Come aveva immaginato e come molte notti a questa parte, Simona è sveglia. Prende in mano il telefono e vede l'ora: le due di notte. Sbuffa e sblocca il telefono. Il sonno non vuole saperne di venire a farle compagnia. Prova inutilmente con una tisana, ma anche questa non ha effetto. Sa che sta solo temporeggiando perché i suoi occhi hanno visto la foto profilo di Niccolò cerchiata di rosso, segno che avesse postato una storia. Prima di aprirla però sì sdraia nuovamente sul letto e prova a contare le pecore, ma è solo tempo sprecato. Così si arrende e decide di tentare l'ultimo rimedio possibile. Entra su Instagram e clicca sulla foto di Niccolò. Apre e vede una storia. È un video: è tutto buio, qualche lampione illumina il prato verde e si sente la voce di Niccolò che chiama Spugna. Simona ridacchia nel risentire quel nome che, non sa perché, trova estremamente buffo. La sagoma del cagnolone si vede a malapena e Simona riesce a riconoscere un Labrador solo quando Spugna si posiziona seduto sotto ad un lampione. Così finisce la storia. Simona la apre nuovamente per vedere quando fosse stata postata. Dieci minuti fa. Non sa se sia segno del destino o se qualcuno lassù le stia inviando dei segnali, ma le sue dita si muovono autonomamente quando cliccano su "messaggio" e lei si ritrova davanti la chat con Niccolò. Questa volta però è diretta, senza battutine.
'È ancora valido l'invito dell'altra volta?'
Digita e invia. Gli occhi sono incollati allo schermo e le labbra mordono il labbro per la leggera ansia. Non sa perché il suo fisico reagisca così, ma teme di essere stata inopportuna o che Niccolò possa bellamente rifiutare. E anche se veramente Niccolò le dicesse di no, perché sente di poterne rimanere delusa? Cosa le importa alla fine? Troverebbe un altro modo per addormentarsi o rimarrebbe a fissare il soffitto. Sinceramente non sa nemmeno perché il cuore prende a batterle a mille quando legge la risposta del ragazzo; ultimamente il suo corpo fa cose che lei non riesce a capire.
'Sono a Villa Borghese. Mi raggiungi tu o vengo a prenderti io?'
Simona sorride involontariamente e si sbriga a rispondere mentre si solleva dal letto e gira per la stanza in cerca di qualcosa da mettersi. Una tuta andrà bene, alla fine è buio e non dovrà preoccuparsi di essere presentabile.
'No no vengo io, ho il motorino. Quindici minuti e sono lì.'
Invia velocemente la risposta e lascia il telefono sul comodino mentre sfila il pigiama ed infila la tuta della Adidas. Il telefono si illumina poco dopo e Simona si sporge per guardare cosa le sia arrivato. Dall'anteprima legge il messaggio di Niccolò.
'Va bene, ma stai attenta e metti il casco!'
Simona è stupita e ridacchia. Le ha seriamente scritto quelle cose? Si è seriamente preoccupato per lei? Così infila al volo la felpa e sblocca il cellulare per rispondere.
'Va bene papà!'
Lo prende in giro lei, inviando il messaggio con un sorrisetto divertito che l'accompagna per tutto il viaggio in motorino. Mentre l'aria fresca della notte le sferza il volto, Simona pensa a cosa potrà pensare Niccolò di lei dopo la sfuriata che ha fatto quella mattina. Non ne ha idea, ma una parte di lei sa che Niccolò non la giudicherà - al massimo ci scherzerà sopra e la prenderà in giro - perché fino a quel momento lui è stato l'unico ad aver cercato di capirla ed aiutarla.Stanno camminando fianco a fianco da dieci minuti e ancora nessuno dei due ha spicciato una parola. Simona non sa che dire e ha paura di sbagliare, ma fianco a fianco con Niccolò quel silenzio non le sembra imbarazzante, al contrario è molto rilassante.
Si sono scambiati solo un semplice saluto quando Simona lo aveva raggiunto e Spugna le era saltato addosso e lei lo aveva riempito di coccole. Non è particolarmente amante dei cani, ma Spugna è davvero affettuoso. Ora il cagnolone cammina davanti a loro fermandosi ogni tanto fare i suoi bisogni o per raccogliere qualche bastone che puntualmente Niccolò lancia lontano per farlo giocare.
Niccolò lancia di nuovo il bastone e Simona sorride nel vedere Spugna partire alla rincorsa.
«Il prossimo posso tirarglielo io?» domanda nel silenzio che li circonda. Stanno passeggiando per l'immensa Villa Borghese e l'aria fresca è rigenerante.
«Ah ma allora parli ancora, pensavo che dopo la sfuriata di oggi avessi perso la voce» scherza Niccolò guardandola con un sorriso divertito e Simona si morde il labbro pronta a dare spiegazioni, ma Niccolò continua dicendo «Comunque certo, vediamo quanto lo tiri lontano, schiappetta» la prende in giro lui mettendo su un'espressione saccente mentre si guarda intorno come se non avesse appena sfidato Simona. Quest'ultima spalanca la bocca, ma un sorriso le nasce spontaneo.
«Ti ricordo che nel lancio dei sassi sei tu che hai perso» ribatte a modo Simona, dando un calcio ad un sassolino e vedendo Spugna ritornare verso di loro.
Camminano fianco a fianco ed ogni tanto, nel camminare, le loro mani si sfiorano e Simona vorrebbe sapere perché ogni volta che succede sente lo stomaco in subbuglio. Decide di ignorare questa scomoda sensazione mentre si allunga per prendere il bastone dalla bocca di Spugna. Si sgranchisce le gambe pronta al lancio. Lancia uno sguardo di sfida a Niccolò che questa volta però alza le mani e le dà ragione, «Giusto, sono io la schiappa tra i due» ammette con una punta di divertimento e Simona inarca un sopracciglio.
«Come mai sei così accondiscendere sta notte?».
«Perché ti ho vista arrabbiata sta mattina e devo ammettere che mi hai fatto un po' paura».
Niccolò sorride nel dirlo - anche se realmente Simona lo aveva leggermente spaventato quella mattina - e Simona si sente nuovamente in colpa, impaurita di aver fatto un'ennesima brutta impressione al ragazzo. Così abbassa lo sguardo, ma una mano sulla spalla da parte di Niccolò le fa alzare di scatto la testa. Sono sotto ad un lampione quindi Simona può chiaramente vedere gli occhi di Niccolò fissarla con tenerezza.
«Hai fatto bene. Scusa se te lo dico, ma tua madre è proprio una stronza!» esclama lui stringendole dolcemente la spalla e Simona sente di nuovo lo stomaco capovolgersi. Poi sorride amaramente, ma anche leggermente più sollevata. È bello avere per la prima volta l'appoggio di qualcuno. Continuano a guardarsi negli occhi, scambiandosi mille discorsi in silenzio finché Spugna non struscia il muso contro la mano di Simona per farsi lanciare il bastone. Entrambi scoppiano a ridere e «Spugna, non mi far fare brutte figure eh!» scherza Niccolò accarezzando il cagnolone per poi rialzarsi e «Prego campionessa del lancio di sassi, vediamo cosa riuscirai a fare» la prende in giro, allargando le braccia e mettendo su un gran sorriso.
Simona lo guarda ed alza gli occhi al cielo prima di prepararsi e lanciare lontano il bastone con tutta la forza che ha. Spugna parte subito alla rincorsa mentre Niccolò e Simona osservano il bastone che va lontano.
Niccolò scuote la testa, «Mi dispiace, sei una schiappa coi bastoni».
«Ma se è buio! Che ne sai dove è andato?».
«Sesto senso» - fa spallucce lui.
Simona alza gli occhi al cielo, «Sei un cazzaro, altro che senso senso».
«Ti ho detto che le passeggiate con me e Spugna sono speciali» si pavoneggia lui e Simona lo guarda male.
«Ti hanno hanno mai detto che hai una faccia da schiaffi?» domanda Simona all'inizio seriamente, poi nel vedere l'espressione buffa che Niccolò ha messo su non resiste e le viene da ridere di cuore. La sua risata riecheggia tra gli alberi e, lei di certo non se ne accorge, ma Niccolò è rimasto ad ascoltarla con ammirazione perché è una risata melodiosa che gli ha scaldato il cuore.
«Avrò pure una faccia da schiaffi, ma almeno te faccio ride. Non ridi così con nessuno, solo con me!» si vanta lui mentre Spugna torna verso di loro. Simona smette di ridere e incrocia le braccia, inarcando un sopracciglio.
«E tu che ne sai?» domanda curiosa, mettendo su uno sguardo interrogativo. Niccolò fa spallucce e sta per rispondere quando «Sesto senso, vero?» lo precede Simona, facendo scoppiare a ridere Niccolò che annuisce e «Sono così scontato?».
«Te l'ho detto che sei banale» lo sbeffeggia bonariamente Simona e Niccolò mette il broncio mentre Spugna lascia ai piedi dei due il bastone e si mette seduto.
«Tu invece sei incredibile. Sembri tanto tranquilla e pacata e invece oggi a pranzo me sembravi Hulk!» esclama Niccolò, allacciandosi fino al collo la lampo della felpa e poggiando i suoi occhi marroni - che sembrano neri sotto la luce fioca del lampione - su Simona. Quest'ultima sente una leggera agitazione. Ha paura che Niccolò possa farle domande scomode alle quali lei non saprebbe e non vorrebbe rispondere. Erano già tre volte quella notte che lui le faceva una battuta che riguardava la sfuriata del pranzo e Simona aveva bisogno di risolvere i suoi dubbi, così «Cosa vuoi sapere di preciso? Basta battutine Niccolò, dimmelo chiaramente» esordisce lei, forse un po' troppo severamente tanto che Niccolò mette le mani avanti per scusarsi e la guarda dispiaciuto.
«No Simò, non volevo farti arrabbiare e scusa per le battutine, so fatto così e a volte esagero, scusa,» - ha uno sguardo davvero dispiaciuto e Simona si sente in colpa per averlo aggredito così. Poi, senza che possa aspettarselo, Niccolò le si avvicina e le afferra una mano. Simona sgrana gli occhi e si irrigidisce per poi guardare Niccolò negli occhi e chiedergli silenziosamente cosa stia facendo. Ma il ragazzo non si avvicina ulteriormente, rimane solo fermo e la guarda con fermezza.
«Come ti ho detto, io voglio solo aiutarti. Vero, ci conosciamo da poco, ma posso darti una mano a credere in te stessa, posso» sussurra lui non distogliendo neanche per un attimo lo sguardo dagli occhi turchini e meravigliati di Simona. La ragazza è confusa, non sa che rispondere perché non le era mai capitato che qualcuno volesse davvero aiutarla; per di più qualcuno che conosceva da poco. Si sente stordita, ma ha bisogno di capire perché tutto quel bisogno da parte di Niccolò di darle una mano.
«Niccolò io ti ringrazio, ma non voglio che tu mi prenda come un caso clinico, come una a cui dare la tua compassione» mette le cose in chiaro lei, deglutendo quando Niccolò le lascia la mano e la guarda con ancora più intensità negli occhi.
Scuote la testa e «Non ti ho presa come un caso clinico Simona, non pensarlo neanche per sogno. E non ti sto dando nessuna compassione perché non ne hai bisogno» spiega con serietà lui. Simona allora lo guarda supplichevole e «E allora perché tutto questo bisogno di darmi una mano? Ci conosciamo da nemmeno una settimana» chiede lei con un tono basso e speranzoso di una risposta. Si accorge di aver toccato un tasto dolente quando vede Niccolò inspirare di scatto e negli occhi marroni agitarsi un piccola tempesta. Niccolò si passa le mani tra i capelli scompigliati e poi sulla faccia.
«Che ne dici se continuiamo a passeggiare?» le domanda subito dopo, lanciando nuovamente il bastone per Spugna e avviandosi per il piccolo sentiero che conduce alla casa di Paolina Borghese, antica proprietaria della Villa nella quale stanno camminando. Simona annuisce in silenzio e vorrebbe tanto scusarsi per averlo messo in difficoltà con la sua domanda, ma ha davvero sogno di sapere sé quelle di Niccolò siano reali intenzioni di aiutarla - e quindi se veramente può contare su di lui, cosa che però Simona già sente di poter fare - o se Niccolò l'abbia presa come una sfida o come un gioco.
Senza però che posa aprire bocca per dire una qualsiasi cosa, è Niccolò che la spiazza con le sue parole.
«In terzo liceo venni bocciato e cambiai scuola ed ero arrabbiato con il mondo. Mia madre mi disse che se non avessi avuto tutti bei voti non mi avrebbe lasciato continuare le lezioni di pianoforte. Ero davvero furioso perché non sono mai stato un genio a scuola e per di più in quel periodo i miei discutevano spesso e stavano parlando addirittura di divorzio e quindi anche la situazione in casa non era delle migliori. Non potevo nemmeno sfogarmi con la musica perché mia madre aveva interrotto le lezioni di pianoforte e così ho iniziato a prendermela con gli altri. Non con tutti si intende, ma con i più deboli» - da un calcio ad un sassolino mentre riprende fiato per tornare a raccontare con tono mesto, «C'era una ragazza del primo anno che aveva problemi di alimentazione. Era molto sovrappeso e aveva pochi amici. Quella scuola era una scuola di bastardi e già ci pensavano i suoi viaggi di classe a farla sentire una merda per una cosa di cui lei non aveva colpa e invece mi aggiunsi anche io» - quelle parole vennero sussurrate da Niccolò tanto che Simona dovette sporgersi verso di lui per sentirle chiaramente e percepì una stretta allo stomaco, ma non disse nulla lasciando che Niccolò raccontasse, «Insomma feci amicizia con alcuni suoi compagni di classe e spesso la seguivamo fino a casa e le tiravano le uova alla finestra o a merenda le portavamo vaschette di gelato o di tiramisù per sfotterla e vedere se le avrebbe mangiate. E poi,» - Niccolò inspira e la voce si fa tremolante, «e poi la prendevamo costantemente in giro. Ero arrabbiato e mi sfogavo su di lei. Ero una merda Simò, mi faccio schifo da solo» confessa lui, portando una manica della felpa ad asciugare una lacrima sfuggita al controllo. Simona è basita, non riesce ad immaginare un Niccolò così cattivo. Il suo comportamento non è giustificabile perché nessuno deve essere trattato male per il proprio fisico. È da codardi prendersela con chi non è negli standard della società - standard di merda, aggiungerebbe Simona. L'unica cosa che Simona si sente di fare è poggiare una mano sulla spalla di Niccolò che riprende subito a parlare, «Un giorno come un altro andai a scuola pronto a sfotterla ancora, ma lei non si presentò. Passò una settimana intera e lei non si fece viva. Pensammo che avesse cambiato scuola fin quando per caso non sentii due sue compagne parlare sull'autobus e per poco non mi sentii male» - questa volta un singhiozzo involontario interrompere le sue parole e sia Simona che Niccolò si fermano. Simona lo guarda e non le sembra più di riconoscere quel Niccolò allegro e sempre con la battuta pronta, ma un Niccolò bambino, più piccolo tutto d'un tratto e terribilmente triste.
Niccolò alza di scatto la testa e punta lo sguardo negli occhi di Simona prima di «Aveva provato a suicidarsi, ma la madre l'aveva trovata prima che morisse dissanguata» - Simona perde un battito e sente le gambe tremare. Negli occhi di Niccolò c'è un tremendo senso di colpa e Simona non sa come reagire. Lui l'aveva aiutata, l'aveva fatta sorridere. Lei invece non sta facendo nulla. Così decide di fare la cosa che più le viene naturale, ciò che da tempo voleva fare: lo abbraccia. Si fionda su di lui e lo avvolge tra le braccia piccole, beandosi del profumo che Niccolò indossa. Sa di cocco e vaniglia ed è buonissimo. Niccolò non esita e avvolge a sua volta la vita di Simona tra le braccia, affondando la testa nell'incavo del suo collo. Restano così per un po', in silenzio. Anche Spugna sembra capire la situazione tanto che si siede accanto a loro e li guarda con la lingua di fuori, anche lui in silenzio.
Entrambi hanno bisogno di quell'abbraccio. Simona si sente bene, erano anni che nessuno l'avvolgeva così. I loro respiri vanno a sincrono e Niccolò la tiene stretta a sé passando una mano fra i capelli di lei.
«Non so se mi merito questo abbraccio» mormora contrito lui e Simona sospira. Per quello che ha fatto a quella ragazza forse no, ma Simona non è nessuno per giudicare. Tutti commettiamo peccati, nessuno è santo o privo di errori. L'unica cosa che possiamo fare è consolarci per le nostre sciagure.
Poi la voce di Niccolò riprende a parlare, ancora abbracciati.
«Quando lo venni a sapere mi feci dire l'ospedale, ma poi corsi a casa e rimasi chiuso in camera mia per tre giorni, fin quando non riuscivo più a vivere sapendo quello che avevo causato e corsi da lei. Le comprai dei fiori, dei ciclamini e glieli portai. Dei ciclamini capisci? Sono i fiori che si portano ai cimiteri. Lei mi fece anche una battuta: "Grazie dei fiori. Però mi dispiace per te che io non sia morta". Rimasi paralizzato davanti a quella frase. Da quel giorno l'andai a trovare sempre. All'inizio passavamo le ore in silenzio. Spesso lei scoppiava a piangere, aveva crisi di nervi e mi malediceva, mi cacciava, mi prendeva a parolacce ed io ero lì che in silenzio sentivo tutto, perché me lo meritavo. Poi col tempo la sua rabbia si attenuò fino a sparire. Mi disse che non si poteva essere arrabbiati per sempre e che si dove andare avanti. Mi aveva perdonato».
Confessate quelle parole Niccolò tira un sospiro di sollievo, premendo le labbra sulla spalla di Simona e godendo del silenzio della notte e dei loro respiri tranquilli. Simona è esterrefatta. Non sa che dire. Però percepisce come Niccolò ancora si colpevolizzi per tutto quello, nonostante si sia fatto perdonare ed abbai capito di aver sbagliato.
«Come si chiama la ragazza?» domanda solamente Simona, accarezzando la schiena di Niccolò.
Lui sospira e «Federica» risponde a bassa voce. Simona si irrigidisce e corruccia le sopracciglia mentre entrambi sciolgono l'abbraccio. Simona sente una leggera mancanza quando le braccia di Niccolò non l'avvolgono più perché la stavano tenendo al caldo ed era bello sentire di avere qualcuno su cui potersi poggiare senza dover portare tutto il peso dei propri problemi sulle sue spalle. Si guardano senza dirsi nulla, ma facendosi mille domande. A parlare però è Simona.
«Federica? Federica la tua ragazza?» domanda esterrefatta e confusa. Niccolò si limita ad annuire e a passarsi una mano tra i capelli. Simona non capisce. Quella ragazza ha un fisico da favola! Non se la immagina proprio sovrappeso. E se davvero lo è stata, perché invece di venire incontro a Simona l'ha derisa?
Niccolò sospira, «Lo so, ti chiederai come Federica possa essere così cinica nonostante abbaia passato tutto quello schifo. Non lo so nemmeno io. All'inizio era davvero dolce, soprattutto mentre aveva iniziato una dieta ferrea per dimagrire, nonostante io le avessi detto che doveva farlo per sé stessa e non per piacere agli altri. Negli ultimi anni però è cambiata. Se la prende con chi non ha un fisico asciutto, come se le ricordasse il suo periodo buio. Ed esagera davvero con la dieta; se sfora anche solo di qualche grammo impazzisce e si ammazza di allenamento, come per punirsi. Io e la sua famiglia abbiamo provato a convincerla ad andare da uno psicologo, anche solo per farsi una chiacchierata, ma lei l'ha preso come un insulto e ci ha mandato tutti a quel paese» confessa Niccolò con sguardo cupo e triste. Simona si tortura il labbro inferiore con i denti e fa un leggero sorriso amaro.
«È insicura, come me. Ha paura di ricadere dentro il baratro. La capisco. Quello che non capisco è perché sfottere chi sta come lei invece che farsi dare una mano» - forse le sue parole sono risultate un po' crude, pensa Simona, ma non saprebbe dirlo in altro modo. Niccolò batte un piede a terra per poi lanciarle uno sguardo furbo.
«Mi ricorda qualcun altro che non vuole farsi aiutare» - e Simona coglie perfettamente la frecciatina tanto che incrocia le braccia e lo guarda con severità.
«Siamo due persone diverse. Lei è la tua ragazza, è normale che tu debba aiutarla; io sono un'estranea che conosci da nemmeno una settimana. E poi se hai intenzione di starmi accanto solo perché vuoi sentirti meno in colpa per ciò che hai fatto tanti anni fa, sappi che non serve» - ma Niccolò scuote subito al testa e le poggia le mani sulle spalle, guardandola con sicurezza.
«Smettila di dire scemenze. Lo faccio perché, non so come dato che sei più fredda di un iceberg, mi sono inspiegabilmente affezionato a te e mi piacerebbe costruire un bel rapporto tra noi» afferma lui con gli occhi che brillano, poi «Rapporto di amicizia si intende» specifica con un sorrisino imbarazzato e Simona annuisce, «Mi sembrava chiaro, sei fidanzato» commenta lei, mordicchiandosi il labbro.
«Comunque grazie,» se ne esce poi guardandolo negli occhi e Niccolò le sorride con tenerezza, ma prima che posa parlare Simona lo precede.
«Ora però basta con queste smancerie. Piuttosto, hai finito di comporre la canzone che mi avevi fatto sentire la volta scorsa?» domanda accarezzando Spugna. A Niccolò luccicano gli occhi a quella domanda.
«Sì! E se domani vieni pranzo con me e Adrano te la faccio ascoltare!».
«Domani vado a pranzo con Marisa».
«E che problema c'è? Invita anche lei! Così facciamo
contento pure Adriano!» esclama furbescamente Niccolò rivolgendo un occhiolino a Simona. Quest'ultima ridacchia e «Allora non sono l'unica ad aver notato qualcosa tra quei due!» - e a quelle parole anche Niccolò si lascia andare ad una risata.
«Adriano è cotto, non so l'amica tua».
«È fidanzata da come mi ha detto lei».
«Aia! Vabbè, se lascerà prima o poi no?» domanda retoricamente Niccolò facendo finta di rifletterci su e Simona gli da una gomitata mentre «Sei proprio assurdo!» lo sbeffeggia ridacchiando.
Niccolò le fa una linguaccia e Simona alza gli occhi al cielo sempre col sorriso sulle labbra.
«Quindi, verreste?».
Simona ci riflette un attimo. In fin dei conti cosa ha da fare? E poi fare amicizia con Niccolò non è un'idea niente male. Così annuisce.
«Io sì. Domattina chiedo a Marisa e ti faccio sapere se c'è anche lei».
«Daje! Sto riuscendo a sciogliere il tuo cuoricino ghiacciato!» esulta Niccolò, come un bambino. Simona lo guarda storto.
«Ce ne vuole per farlo sciogliere».
«E che fretta c'è? Ne abbiamo di tempo!».
Uno sbadiglio coglie alla sprovvista Simona.
«Parlare con te mi fa venire sonno» borbotta lei grattandosi un braccio.
«È un complimento?» ridacchia Niccolò.
Simona fa spallucce e «Dipende. In questo caso si dato che sono le tre e mezza di notte e devo andare a dormire».
Niccolò annuisce, «Allora non c'è di che. Vuoi che ti accompagni?».
Simona nega con la testa mentre accarezza Spugna.
«Va bene, però mettiti il casco e vai piano» si premura di ricordarle Niccolò mentre si guarda intorno come se non volesse far vedere che si sta veramente preoccupando. Simona non può non lasciarsi sfuggire un sorriso.
«Non pensavo fossi così premuroso nei miei confronti» lo punzecchia.
«Io? Premuroso? Ma che te sei messa in testa? È solo che non voglio averti sulla coscienza» mente lui, guardandola sorta. Simona ride di cuore per la stupidaggine detta da Niccolò e «Fingerò di crederci» ribatte divertita.
«Comunque quello che hai fatto a Federica è stato da bastardi e forse saresti imperdonabile. Ma io credo che tutti meritiamo il perdono e se lei che ha subito tutto quello te lo ha concesso, smetti di sentirti in colpa e vai avanti» - queste sono le parole che Simona dice di getto mentre fissa dritto negli occhi Niccolò. Non aspetta una risposta, ma dallo sguardo pieno di gratitudine di Niccolò sa che ha detto la cosa giusta.
«Mi ci vorrà del tempo» confessa lui.
«Nessuno ha detto che sarà facile» ribatte lei e mentre si allontana sente da dietro «Sei la prima a cui ho raccontato questa storia!».
Simona si gira con un sorriso, «Allora siamo proprio amici! Ci confidiamo pure i segreti!» ci scherza su lei perché spesso l'ironia alleggerisce i problemi.
Niccolò sorride ampiamente e «Che ti avevo detto io il primo giorno che ci siamo visti?».
«Che per farsi assumere insultare il capo non è l'idea migliore?» risponde lei indietreggiando e sentendo la risata di Niccolò riecheggiare nell'aria.
«Anche!» ride lui, «Ma ti avevo detto pure che saremmo diventati grandi amici!» risponde lui a gran voce, accompagnato dall'abbaiare di Spugna che vorrebbe seguire Simona.
«Allora buonanotte amico!» ridacchia lei e poi scuote la testa prima di raggiungere l'uscita della Villa. Sale in sella al motorino e fa la strada del ritorno con lo stesso sorriso che l'aveva accompagnata all'andata. Il sonno è tornato e non vede l'ora di coricarsi. Un pensiero fugace le passa per la mente, ma Simona lo scaccia subito: le sarebbe bastata una semplice amicizia con Niccolò o col tempo avrebbe desiderato qualcosa di più?
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D'improvviso...//Ultimo.
Fanfiction-STORIA COMPLETATA!- TRAMA: Il 22 maggio suo padre era finito in carcere per complicità e fornitura d'armi in tre rapine. Il 22 aprile dell'anno precedente aveva chiuso i rapporti, già tremolanti, con sua madre. Il 22 giugno aveva fatto la maturità...