Capitolo 21

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Era ormai dicembre e la neve aveva iniziato ad imbiancare il castello da un po'di giorni, mancava una settimana alle ferie natalizie, quella mattina come di consueto fu Severus a svegliarsi per primo, ancora nel letto appoggiò i gomiti al cuscino, si girò alla sua destra, sua moglie dormiva ancora beatamente, i capelli scompigliati e l'ultima delle espressioni più seducenti lo fecero sorridere.

Ma com'era possibile? Lui, fra tutti, ad averla in moglie.

Se lo meritava davvero?

No, ne era convinto, ma voleva essere egoista, la voleva avere tutta per sé, voleva che la sua risata fosse la prima a spiccare dopo una sua battuta, voleva che nei momenti belli lei si sarebbe girata a sorridere solo a lui, voleva godere di quell'innocenza tipica della gioventù che mai si era goduto appieno, voleva vivere del suo riflesso, anche solo un attimo, gli sarebbe bastato.

Ma aveva paura che quella passione che lenta e bruciante si stava impadronendo di lui prima o poi l'avrebbe scottato.

La vita è dolore ma l'amore goduto è un anestetico, e chi vorrebbe svegliarsi a metà operazione?

Lei era la porta che aveva avuto il coraggio di aprire e che non riusciva più a richiudere.

Respirò piano distogliendo dolorosamente lo sguardo da lei, guardò l'orologio, sgranò gli occhi: mancavano quindici minuti all'inizio della partita di cui gli aveva parlato, scosse Hermione facendole notare l'orario, la ragazza si trascinò giù dal letto chiudendosi in bagno, Piton la guardò ancora una volta e nella sua mente per un attimo ritornarono i pensieri che poco prima l'avevano colto, sul comodino notò la fede che aveva abbandonato il giorno del matrimonio, rigirò tra le dita il piccolo pezzo d'oro, con cura, quasi a non volerlo rompere, lo fece scintillare alla poca luce che filtrava dalla finestra illusoria, lo sistemò all'anulare, guardò la sua mano e gli sembrava più bella, come se quel piccolo oggetto dorato le desse valore.

Hermione fu pronta in poco tempo, afferrò sciarpa, cappello e guanti e si diresse di fretta verso il campo.
Arrivò correndo alle tribune e si sistemò tra Neville e Seamus, nascosto dietro il suo binocolo, che le dissero che la partita era già iniziata da cinque minuti.
Pochi Serpeverde erano scesi ad assistere alla partita e il rosso e il giallo dei Grifondoro e Tassorosso prevaleva tra gli spalti.
Questi ultimi sfrecciavano incattiviti sferzavando l'aria con i loro improvvisi cambi di direzione decisi per confondere gli avversari, Harry si guardava intorno in cerca del boccino, mentre Ginny e i cacciatori si passavano la pluffa più velocemente possibile per non farla toccare dai rivali.

Il numero tre di Tassorosso, dopo aver prontamente schivato un bolide, intercettò la pluffa e la passò ad una sua compagna più avanti, sfrecciò fino alla porta, con il busto piegato in avanti volavano tagliando il vento, i Tassorosso battevano le mani sulle gambe e sulle sedie incitando la squadra con un tifo da stadio, alla ragazza si affiancò un compagno, molto vicini alla porta i due iniziarono a scambiarsi la pluffa ad una velocità portentosa confondendo Ron, dagli spalti non riuscivano più a capire chi avesse la palla e Lee Jordan non aiutava facendo confusione con i nomi, la cacciatrice tirò ma il portiere si riuscì a tuffarsi verso il terzo anello e con la punta della scopa allontanò la palla. I Grifondoro applaudirono tirando un sospiro di sollievo incitandolo.

Neville e Seamus fecero partire un coro per incoraggiare la squadra che sembrava un po' in difficoltà, Ginny scambiò uno sguardo preoccupato con Harry, i Tassorosso si stavano rivelando degli avversari agguerriti dal momento che dopo la sconfitta con i Serpeverde erano scesi in classifica.
I ragazzi si stringevano nei giacconi pesanti, la neve continuava a scendere più lentamente sulle loro teste e sul prato del campo, i raggi del sole spiccavano con difficoltà dalle spesse nuvole, tipico dei giorni d'inverno.

Il giglio cadutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora