Capitolo 3

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Jane

"Jane, perché non vai a riposarti? La stanza degli ospiti è vuota e sai che puoi usarla quando vuoi." dice mia sorella spostando delicatamente una ciocca di capelli dal mioviso.

"Si, forse hai ragione." dico sbadigliando. Improvvisamente la stanchezza delle ultime ventiquattro ore sembra essermi piombata addosso tutta insieme. Ero talmente presa dalle cose appena successe che avevo quasi dimenticato di essere andata da un estremo all'altro del paese e di essere stanca morta.

"Vai, allora. Ti sveglio quando sarà pronta la cena." afferma e si allontana in cucina con un sorriso cordiale, ma so che è solo una maschera per nascondere la stanchezza. Anche per lei non deve essere stato facile avermi vista arrivare qui, mezza sconvolta per poi vedermi scoppiare a piangere sul divano del suo salotto perfetto.
Una bomba a mano in una bolla di perfezione e impeccabilità. Raggiungo la stanza degli ospiti, apro la porta e mi ritrovo davanti una piccola camera, anch'essa impeccabile e ordinata al meglio, con un letto matrimoniale al centro, pareti bianche abbellite a qualche quadro di circostanza, coperte color azzurro pastello e una piccola scrivania in legno di mogano. La prima cosa che faccio, prima ancora di sedermi sul letto, è raggiungere la finestra e guardare fuori. E' tutto così familiare, e al tempo stesso completamente estraneo. Non si sente il rumore del mare, il fischio leggero del vento o il profumo della salsedine. L'unica cosa che mi invade appena apro le imposte della finestra è il frastuono di una città caotica e assordante. Il rumore del clacson di centinaia di auto, il chiasso delle persone in strada, o di porte e finestre che sbattono, una musica assordante in lontananza, che quasi viene sovrastata dal rumore del traffico, e le risate di un gruppo di persone con bottiglie tra le mani mentre barcollano tra gli edifici. E l'odore quasi mi costringe a fare una smorfia di disgusto, lo smog, il fumo e non saprei ben distiguere cos altro, si mescolano insieme formando una leggera foschia di odori insopportabili. Ma poi mi sforzo a non pensarci, alzo lo sguardio dalla strada e mi miei occhi vagano lontato, percorrono il contorno dei grattacieli, fino all'unica chiazza di verde nella città, Central Park. Ma non è niente di tutto ciò a catturare il mio sguardo, ben sì, vengo attratta da qualcos'altro, qualcosa che sovrasta e tinge la città di un rossiccio dorato.

Il tramonto.

E prima che riesca a mettere freno ai miei pensieri, la mia mente inizia a vagare e il ricordo di me e Will che guardiamo il tramonto in cento punti diversi della città, lui che mi stringe tra le braccia da dietro la schiena, appoggiando il mento sulla mia spalla, io che guardo il tramonto, mi volto e lo sorprendo con gli occhi puntati su di me. Lui che distoglie lo sguardo velocemente, puntandolo sul tramonto, e io che arrossisco insieme ad esso.
Perché è questo che succede al cielo quando incontra lo splendore della notte, si tinge di rosso.

E non posso fare a meno di pensare a come sarebbe se lui fosse qui in questo istante, al suo sguardo perso verso la luce dorata, le sue braccia intorno a me e le sue parole che mi sussurrano all'orecchio. Le sue mani che vagano per il mio corpo senza sosta e le sue labbra che catturano le mie senza preavviso in un bacio in grado di togliere il fiato a chiunque.

Ma poi una vocina nella testa mi ricorda che cosa ha fatto, mi ricorda che tutti i bei ricordi, i bei momenti, le belle parole e ogni minima cosa con lui, erano frutto di finzione. Che niente di quello che ho vissuto con lui era reale. Tutto quello che pensavo di avere era solo nella mia testa. Che mentre io penavo a quanto lo amavo, lui pensava a come giocare la sua prossima mano di poker, e io ci sono cascata come una stupida. Sono stata solo la scommessa di uno stupido gioco, solo una sciocca e insignificante mano di poker come tante altre prima di me. Sento la crepa del mio petto farsi di poco in poco sempre più profonda e quasi gemo per la fitta improvvisa di dolore. Chiudo di colpo la finestra, sperando di riuscire a chiudere allo stesso modo anche il mio cuore e mi siedo sul letto, recuperando con mano tremante il cellulare che avevo abbandonato per ore nella tasca dei jeans. Quando lo accendo, non sono sorpresa di vedere il display riempirsi di chiamate perse, le scorro rapidamente sforzandomi di un lasciarmi pugnalate ogni volta che leggo il suo nome. Continuo a scorrere, e le chiamante sembrano infinite, poi noto qualcosa di diverso, un nome che non mi aspettavo di vedere. Ero certa di trovare chiamate da parte di Emily o Nate, ma non da parte di Daniel . . .

Hope 2, two souls and one star Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora