𝓺𝓾𝓪𝓻𝓪𝓷𝓽𝓸𝓽𝓽𝓸

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Non è importante vivere,
ma aver capito perché si vive.
(Elio Blancato)

𝑬rano ormai le undici passate quando facemmo ritorno a casa.

Il viaggio di ritorno fu terribile ma era prevedibile.

E, in fondo, me lo immaginavo.

Can non spiccicò parola, per tutto il tempo rimase in silenzio a fissare la strada di fronte a sé, con l'espressione seria, cupa.

Era ancora agitato e nervoso per quello che era successo e potevo capirlo, sapevo che non gli sarebbe passata in fretta.

Anche io, come lui, ero nervosa e scossa, ce l'avevo con Dilan perché, ancora una volta, aveva rovinato tutto.

Le sue parole non mi erano sembrate affatto sincere, sapevo che non si stava scusando davvero, c'era qualcosa sotto, ne ero certa. Era come se cercasse di fare bella figura con il padre.

Io lo avevo capito bene, Dilan era tutt'altro che dispiaciuto, era spietato e irremovibile, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare nelle grazie del padre.

Qualora ci fosse riuscito dopo tutto quello che aveva fatto.

Can aprì la porta e mi lasciò entrare per prima, poi, dopo averla richiusa con il piede si avvicinò al divano e vi buttò il cappotto, prima di allontanarsi verso il corridoio, scomparendo poco dopo.

Lo osservai in silenzio e non potei fare a meno di sospirare pesantemente, avrei voluto che fosse una serata tranquilla, piacevole, non volevo di certo che terminasse in questo modo.

Non avrei voluto che il giorno del mio compleanno terminasse così...

Perché dovevano esserci sempre problemi?

Non ne avevamo passate già abbastanza?

Che bel compleanno.

«Can...» lo richiamai, non appena raggiunsi la camera da letto e mi poggiai allo stipite con la spalla, «Cosa?» domandò lui, in modo distratto, mentre prendeva una tuta dall'armadio.

«Perché non mi parli?» chiesi quasi in un sussurro, «Non saprei cosa dirti...» rispose prontamente, con un tono freddo, distaccato, «Beh.. Potresti dirmi a cosa stai pensando per esempio...» suggerì, scrollando leggermente le spalle, «Meglio di no!» affermò lui, scuotendo la testa, «Ti prego... Dimmelo... Non restare in silenzio...» insistetti, sperando che si aprisse con me e mi dicesse cosa lo turbava.

Anche se in un certo senso, lo sapevo già.

«Che cosa vuoi che ti dica?» domandò voltandosi, spalancando le braccia, «Vuoi che ti dica che non sopporto mio fratello? Vuoi che ti dica che sono furioso e che vorrei solo tornare da lui e fargli pentire per come si è comportato?» domandò ancora, aggrottando la fronte, «Dilan non fa altro che rovinare la vita a tutti!» affermò poi, mentre si passava una mano sul viso.

«Basta ignorarlo...» commentai, seguendolo con lo sguardo, lui rise immediatamente, «Tu credi? E come lo si ignora Rosie? Ti ricordi ciò che ha fatto a nostro padre? Chi fa una cosa del genere?» domandò, alzando le mani, furioso, «E' dannatamente accecato dall'azienda e dai soldi! A lui non importa altro! Non gli importa di nessuno!» disse ancora, «Lo so questo...» mormorai annuendo lievemente.

Unexpected || Can YamanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora