Capitolo 5-Parte seconda

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Rientro nel bar, sottraendomi agli sguardi incuriositi, notando Ivan pulire tranquillamente i fondi dei bicchieri per birra come quando sono entrata... sembra non essersi accorto della mia bizzarra corsa verso l'uscita. Questo si accorge di quello che vuole, insomma.

Mi ci pianto davanti, sbattendo d'impulso le mani sul bancone. Lui non fa una piega, mi guarda e sorride nuovamente, sembra quasi uno di quei sorrisi che ti ritrovi stampato nelle riviste, ogni volta che lo guardi, non fa una virgola. Dice: "Che succede, piccola?"

...piccola?

"Chi era quella ragazza?" Esclamo con la mia voce da cornacchia, odiandola istantaneamente. Prima o poi dovrà pur tornare normale!

"Quale ragazza?"

"Quella che è uscita poco fa dal bar, prima di me" indico fuori "quella bionda, col cappotto viola. Chi è?!"

"Ah, lei... boh, chi la conosce." Continua a lucidare i boccali, ammorbidendo la fronte aggrottata in cui aveva contorto i piercing.

Cavolaccio, come fa a starsene così tranquillo?! Io sto praticamente sclerando. C'era una ladra di cellulari, qui! "Non la conosci?!" strepito, raucamente "Ma non frequenta spesso questo bar?!"

"Ma che, mai vista prima, sarà stata qui di passaggio. Perché tutto questo interesse?"

In un istante torno in me. Certo che non la conosce. Perché dovrebbe?

Allento i pugni piantati sul bancone, iniziando a sentirmi imbarazzata. Devo avere appena fatto l'ennesima figuraccia.

Per di più, per quanto ne so, quella potrebbe essere la moglie di Calista, ed ecco spiegato perché il cellulare ce l'ha lei. No?

No, bisbiglia la vocina, se fossero sposati lui quantomeno lo saprebbe, che il telefono è in mano alla moglie.

E poi, la moglie? Non è un'ipotesi alquanto stiracchiata, Anvil?

Scaccio quei pensieri dalla testa, sembrati quasi provenire da qualcun altro.

"Mah, lascia perdere." Bofonchio alla fine, per risposta al barista.

Ivan mi guarda. "Mi spiace non esserti d'aiuto, piccola."

Allargo un sorriso tiratissimo. "Non fa niente." Se mi chiami un'altra volta piccola, ti schiaffo la faccia dentro al boccale.

Esco dal bar ignorando un'altra volta gli sguardi incuriositi, attraversando la strada e borbottando tra me. È quello il telefono, è quello, io lo so, lo so e basta. Infilando la mano in tasca alla ricerca dell'Mp3, le mie dita incontrano nuovamente l'occhio greco.

Stavo per imboccare la salita per l'alberghiero, però mi blocco.

Due fatti si insinuano con prepotenza dentro di me. Anzitutto, il fatto di aver toccato distrattamente il portachiavi come faccio sempre, e aver trovato il colpevole del furto subito dopo. Perciò... funziona? Sì? No? Boh?

Mi gratto la testa. Che ipotesi assurda. Dovrei smetterla di ficcarmi tutto in tasca, piuttosto.

Il secondo fatto è quello di avere forse individuato il ladro del cellulare del prof.

Mi sposto davanti alla fila di negozi adiacenti la salita per la scuola, schivando qualche passante, rigirando l'occhio greco tra le dita mentre rifletto. Adesso che sono al corrente di questa cosa, che dovrei fare? Avvertire Calista? Però è solo un'ipotesi, che...

È quello il telefono, è quello, puoi star tranquilla su questo.

Beh, d'accordo. Il telefono è quello. Quindi. Dovrei avvisarlo? E lui, cosa mi vorrà mai dire, per avermi convocato?

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