Prologo

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Daisy

Londra è sempre stata considerata una di quelle città perfette e meravigliose, una di quelle dalla quale prendere ispirazione per qualsiasi cosa.

Quante altre città ha ispirato?

Quanti modi di vivere delle persone? Quante guerre ha visto, quanti re o regine? Quanta storia è celata tra le sue vie e i suoi palazzi?

Ma soprattutto, quello che a me per prima cosa affascina di più, è quanti romanzi l'hanno abitata. Letteralmente.
Quanti scrittori importanti, scrittori che a distanza di anni, secoli, vengono tutt'ora idolatrati e ammirati. Che hanno lasciato un orma indelebile nel cuore di tutti e lungo le vie di questa città. Di Londra e della sua magia.

E poi ci sono io.
Una ragazzina come tante altre, con la testa tra le nuvole, la voglia di perdersi tra i meandri della fantastia e una voglia assurda di prendere e scappare, correre lontano.
Vincolata in questa città da quando sono venuta al mondo, che vorrei tanto, troppo, seguire le orme di quegli scrittori . . . Far sognare miliardi di persone in tutto il mondo, solo grazie alla bellezza e al potere delle parole, far tornare la speranza e la voglia di credere in un racconto.
Ma non ne sono in grado.
Ho provato e riprovato milioni di volte ad ambientare storie in questo luogo magico che è Londra, ho provato a scrivere di amori impossibili, di cuori spezzati e menti folli d'amore. Ho anche tentato altre strade, come un romanzo giallo, d'avventura o di mistero. Ho raccontato di storie del terrore e di omicidi orribili, di fantasmi e soprattutto di demoni e angeli.
Insomma, sono passata più e piu volte dall'ispirarmi a Jane Austen e Emily Bronte, a Charles Dikens, Oscar Wilde, Edgar Allan Poe e Arthur Conan Doyle. E molti altri!
Eppure niente.
Niente che sapesse farmi scoppiare il cuore di una qualche vera emozione, come mi capita quando leggo i romanzi di altri tempi.
Le mie amiche, a volte, leggono quello che scrivo, o meglio, quello che voglio far loro leggere, e continuano a ripetermi che sono una brava scrittrice, che ho talento. . . Quando io, invece, non trovo niente di tutto ciò quando rileggo quello che scrivo. Anzi, mi annoio così tanto a rileggere quelle parole, come se fossero prive di vita. E non dovrebbe essere così, giusto? Non dovrebbero trasmettere noia e banalità, dico bene?
Un romanzo dovrebbe strabordare di vita, di emozioni e di magia.
Tanta magia da farti credere nelle fate persino.
Ma più ci provo. . . E meno riesco a crearne.
Più tento di trascrivere l'immensità di pensieri, immagini e idee che ho intesta, e meno riesco a convincermi che sia abbastanza.
Sbuffo irritata, continuando a scribacchiare convulsamente sul blocco che ho tra le mani, mentre faccio saettare lo sguardo da un punto all'altro di Londra che si stende sotto il mio sguardo attento ai dettagli, perché, e una scrittrice lo sa bene, i dettagli sono tutto in un racconto.
Senza di essi non si riuscirebbe a trasmettere il senso di realtà e di concretezza che ti fa sentire parte della storia.
Mi stringo nella coperta di plaid rosso bordeaux, che mi avvolge, reprimendo un brivido di freddo, e mi spogo un po' di più dal tetto per osservare meglio il Westminster Bridge in lontananza. Mi perdo in esso, guardandolo con gli occhi della mente, della fantastia, immaginando una dama di fine '800 che lo percorre di gran fretta, quasi correndo con il suo vistoso abito rosso scuro e inseguita da un uomo a cavallo, pensando che voglia assassinarla, quando in realtà sta solo cercando di parlare con lei per poterle dichiarare il suo immenso amore.
Chissà cosa succederebbe se . . .
"Daisy?!" sobbalzo di sopresa nel sentire la voce di mia madre tuonare di punto in bianco, e per poco non cado dal tetto su cui sono seduta.
Oh, no.
Amo venire qui per scrivere, soprattutto perchè la vista è splendida, ma se mia madre mi beccasse quassù si irriterebbe parecchio e finirei in guai seri.
"Arrivo, mamma!!" rispondo a voce alta, sperando che non si accorga di dove mi trovo. Con la massima cura metto il blocco da scrittura sotto la camicetta, tra il fianco e l'elastico della gonna, una gonna che odio, ma che mia madre ha insistito che mettessi per l'occasione.

Mi alzo in piedi e torno nella mia stanza, entrando dalla finestra, stando attento a non inciampare in questa stupida gonna. Mi chiudo la finestra alle spalle e sistemo le pieghe dei vestiti, quasi del tutto stropicciati, con le mani, pettino velocemente i capelli e nascondo la coperta nell'armadio, avvolgendovi all'interno il blocco da scrittura. Faccio per andare verso la porta della mia stanza, ma mia madre mi precede e piomba in camera mia con un espressione severa e il massiomo della perfezione addosso.
Indossa un abito di seta verde smeraldo, che mette in risalto il grigio azzurro dei suoi occhi e il biondo perfetto dei capelli impeccabili. Il trucco, ovviamente, è preciso e curato, come sempre. E non posso fare a meno di domandarmi come mai io debba essere così diversa da lei, con il mio metro e sessantaquattro, i capelli castani e neanche l'ombra di una forma sinuosa o di movimenti aggraziati che ha lei.
"Daisy, dove ti eri cacciata? Stiamo facendo tardi a casa dei Pemberly, e sai che odio essere in ritardo a occasioni come queste. Ci saranno persone per bene da ogni parte di Londra e noi non possiamo . . ." inizia la sua tirata, ma si interrompe di botto squadrandomi dalla testa ai piedi.
"Si può sapere in che condizioni sei?! Forza, vieni qui. Ti aggiusto i capelli. Sembri uscita dalla centrifuga." sbuffa infastidita sedendosi sul letto, con la spazzola tra le mani.
"Si, mamma, arrivo." dico, sospriando mentalmente.
Non è una donna affabile lei, non lo è mai stata, o almeno non da quando ne ho memoria. . . Ma sono convinta che una volta lo fosse, bella, giovane e sorridente, non fredda, rigida e impassibile com'è ora. Ma non gliene faccio una colpa. Credo solo che il tempo le abbia causato troppe ferite, ferite che per guarire hanno dovuto assorbire parte del calore e della gioia che risiedeva in lei. A volte è così che funziona la via della vita. Per poter trovare la forza di continuare a precorrerla è necessario fornirsi di un armatura. Solo che alcuni non riescono più a uscirne, e restano intrappolati in essa per sempre.

E se questa fosse la via che spetta anche a me? Se fossi destinata ad indossare un armatura talmente pesante da non concedermi il piacere del volo?
Dio, se solo potessi essere io quella dama di fine '800, in corsa per il Westminster Bridge, inseguita dall'amore, e potessi vivere finalmente la mia vita invece che scriverla e basta.

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Salve lettoriii❤️

Se vi state chiedendo se la storia è quella giusta, non preoccupatevi, siete nel posto giusto. Semplicemente vi ho appena presentato un nuovo personaggio, che, se volete un consiglio, farete bene a tenere a mente nel corso della storia.
Poi, più avanti capirete il perché.
Ma a parte questo, sono così felice di poter essere di nuovo qui per raccontarvi delle tormentate vicende di Will e Jane che avete già conosciuto nel primo libro di Hope!
Ed ora eccoci qui, con il sequel che tantissimi di voi hanno continuato a chiedermi negli ultimi mesi.
Che altro posso dire?
Spero con tutto il cuore che vi piaccia e non vedo l'ora di sapere tutto quello che ne pensate.
Quindi, sentitevi liberi di esprimere ogni vostro pensiero! Non vedo l'ora di leggervi tutti e rispondere ad ogniuno di voi.

XoXo❤️

Hope 2, two souls and one star Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora