||Mystic Falls||Capitolo 26||

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Scott e il suo branco se ne sono ormai andati da qualche ora, Damon è ancora seduto sul divano con una bottiglia di bourbon in mano, mi sento circondata da un silenzio inquietante che non riesco a spezzare.

Lo osservo, lui è una calamita e i miei occhi il ferro, ma non sono così vicina da lasciarmi attrarre completamente, non ancora.

"Forza, vieni con me."

Con un balzo il bel vampiro è di fronte a me, mi tende la sua gelida mano, i muscoli del suo braccio sono così tesi, delle spesse vene blu disegnano una mappa indecifrabile sulle sue braccia.

Esito per un istante, poi come spinta da una forza interiore incrocio le sue dita con le mie e mi lascio trascinare, non importa dove andremo, lui è tutto ciò di cui ho bisogno.

***

Siamo su un'autostrada, il motore dell'auto si unisce ai suoni della natura in un modo bizzarro ma affascinante, alcune lucciole illuminano i cespugli scuri che delimitano il tragitto.

Mi giro verso di lui, le stelle che si incastonano nella sua pelle chiara come diamanti, la luna che riflette la sua immagine nei gelidi occhi blu, mentre il cielo nero incupisce il suo volto.

Non esiste creatura più bella di lui, paesaggio che possa eguagliare il modo in cui la notte gli calza a pennello, perché persino l'oscurità quando lo incontra diventa luce.

La strada si fa più stretta man mano che avanziamo, e lentamente l'autostrada diventa una semplice stradicciola di paese: l'insegna di legno che una volta delineava il confine di questo luogo è ormai ridotta in cenere e schegge.

"Dove ci troviamo?"

Chiedo dolcemente a Damon, i cui lineamenti sembrano essersi irrigiditi.

"Mystyc Falls, piccola."

I suoi occhi non si spostano dalla strada neanche per un istante.

La sua risposta mi lascia senza parole, non riesco ad immaginare il motivo per cui lui mi stia portando nella città in cui ha avuto luogo l'avvenimento più doloroso della sua vita.

Entriamo in una piazza deserta dove si intravedono tracce di una vita precedente imprigionate nel vuoto, la macchina si ferma e lui appoggia la fronte al volante stringendolo con forza, le sue labbra premono l'una sull'altra ed una minuscola lacrima scava un solco sulla pelle come fosse un lama.

"Damon i-"

Non riesco s finire la frase.

"Ho perso tutto Madison, ho perso ogni cosa!
E la parte peggiore di tutto questo è che me lo sono meritato..
Li ho uccisi, è solo colpa mia!"

La sua voce si è spezzata, e le lacrime si sprigionano dai suoi occhi come pioggia dalle nuvole.

Afferro i suoi polsi con così tanta forza da conficcare le mie unghie nella pelle, spingo la mia fronte contro la sua e lo guardo dritto negli occhi, gridando.

"Non potremo mai riavere ciò che abbiamo perso!"

Prendo un'enorme respiro.

"Ma non sei solo, riusciremo ad andare avanti, insieme!"

Le parole che pronuncio sembrano riecheggiare dentro di lui, il cui respiro rallenta fino ad essere quasi impercettibile, è la leggera brezza che soffia dopo un tempestoso uragano.

Mi accarezza e sorride amaramente mentre un'ultima lacrima scivola sulla sua pelle liscia, mi mordo il labbro con forza quando il suo pollice disegna piccoli cerchi sull'angolo sinistro della mia bocca.

"Ti porto a fare un giro, ti va?"

Non posso fare altro che annuire.

Apre la portiera della macchina e mi porge la sua mano come appoggio per scendere, poi mi guida fino al centro della piazza spoglia, di fronte ad una grande torre fronteggiata da un orologio ormai fermo, la cui eco si è ormai dissolta nell'aria.

Damon mi stringe tra le sue braccia e io chiudo gli occhi per poi riaprirli un istante dopo, e ritrovarmi sulla cima di quell'edificio, appoggiata ad una delle lancette coperte di polvere.

"Venivamo sempre qui a pensare.

Era il nostro rifugio dal mondo esterno, un luogo dove noi potevamo vedere chiunque, ma nessuno poteva notarci.

E parlavamo di qualsiasi cosa, le sue parole rimanevano sospese nell'aria, quando lei parlava si fermava il tempo, ed io ne rimanevo incantato."

Prende una leggera boccata d'aria e chiude gli occhi, parlare di lei non lo rende triste ma al contrario lo rallegra, quella ragazza rivive nei suoi occhi, nella sua mente, nei suoi pensieri più profondi.

Torniamo a terra con un salto e ci insinuiamo in un viale abbastanza ampio, da un lato costeggiato da abitazioni dai colori sgargianti ormai ricoperti dal grigiore delle nubi, e dall'altro qualche edificio semidistrutto.

Entriamo in una costruzione di legno e macerie, resti di sedie e di tavolini si estendono per il pavimento incrinato e al centro c'è un lungo bancone dove si possono ancora vedere i solchi lasciati dalle numerose bottiglie che vi venivano appoggiate.

"Venivo qui quasi ogni giorno a sorseggiare del bourbon, nonostante il barista mi odiasse più di quanto io odi me stesso.

Cercavo di affogare i miei sentimenti per tornare ad apparire come l'uomo sarcastico e carismatico che mostravo di essere."

Dice sedendosi sui resti di uno sgabello.

Poi si alza e mi afferra per il braccio sinistro, trascinandomi in un percorso confusionario di strade e stretti viali, fino ad arrivare di fronte ad una casa i cui mattoni rossi sono ricoperti da uno strato di polvere nera.

"E questa è la mia casa, o almeno ciò che resta di essa."

Prendo la sua mano e e appoggio la mia testa sulla sua spalle facendo si che lui si lasci andare di conseguenza, e ci sediamo sul prato adiacente all'abitazione, stranamente verde e rigoglioso.

"Io sono morto la dentro, eppure sono ancora qui.

Per settimane ho sognato ogni notte di morire tra le fiamme, di bruciare insieme a lei."

Guardo le sue labbra tremare.

"Ma il giorno in cui sei entrata nella mia vita quegli incubi sono svaniti, ed ho iniziato a pensare di poter vivere di nuovo, di andare avanti."

Trattengo il respiro, le sue parole mi attraversano.

"Perché tu mi hai fatto provare qualcosa, quando credevo che fosse tutto finito."

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