Capitolo 1 - Parte seconda

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"Anv, in mezzo ci sei anche tu" mi fa notare Chris.

"Ci sono in mezzo perché non volevo che vi ammazzaste tra voi!"

Teo soffoca un rutto. "Basta. Poco importa. Diamoci una mossa."

Christoph si tocca la visiera. "Andrà bene, stavolta. Ho il mio cappello." Si strofina le braccia, noi evitiamo ogni commento in merito. "Certo che fa un freddo cane, oggi. Sono le due del pomeriggio e sto ghiacciando. Un giorno davvero infame per pulire."

Io grugnisco. "Non potresti evitare di osservare l'ovvio e dire qualcosa di incoraggiante?"

"Se almeno non tirasse vento!" Gli fa eco Teo, rincarando la dose, occhieggiando con malinconia le foglie correre in giro.

Il clima è sempre stato rigido, qui da noi, ma gennaio è uno dei mesi peggiori: un giorno sole, il giorno seguente pioggia, quello appresso pure. Clima variabile, temperature altalenanti. L'ideale, per ammalarsi.

Oggi nuvolette di vapore si dissipano davanti ai nostri nasi, quando respiriamo, quindi va da sé. Casa mia sarà ancora più fredda, deduco. Le temperature si sono abbassate, da stamattina, e dai miei mancano solo i pinguini. C'è un'umidità paurosa.

Mi stringo il foulard al collo, impugnando la lunga scopa consumata dagli anni, con la fronda di paglia. Ricorda uno spaventapasseri.

I miei due amici, invece, hanno un giga-rastrello più una mega-paletta, insieme a due grandi cesti della pattumiera, come il mio, muniti di piccole ruote e maniglia per trasportarli. Gran visione rosea: noi tre, vestiti da supereroi – quindi ficcati in qualche tutina super aderente simile a una calza maia, con in mostra i pettorali e i bicipiti ignoranti - ad inseguire le foglie a bordo dei cesti a razzo, sguainando i nostri fidi attrezzi, mentre feroci mulinelli alieni, con gli artigli e gli occhi rossi, ci complicano la vita scaraventandoci lontano.

Questa è l'immagine di fantasia che il mio cervello continua a macinare nel corso della mezz'ora, quaranta minuti forse, nei quali sgobbiamo per spazzare, raggruppare e caricare le foglie nei bidoni. L'unico che non sembra risentire della fatica è Christoph, come sempre.

Lo occhieggio maneggiare il suo attrezzo come non pesasse nulla, la maglietta aderente che lascia intravedere il suo fisico asciutto e definito.

Come lo invidio, in questo momento. Io al massimo di definito c'ho la pancetta.

Il terzo cesto è pieno per metà, quando una goccia di pioggia mi cade sul naso. Sollevo lo sguardo verso il cielo grigio cenere, interdetta.

"Ragazzi" dico "credo che stia...." prima di poter finire la frase, il cielo mi rovescia in faccia una pioggia fortissima, diventata aggressiva nel giro di pochi secondi. Sputacchio. Grazie mille.

"Merda!" Strilla Teo "Presto, rientriamo!"

Già, peccato che siamo nel lato sud della scuola, in direzione palestra, da qui all'atrio è tutta salita.

Ora quei bicipiti ignoranti avrebbero fatto comodo.

Spingiamo con forza i cesti, trascinandoci dietro l'attrezzatura, bagnati e stanchi da morire. Le braccia mi fanno male, sono fradicia.

A pensarci adesso, non ho l'ombrello. Culo dei culi. Finalmente raggiungiamo l'atrio e parcheggiamo faticosamente i bidoni in un angolo, sfilandoci infine i cappotti bagnati. Io e Teo siamo trafelati, Chris ha l'aria di uno che se n'è stato seduto tutto il tempo a guardarci. Ecco i vantaggi d'essere sportivi. A questo manco gli serve, di essere un super eroe.  "Tutto bene un corno" grugnisce Teo rivolto a lui, ansimando, facendomi ridacchiare "Porti sfiga, scommettiamo?"

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