Capitolo 11

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Donne: diavoli senza i quali la vita sarebbe un inferno.
(Roberto Gervaso)

La madre non le aveva chiesto nulla su quello che era successo, come se avesse capito tutto.
I suoi sguardi però l'avevano fatta sentire per giorni come se avesse commesso un peccato.

Come ormai esasperata da quella tensione in
casa, se ne uscii come al solito per andare a vedere Gin che le mancava già e la ritrovò al
solito posto con in mano un bicchiere e la sua
sigaretta fedele come se la stesse aspettando.
I ricordi dell'ultima notte insieme le vennero in mente e pensò che proprio la ragazza su cui non aveva scommesso un centesimo aveva scelto lei, nonostante potesse avere chiunque.

Era vestita diversamente quella sera e non
appena si avvicinò notò che era pensierosa.

Qualcosa la turbava e non riusciva a capire i
pensieri che le stavano passando per la testa.

Gin era indecifrabile e si nascondeva dietro a quegli occhi neri che l'avevano stregata ma sapeva accorgersene quando c'era qualcosa che non andava, senza neanche glielo dicesse.
E ormai nessuno la riusciva a capire come lei.

Indossava dei pantaloni neri con una cintura
stretta alla vita e una maglietta nera con una giacca bianca. Aveva mille anelli alle mani e
indossava i tacchi che la rendevano più alta.

Era seduta con la gamba accavallata e più la
guardava più le sembrava un uomo tanto da
renderla ancora più attraente ai suoi occhi.

Si sedette con il suo sguardo addosso e notò
anche il sorriso che le si era formato sul volto.

Gin si stava annoiando prima che arrivasse ed era ritornata in maniera prepotente quella sensazione di essere morta dentro e invisibile.

Portava addosso molti fantasmi che era stata la sua famiglia a lasciarle addosso, dato che la
lasciava sempre in casa da sola per motivi di lavoro ed era odiata dai suoi coetanei perché sembrava che se la tirasse per la sua origine.

Essere figlia di genitori ricchi era uno schifo.

I suoi volevano che si trovasse un ragazzo per bene e si accasasse ma per ripicca dato che la madre la pressava ogni giorno affinché lei si fidanzasse, non aveva relazioni stabili e quello era un atto di ribellione che non la stancava.
Capiva il peso che Anna portava sulle spalle.
Erano famiglie diverse ma sempre soffocanti.

Entrambe scappavano dalle loro stesse che gli altri credevano che fossero ed ancora aveva davanti gli occhi della madre mentre le fissava.

"Ti ha lasciata uscire? Pensavo non venissi" - le chiese - e aspettò che le parlasse ma ciò che voleva era farla sentire meglio e farle scivolare tutti i problemi affinché non crollasse di nuovo.

"Ho litigato con lei per te. Le ho urlato un bel vaffanculo e ho sbattuto la porta dicendole di non aspettarmi." - rispose - senza emozioni.

"Che ribelle che sei." - le sussurrò - per poi accarezzarle il collo mentre la avvicinò a se e
la fece stendere sul suo petto che era freddo.
Anna si sentii al sicuro e le strinse la mano.
Giocò con tutti gli anelli che aveva alle dita e
entrambe rimasero in silenzio a dirsi tutto.

A nessuno permetteva che la vedesse fragile ma a lei si, anche se non riusciva a capire.
Era come se tutti gli altri fossero spariti e in quell'angolo remoto ci fossero soltanto loro.
Due ragazze senza vita che si erano ritrovate.

Le carezze di Gin la fecero sentire importante.
Negli ultimi tempi era come se fosse diventata sola al mondo e avere una persona che senza manco parlasse, capisse cosa stava passando la faceva sentire come se potesse salvarsi.
Aveva le sue paranoie ma anche quel vizio di pensare troppo che la portava a riempirsi la testa di domande e a confondersi anche sola.
Con la nera però i pensieri si stoppavano e non le era mai successo con nessuno prima.

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