pace, nel mio cuore piano, piano si fece largo una felicità istantanea che mise fine, anche se solo per un breve momento, alla mia sofferenza.
L'unica cosa che riuscì a dire fu "nonno sono felice di vederti..." nonno nel sentir la mia voce aggrottò ancora di più le folte sopracciglia preoccupate.
L'ultima cosa che ricordo è il mondo: si era messo a roteare, girava troppo; e il nonno, che mi parlava in una lingua che non conoscevo, o che forse ero io che non capivo più niente; subito dopo tutto divenne buio.

Sogno di T/n
Correvo, correvo e correvo. 

Ero in una foresta ai miei occhi poco famigliare; incespicavo impacciatamente fra gli alberi, le foglie bagnate mi frustavano il viso, e le braccia venivano ripetutamente graffiate producendomi lo stesso effetto d'un paio d'artigli sul mio corpo, le numerose ferite superficiali aumentavano ad ogni passo, rallentandomi così a loro volta. La luna e le stelle, le mie uniche ed eterne amiche, erano impotenti contro quel  mostro.

Avevo il fiato corto e le gambe molli: non mi reggevano più. Anche se era doloroso e arduo dovevo correre, il mio unico pensiero era quello di scappare, scappare, SCAPPARE!
Scappare dal demone.
All'improvviso un'orrenda figura col il viso e le labbra ricoperte di sangue si avvicinò pericolosamente a me. Non potevo e non volevo voltarmi. 

All'improvviso da dietro, con un movimento fulmineo, l'essere mi balzò rudemente addosso facendomi cadere rovinosamente a terra; guardai il mostro con occhi sfocati, il demone aveva l'aspetto di mio padre ma non era più lui.

Cercai disperatamente qualcosa da mettere tra me e quel mostro che, per il momento, continuava a ringhiarmi famelico contro; l'unica cosa che potesse aiutarmi in quel momento disperato era un ramo d'albero, fortunatamente non troppo lontano da me. Cercai di afferrarlo con tutte le mie forze; dopo vari sforzi riuscì finalmente a raggiungerlo, mi girai a fatica nella  stretta del mostro e ci riuscì ma, in un attimo, quel piccolo barlume di speranza che si era creato nella mia mente si spense: il demone... il demone.... mi aveva azzannato la spalla. Urali di dolore e...

BUM!

Seko_Moon

IL PILASTRO DELLE STELLE // Tomioka x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora