Capitolo 15 - Parte 2 (🆄🅻🆃🅸🅼🅾 🅲🅰🅿🅸🆃🅾🅻🅾)

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In auto, mia madre mi ha detto che parleremo stasera del colloquio.

Andava di fretta per il lavoro –tra una cosa e l'altra si sono fatte quasi le 16- e mi ha scaricato direttamente davanti alla pizzeria dirimpetto al parco, a buon intenditor poche parole.

Karen ha preferito farsi portare a casa per tranquillizzare Curry. Non siamo entrate troppo nel merito, quando papà ci ha domandato cosa fossero tutti quei cerotti sulla nostra faccia. Se n'è accorto perfino lui, ma era difficile non notarlo.

Non credo che il colloquio sia stato disastroso, anzi, mio padre sembrava tranquillo. Ha sorriso, allungando una mano al sedile posteriore per fare qualche carezza al micino, e mi ha sorpreso non poco. Finora non aveva mai socializzato con la piccola palla di pelo rossa, ma non è stato tanto quello a stupirmi. Il fatto è che era veramente parecchio tempo che non lo vedevo sorridere. Non ricordavo neanche più come fosse.

Neanche mamma sembrava irritata dalla chiacchierata con la Nori, ma era così in tumulto per il ritardo sul lavoro da non lasciarmelo intendere bene. Io, nel dubbio, ho lo stomaco incastrato nell'ansia. Non mi impedisce di finire la pizza ai porcini, seduta al tavolo della pizzeria, mentre mi faccio congelare a puntino dall'aria condizionata.

Già.

Ho anche una certa cosa da fare, tra poco. E non mi piace.

Non mi piacciono i saluti.

Come a sottolineare la cosa ricevo un SMS, che so già di chi sia. Asciugo le mani unte sul fazzoletto liscissimo e inutile del porta salviette annusando l'odore invitante intriso nell'aria, e apro l'SMS, dopo aver letto "Fucsia" nell'anteprima.

Qui tra 10 min. Gliela fai?

Sospiro, scorrendo lo slide. Scolo la Pepsi e rispondo.

Gliela fò.


Soltanto trovare le valigie accanto alla Twingo bordeaux mi ha provocato un patetico magone. Ma vedere Markus emergere dall'istituto, col borsello a tracolla e la camicia di lino, sorriso in volto e pronto a partire, mi ha veramente distrutto.

Doveva proprio partire adesso che c'ho le mie cose, questo disgraziato.

Sanguino come una bistecca, e sono emotiva. Non è giusto.

Mentre Markus finisce di impartire istruzioni al suo attuale sostituto, ovvero il caro Mr. Luna, riempiendogli le mani con diversi mazzi di chiavi e cartelline e riepilogandogli quali siano gli interruttori della luce eccetera eccetera, io mi guardo attorno nel cortile, riarso dall'afa estiva. L'asfalto sembra tremolare, la Twingo pare un fuoco acceso. Sto sudando. Accanto a me Agnese, con indosso un vestitino parecchio largo e degli ostinati anfibi rovinati, si sventola con una rivista presa non so dove, soffiando sulla frangia scolorita che le ricade sugli occhi.

La guardo, mio malgrado divertita dalla sua espressione scocciata, ripensando ai due mesi in sua compagnia nel gruppo musicale libero qui al centro giovanile. Sono stati uno spasso. Ho imparato parecchie cose con la chitarra, e abbiamo improvvisato un sacco di duetti e studiato molte cover divertenti, insieme al resto dei ragazzi. Non ho ancora avuto modo di sfidarla nuovamente al lancio delle lattine, ma si rimedierà.

Fisso Markus che sorride, mentre gesticola e chiacchiera con Luna Carlo. Certo che io e Mark siamo entrati in ottimi rapporti. Lui è sempre gentile e disponibile, anche per le cose più stupide. Ha monitorato ogni tipo di attività nel centro, gestito i turni di pulizia –già, da quelli non c'è scampo-, pagato le bollette. Ci ha sempre tenuto riforniti con qualsiasi cosa ci fosse indispensabile per portare avanti le nostre attività di gruppo, da scemenze come scatolette di plettri nuovi –a volte io e Gniz abbiamo gareggiato al gioco della pulce con quelli e ne abbiamo persi un'infinità-a cose molto più consistenti come una cassa alla quale collegare la nuova chitarra di Fucsia. E poi, mi è stato molto vicino nel mio periodo di cambiamento. Quando ho iniziato a rilassarmi nei suoi confronti, mi è stato più facile confidarmi con lui. Semplicemente sfogandomi se qualcosa mi faceva uscire di testa, o chiedendogli se potevo passare al centro fuori orario, per farci un caffè e chiacchierare un po'.

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