Capitolo 10 - Lotta per il Futuro di una Fanciulla

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Quando Nora riapre gli occhi non riesce a vedere nulla; buio totale. All'inizio pensa di essere morta di nuovo, ma come ha iniziato a muovere le mani sente la terra e le rocce che aveva colpito prima attraverso le dita.

Sono ancora viva.

Si è svegliata nello stesso posto in profondità della galleria dove ha perso i sensi, con dei pruriti causati da sfoghi da freddo sulla pelle.

«Non era un incubo...»

Nora ha sperato per un istante che quanto fosse successo finora fosse solo un terribile incubo e che la vista familiare della sua stanza da letto in città le apparisse davanti, solo per scoprire che ogni cosa è successa per davvero.

Come si rialza in piedi si accorge che il corpo è ancora molto pesante ma svariate volte meno affaticato di prima, riuscendo così ad alzarsi con relativa facilità.

Quanto sono rimasta svenuta?

I morsi della fame si fanno feroci, ma in giro non vede alcuna lucertola. Dovendosi adattare alla situazione, Nora inizia a camminare seguendo con la mano la parete rocciosa per minuti, forse ore, fino a quando l'illuminazione della caverna non diventa appena tollerabile e i suoi occhi si adattano al buio.

Andando più avanti lo scenario diventa quasi sovrannaturale: quella poca luce che si trovava nella caverna viene riflessa da minerali di svariati colori parzialmente coperti dalla roccia, proiettando la luce sulle pareti e sul soffitto come un caleidoscopio arcobaleno.

La sua pelle trema davanti alla temperatura scesa ulteriormente, ma questa volta Nora ne comprende la ragione e il suo sguardo si riempie di terrore.

Una specie di lupo dal pelo bluastro e con occhi rossi la sta fissando con gola ringhiando appena, mentre una leggera nube di brina circonda la forma dell'animale.

Nora d'istinto prova a raggiungere il pugnale che aveva ricevuto in prestito, quando le sue mani afferrano soltanto aria.

Merda! Non ho nulla!

Con un balzo il lupo si avventa su di lei che cerca di evitare l'attacco ma, non essendosi ancora ripresa come si deve, fallisce nel suo intento.

Il lupo pianta le sue zanne nella gamba di Nora, raggiungendo l'osso. In mezzo al dolore e alle grida, Nora istintivamente inizia a prendere a pugni il muso dell'animale senza riuscire a metterci sufficiente forza per fermarlo. Sotto di lei il sangue della gamba si riversa in un piccolo lago, mentre con l'altra mano esplora nel panico il terreno nella speranza di trovare un'arma con cui difendersi, riuscendo solo a trovare un pezzo di roccia.

Usando la parte più acuminata Nora prova nuovamente con tutte le sue forze a liberarsi della morsa della bestia, questa volta causando una reazione da parte sua.

In una foga dettata dall'istinto di sopravvivenza, Nora continua a colpire con la roccia il cranio dell'animale fino a quando non vede del sangue dalla testa dell'animale e dal palmo della sua mano.

Continua a colpire ferocemente lasciandosi sfuggire versi di sfogo, fino a quando la pietra decide di rompersi; senza un'arma, Nora inizia a colpire l'animale usando il pugno destro fino a intorpidire il braccio e ad aprire ferite lungo le nocche.

L'animale lentamente allenta la presa fino a quando non giace per terra col cranio frantumato e giacente in una pozza di sangue.

Con respiro irregolare Nora osserva l'animale di fronte a lei.

Il senso di fame le urla dentro fino a trapanarle il cranio.

Con uno dei frammenti di roccia che ha trovato Nora cerca di aprire quanto meglio può l'animale e inizia a tagliare dei pezzi di carne cruda e a masticarli, placando lievemente i morsi della fame.

Al mangiare la carne del lupo Nora prova una sensazione come quando si mangia il gelato troppo velocemente e il cervello si congela, soltanto dieci volte più intensa.

La sensazione è orribile, dolorosa.

Ma Nora continua a mangiare.

E continua.

Pezzo dopo pezzo, fino a quando il congelamento non diventa appena un leggero formicolio e il suo cervello riesce di nuovo a funzionare correttamente.

È come quando ho mangiato la lucertola, forse è il corpo stesso che si abitua lentamente.

Il discorso mentale ha senso in fondo: come il corpo produce anticorpi per difendersi, il meccanismo in atto deve essere qualcosa di simile.

Raggiunto un senso di sazietà, Nora si trascina dietro quanto è rimasto del lupo e riprende a camminare lungo la caverna dei minerali.

Passano diverse settimane e Nora finalmente si è un po' abituata all'ambiente e a sopravvivere in modo più efficiente.

Nel suo cammino ha avuto modo di incontrare altri lupi, lucertole e scoperto una specie di ragno col corpo ricoperto di un materiale simile a lana in grado di mimetizzarsi usando i filamenti della lana per assorbire la luce circostante e confondersi con l'ambiente.

Usando la pelliccia di uno dei lupi riesce a procurarsi una coperta e un supporto per la testa per dormire, resistendo di più al freddo penetrante della caverna.

L'ambiente circostante impedisce di comprendere il passaggio delle giornate, così Nora cerca di orientarsi usando il numero di volte che va a dormire e segnandosi il numero sul braccio aprendosi un piccolo taglio superficiale sull'avambraccio sinistro.

Il tempo scorre.

Quarantatré segni. È passato un mese e mezzo da quando ha incontrato la farfalla dentro la caverna.

Il quarantaquattresimo giorno, mentre cammina trascinandosi una carcassa di lupo, improvvisamente sente dei rumori sospetti in lontananza e decide di nascondersi in una rientranza della roccia e di identificare l'origine del rumore.

Dopo una manciata di secondi di assoluto silenzio e concentrazione, Nora spalanca gli occhi al sentire delle voci.

Nora esce dalla rientranza e accelera il passo alla ricerca di quelle voci, corre con passi pesanti alla ricerca di quel suono, fallendo numerose volte e sbagliando galleria.

Lentamente il suono si fa sempre più distinto fino al punto da identificare le voci di un bambino e di un uomo adulto.

«Hey!»

Nora prova a gridare nella speranza che, come lei sente loro, anche loro riescano a sentirla e a soccorrerla da quell'inferno di roccia e terra.

Nora Continua a correre alla ricerca di quelle persone e a gridare per farsi trovare per alcuni minuti.

In un'area in cui le voci sono particolarmente più distinte, Nora riesce a sorridere di nuovo e inizia a piangere a dirotto come vede della luce rimbalzare sulla parete rocciosa della caverna davanti a lei.

Nora con passi timorosi si avvicina al tratto illuminato e prova ad osservare in direzione della fonte di luce, rimanendo accecata e costretta a pararsi gli occhi con le mani.

In lontananza riesce a vedere dell'erba e degli alberi mossi dal vento e due figure, una più grande e una più piccola, inseguirsi a vicenda mentre le loro risate risuonavano dentro la caverna.

Con fatica Nora cammina verso l'uscita ridendo sottovoce per lo stress, finalmente riuscendo a farsi notare dai due che la guardano con occhi stupiti e preoccupati.

Non è in grado di rendersene conto in quel momento, ma chiunque sarebbe stato sull'attenti a vedere una persona completamente scavata e pallida indossare abiti da Esploratore ricoperti di sangue e puzzolenti di sangue, terra, sudore e urina; senza contare i segni sulle mani e sul braccio.

Se fosse in grado di osservare la scena in terza persona, non si stupirebbe affatto della reazione impaurita e timorosa dei due individui che indietreggiano e dell'adulto che si pone davanti al bambino.

Senza accorgersi di nulla, Nora tende un braccio verso i due e cerca di chiedere aiuto, ma tutta la stanchezza accumulata e il sollievo di essere finalmente fuori e di respirare aria fresca arrivano di colpo, facendola svenire sul posto.

L'ultima cosa che riesce a vedere prima di perdere conoscenza sono le due figure correre verso di lei con sguardo turbato.

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