La campanella suonò per l'ultima volta per la giornata. Minho sospirò, sapendo che quella non sarebbe stata la sua ultima ora di scuola. Prese lo zaino, alzandosi e camminando fuori dalla classe.
Prima inizio, prima finisco.
Stava scendendo le scale, camminando poi tra i corridoi della scuola. Guardava le porte delle varie aule. Sapeva che l'aula di arte principale, quella che avrebbe dovuto pulire, era al primo piano. Su quel piano c'erano principalmente le seconde. Si chiedeva se avrebbe incontrato Changbin, ma allo stesso tempo si chiedeva anche se sarebbe riuscito ad accorgersi di lui tra tutte quelle persone. Dopo un po' arrivò all'aula di arte, deserta. Le tapparelle erano abbassate e l'aula era buia. Minho lasciò lo zaino all'entrata, aprendo le finestre e poi tirando su le tapparelle per far entrare un po' di luce nella stanza. Si guardò intorno. C'erano pennelli colorati, pastelli e anche gessi sparsi per i vari tavoli, come anche delle matite. Alcune tele sui loro supporti erano seminate per la stanza, senza un vero e proprio ordine. In fondo, sul tavolo più grande, c'erano dei fogli impilati l'uno sull'altro. La lavagna aveva scritto sopra un sacco di cose, l'avevano lasciata così probabilmente i ragazzi del club di arte. Minho camminò verso l'unico armadio della stanza, aprendolo e guardando i vari contenitori per i vari materiali. Poi si rigirò verso i tavoli, camminando tra loro e iniziando a raccogliere le matite e poi mettendole a posto.
Almeno non c'è molto da fare.
Dopo qualche minuto mentre lavorava, sentì qualcuno bussare sulla porta aperta. Si girò verso il rumore.
–Cosa ci fai qui?
Sulla porta era comparso Jisung. Aveva sulle spalle lo zaino, e in mano il maglione; indossava solo la camicia con la cravatta. Effettivamente stava iniziando a fare caldo. Lo guardo di Minho cadde di nuovo sulle scarpe rosse. Sorrise.
–Mi sentivo in colpa.– disse Jisung, entrando nella stanza. Lasciò il suo zaino accanto a quello di Minho, con il suo maglione sopra, poi iniziò a raccogliere i pennelli rimasti in giro per i tavoli.
–In colpa? Tu? Per cosa?– chiese Minho confuso.
–Credo sia anche colpa mia se sei arrivato in ritardo.
La mente di Minho tornò alla chiamata della stessa mattina. Sorrise di nuovo.
–Piuttosto è colpa di quegli idioti che non la smettevano di scrivere.
I due ragazzi continuarono a pulire insieme silenziosamente.
–Ah sì, ieri, ti avevo chiesto di raccontarmi una storia vero?– disse Jisung dopo un po'.
–Sì.– rispose Minho semplicemente, imbarazzandosi un po' di aver parlato così tanto.
–Credo di essermi addormentato appena avevi iniziato, scusa. Mi ricordo solo che avevi iniziato a parlare di Changbin.
Minho annuì, iniziando a mettere apposto i banchi, uno affianco all'altro.
–Senti..– iniziò Jisung, girandosi di spalle e iniziando a pulire la lavagna. –Potresti raccontarmela di nuovo ora?
–Potevi non addormentarti ieri!–rispose Minho, con una smorfia. Allo stesso tempo però, si sentiva felice di quella richiesta. Non era davvero il tipo da parlare della sua vita, però allo stesso tempo nessuno gli aveva mai chiesto di farlo come Jisung aveva fatto. Parlare con lui sembrava come mettere apposto la sua testa per qualche minuto. E in realtà, gli piaceva che a lui interessasse davvero della sua vita e non gli avesse chiesto di raccontargli di sé solo per addormentarsi, come effettivamente era finito per fare quella mattina.
–Non è colpa mia!– rispose Jisung.
–Non ricordi di quando ho parlato di Gimpo?
–Gimpo?
–Abitavo lì prima di trasferirmi a Seoul, al secondo anno. Changbin è la prima persona che ho considerato mio amico quando ormai ero qui.
–E com'è stato trasferirti qui così?
–Strano. Non odio particolarmente questo posto, e non sento così tanto la mancanza di Gimpo. Però è diverso. Qui, è tutto diverso. Gimpo è pur sempre una città, ma è molto più piccola di Seoul. Qui è tutto sempre così..movimentato.
–Sai, ai miei sembra strano che io a volte vada in ansia quando ci sono troppe persone. Dal momento che ho sempre vissuto qui a Seoul dovrei esserne abituato, ma sembra il contrario piuttosto.– disse Jisung. –Non esco così tanto quanto altri ragazzi della mia stessa età.– si fermò, ridacchiando.–Hyunjin è sempre in giro. Seungmin un po' meno, però anche lui mi chiede spesso di andare con lui da qualche parte. Non lo biasimo, Seoul è grande e c'è qualsiasi mezzo per divertirsi qui. Però per qualche motivo ho sempre preferito starmene a casa e ascoltare musica e guardare film da solo. Non mi piace nemmeno così tanto camminare, dovermi spostare così tanto.
Minho pensò alle volte in cui Jisung aveva accettato di uscire con lui. Non erano mai andati chissà quanto lontano, però allo stesso tempo avevano camminato abbastanza.
–Beh mi sembra che ormai sia tutto pulito!– disse Jisung, guardando tutta la stanza. Minho annuì.
Jisung camminò verso la porta, prendendo lo zaino e il maglione. Minho lo seguì, prendendo anche lui il suo zaino. Per un qualche motivo, quei due finivano per passare insieme un sacco di tempo a giornata. Camminarono per il corridoio, poi scendendo le scale di un piano e dirigendosi verso la porta.
Il cielo era completamente azzurro, non si vedeva nemmeno una nuvola. Essendo stati in due, non ci avevano messo molto a pulire l'aula. Un vento leggero si infiltrava tra le persone, facendo muovere ogni foglia che poteva. Il sole splendeva, non tanto quanto a pranzo, ma era ancora abbastanza forte. Colpiva i volti dei due ragazzi, facendogli socchiudere gli occhi. Minho diede un'occhiata veloce a Jisung, senza essere visto. I capelli del ragazzo sventolavano ad ogni soffio di vento, poi si riappoggiavano ogni volta più spettinati della precedente. Lo sentiva canticchiare una leggera musichetta. Lo sguardo di Minho cadde a terra, sull'asfalto nero davanti ai suoi piedi.
Da quando mi sento così? Perché ogni volta che ti guardo..
Provò a non pensarci, ma la sua testa era fin troppo piena di pensieri. Però era felice. In quel momento era felice di essere con Jisung, ed era felice in generale di averlo come amico. Di averlo al suo fianco.
I minuti passavano e con essi anche i metri che stavano percorrendo insieme. Ogni volta gli sembrava quasi di star sprecando quel tempo, perché sapeva di non poter stare più di tanto con lui. Eppure ancora non parlava. Ancora stava zitto, guardando la strada o il cielo azzurro o le persone davanti a sé o gli edifici o i cavi elettrici. O Jisung stesso. Ma non lo faceva così spesso, non voleva di certo essere visto.
Ancora una volta, i due si separarono a casa di Jisung. L'amico alzò il braccio, salutando con la mano l'altro e sorridendogli.
Minho si bloccò di nuovo.
Perché ogni volta non voglio che tu vada?
–Jisung.
Ieri..aspetta no, era stamattina..al telefono ho..mhm, va bene così?
–Ieri..cioè oggi..
Maledizione, penso prima a cosa devo dire e poi finisco per dire cazzate comunque.
Jisung lo guardò, sorridendogli. Fece qualche passo verso Minho, abbracciandolo.
Minho sentiva il suo cuore impazzire. Non sentiva solo la sensazione nel petto, lo sentiva addirittura nelle orecchie . Era così forte. Sperava con ogni forza che Jisung non se ne accorgesse, anche se era quasi impossibile. Allungò le braccia verso di lui, circondandolo con esse e ricambiando l'abbraccio.
–Anch'io.– disse Jisung. Minho sentiva il suo respiro contro il suo collo.
–Anch'io ti voglio bene.
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sappiate che d'ora in poi quasi tutti i capitoli finiscono con suspence perché mi piace far soffrire i miei lettori (scherzo, vi voglio bene <3)

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rain | minsung
FanfictionDal testo: Io davvero... Una goccia cadde sul naso di Minho. Alzò lo sguardo verso il cielo, ancora una volta coperto dalle nuvole. È proprio vero che mi piace la pioggia. Jisung imitò Minho, ritrovandosi delle gocce fredde sul viso. Però perché...