Giorno 30 Aprile 2007
Ho aperto gli occhi già da un po', dopo essere stata risvegliata bruscamente da tuoni e fulmini e dal fracasso della pioggia che continua a scaraventarsi sulle serrande abbassate. La prima immagine accolta dai miei occhi strabuzzati è stata quella di Nazar, dimorante come sempre la parete accanto al letto. Occhieggio, ancora assonnata, i poster sul muro e il maiale che sogghigna nel calendario, immersi in una luce azzurra vagamente irreale. La testa mi gira in un modo pauroso, ma ormai non ci faccio quasi più caso.
Un senso d'ansia preme nel mio petto, nascosto nel buio. Sembra incorniciare l'atmosfera tetra intrisa nella mia stanza, appena lambita dalla minacciosa luce esterna, frastagliata dal temporale.
Le orecchie fischiano tantissimo, ma Nazar non spiccica un fiato. Non parla da non so più nemmeno quanto, emettendo soltanto degli assidui sibili scomposti nei miei timpani, come fosse retroceduto ai primi giorni in cui cercava un contatto. È talmente tanto che non lo sento parlare che se non interagisse in questo modo, crederei davvero di aver immaginato tutto. Non so come dovrei interpretare il suo silenzio, ma certamente alimenta questa sorta di premonizione ignota che mi attanaglia, incatenandomi al letto, velata di mistero.
Non ho mai avuto sensazioni di presagio con cui fronteggiarmi, questa è la prima volta e pazza o meno che io sia, quanto provo è come una forte pressione esterna che mi tiene spiaccicata sul materasso.
Dura soltanto qualche minuto, e quando mi lascia andare sento di poter ricominciare a respirare regolarmente, con il cuore impazzito.
Chissà... forse avere la febbre per tanto tempo mi sta portando a un continuo delirio involontario.
Non una volta sola mi è sembrato che Nazar si fosse spostato lungo il muro, ad esempio, per poi tornare al suo beato chiodo sopra al maiale, o almeno così mi è parso sbirciandolo di sbieco, adesso che ci penso. Non ho chiuso occhio, quindi magari ho immaginato tutto per lo stress.
Ah, già... e poi, frattanto che me ne stavo chiusa in casa, pare che scatoline di antibiotico siano andate a farsi una passeggiata, mentre il cellulare mi tormentava di chiamate. Lo avevo scordato. Ricordo nitidamente le diverse volte in cui le appoggiavo su un ripiano e un attimo dopo non ce le trovavo più. Chiudo gli occhi e passo una mano sulla testa, scacciando dai pensieri l'immagine delle pasticche che scoppiano nel bagno del ristorante. È successo da tempo, e non sono ancora riuscita a digerirlo. Beh, quello non era finto di certo. Credo, almeno.
Ma possibile che delle pasticche possano spostarsi da sole in luoghi assurdi, tipo dentro al microonde?
Ed eccomi di nuovo nel fiume di domande: ho immaginato tutto per la febbre?
Serro la mascella. È stato Nazar?
Io non ricordo proprio di avercele messe. Perché avrei dovuto metterle nel fornetto? Frugo nella memoria, invano, provando a trovare un collegamento che possa spiegare l'accaduto. Deglutisco, chiudendo gli occhi. No, proprio non lo ricordo.
Che cazzo sta succedendo alla mia vita?
Quando riesco a mettermi seduta, madida di sudore, mi sembra che il mio corpo formicoli, e cerco subito Saoirse allungando un braccio alla cieca. Le mie dita, venendo in contatto con la sua rassicurante sagoma famigliare, instillano nel mio corpo una lieve ondata di calore.
È come alzarsi finalmente su una zattera dopo un lungo beccheggiare tra le onde di un mare in tempesta, così lo sento, issandomela sul ventre e stringendola a me, facendomi scudo in tutte queste tenebre. Ne accarezzo il contorno, cercando le corde, dandogli una voce non appena la mia mano le incontra e incastrando nel limbo quelle poche parole, gli scarsi spiccioli di note che servono a sollevarmi.
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Good Luck
Novela JuvenilLa sveglia che suona, la mamma che urla e un'altra giornata da trascorrere a scuola in un paesino di provincia: L'inferno personale di Anvil è pronto ad accoglierla anche oggi!Essere adolescenti è già abbastanza incasinato di per sé, ma se sei una r...