Capitolo 17

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Jane

"Non posso crederci che siamo fermi qui dentro da più di mezz'ora." sbuffo irritata.

"Be', forse se qualcuno non avesse impiegato così tanto tempo solo per scegliere cosa indossare e prepararsi, saremmo potuti arrivare prima e non solo prendere i posti davanti, ma anche evitare tutta questa fila." risponde Dan, infastidito quanto me.

"Bè'," dico imitando il suo tono accusatorio. "forse se qualcun altro avesse avvertito un po' prima che saremmo andati ad un concerto. . ."

"Hey! Te l'ho già detto, ho fatto del mio meglio per averli. Sai quanto è stata dure procurarsi due posti per un concerto di questo tipo, a New York per giunta?" esclama.

"Si, lo so." dico con un sorriso smielato. "Per questo ti adoro." aggiungo alzandomi sulle punte per stampargli un bacio sulla guancia. E lui per tutta risposta alza gli occhi al cielo, ma senza nascondere il suo sorriso enorme. 

Faccio per aggiungere qualcosa, un grazie magari, visto che senza di lui probabilmente sarei ancora chiusa in quella stanza che neanche mi appartiene, a piangermi addosso con la mente in travaglio e il cuore al macello. Ma proprio in quel momento la folla in cui siamo intrappolati inizia improvvisamente a muoversi e a spingere verso l'entrata del Madison Square Garden. Il braccio di Daniel si stringe intorno alla mia vita, con sicurezza. Un gesto che mi coglie di sorpresa, ma che allo stesso tempo mi da un inaspettato senso di sicurezza. Perché la sua è quel tipo di stretta che sa farti sentire protetta e non più sola contro il mondo.

Inoltre, probabilmente, se non fosse stato per il suo gesto mi troverei già faccia a terra, calpestata dalle centinaia di persone che non fanno che spingere e urlare, vogliose di vedere la band.

E in meno di altri dieci minuti ci troviamo dentro il più grande e famoso stadio di tutti i tempi, o per lo meno il più grande che io abbia mai visto.
"Wow" sussurro, consapevole che con tutto il frastuono che c'è nessuno può sentire quello che dico. "È bellissimo!" esclamo a Dan, con voce più alta e lui ricambia il mio entusiasmo con un sorriso.
Poi mi viene un dubbio.
Scuoto la manica della giacca del mio amico, attirando la sua attenzione.
"Ma a te almeno piacciono i Linkin Park?" domando ridendo per l'assurdità della cosa. Ha fatto l'impossibile per ottenere quei biglietti subito dopo che io gli ho confidato quanto ci tenessi, eppure qualcosa mi dice che lui nemmeno sa chi sono.
E la sua espressione incerta me ne da la conferma, anche se gli bastano due secondi per tornare a sorridere.
"Veramente, non ha importanza cosa mi piace. Non è questo lo scopo della serata." ride lui, con una scintilla negli occhi ambarti.
"Cosa vuoi dire con. . ." inizio a dire, ma il rumore, gli strilli e la musica esplodono di botto in un frastuono indistinto che mi fa dimenticare tutto il resto. E so cosa sta per succedere, o forse credo di saperlo . . .
"Sta iniziando!" esclamo elettrizzata, mischiando le mie urla a quelle del resto dello stadio.

Quasi un ora dopo, non ho più la voce, ho passato tutto il tempo ad urlare a squarciagola ogni singola strofa con il cuore a mille e la gioia alle stelle. Eppure quando mi volto verso Daniel so che per lui non è lo stesso, probabilmente si starà annoiando talmente tanto. . . So che non gli piace la band, so che ha fatto tutto questo solo per rendermi felice, o almeno tirarmi su il morale. Lo so. E mi sento cosi inutile per non sapere neanche come ringraziare un tale gesto. All'inizio sembrava entusiasta quanto me all'idea di essere qui, ma poco piu tardi, tutte le volte che mi giravo verso di lui intenta a cantare e a ballare a ritmo di quelle che sono alcune delle mie canzoni preferite, lui se ne stava lí, con la testa da un altra parte, il cellulare tra le mani mentre digitava qualcosa o lo stringeva soltanto mente faceva saettare lo sguardo lungo lo stadio, quasi fosse stato intento a cercare qualcosa, o qualcuno, tra la folla. Magari i suoi amici erano lì? O forse cercava solo una via di fuga, chissà.
Senza pensarci oltre mi volto verso di lui. Ora la folla è più calma, nonostante i nostri posti sono in piedi, ogni persona ha occupato il proprio spazio e si respira molto meglio di quanto si faceva qualche minuto fa, riesco a vedere tutto e tutti con molta più chiarezza. Per questo quando vedo Daniel una parte di quella gioia che si era impossessata di me qualche attimo fa si sgretola.
È qui accanto a me, ma so che non è realmente qui. Continua a guardarsi intorno con foga, quasi come se si aspettasse di vedere esplodere una bomba al centro dello stadio, mentre stringe tra le mani il cellulare con lo schermo acceso e digita distratto qualcosa sul display.
"Dan!" grido sopra la musica. "È tutto okay?" domando.
Il suo sguardo scatta subito verso di me sorpreso, o in ansia forse . . . Non saprei decifrare la sua espressione in questo momento, tanto è impassibile e cauta.
"Si, si, certo." dice con un sorriso. "È tutto apposto!" esclama, facendo scivolare il cellulare in tasca.
Confusa, ma sollevata che stia bene, riporto il mio sguardo verso il palco, anche se lontano. La canzone sta scemando, e la folla riprende a gridare, tanto forte che non riesco neanche a capire cosa dicono.
Mi volto ancora una volta verso Daniel, per vedere se anche lui è infastidito tanto quanto me dal frastuono.
Ma appena mi volto il mio cuore manca un battito. Al mio fianco c'è uno sconosciuto, o meglio, sono circondata da sconosciuti, e non c'è traccia di Daniel da nessuna parte.
Mi giorno in tondo sul posto, facendo saettare lo sguardo da tutte le parti sperando di trovare la chioma castano chiaro del mio amico, mentre sento il panico crescere nel petto.
Perché non c'è?
Era qui un attimo fa.
Stavo parlando con lui.
Mi sono girata solo un istante e non c'è più.
Dov'è andato?!
"Daniel?!" inizio a chiamare. E mi sento subito una stupida. Chi mai sentirebbe la mia voce in mezzo a tutto questo casino? Nessuno, ecco chi. Nessuno sentirebbe nulla. Potrebbe succedermi di tutto, qui in mezzo, da sola, senza riuscire a scorgere neanche una lontana via d'uscita. Riprovo a gridare il suo nome più forte e con maggior enfasi.
Ma niente.
L'unica cosa che ottengo è un occhiata infastidita dal ragazzo tatuato e con i rasta accanto a me. Faccio per prendere il cellulare dalla borsetta a tracolla che ho portato, per provate a chiamarlo, ma poi mi rendo conto che qui non c'è campo.
Fanstatico.
Continuo a guardarmi intorno freneticamente. Cercando con tutta me stessa di non perdere ulteriormente la calma, nonostante il senso di claustrofobia che inizia a nascermi nel petto.
Sono quasi sul punto di iniziare a chiedere aiuto a qualcuno della folla, quando qualcosa attira la mia attenzione.

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