Capitolo 35

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35. Come stai amò?

"Come stai amò?" Se in questo periodo avessi dovuto parlare di una costante nella mia vita avrei raccontato del buongiorno di Niccolò tramutato in un come stai, due parole, otto lettere ed un mare di bugie, quella era la domanda che aveva la risposta più difficile al mondo, lo stare bene era un concetto che, secondo il mio punto di vista, era fin troppo astratto per poter essere delineato, lo stare bene equivaleva alla normalità, riuscirsi ad alzare dal letto, fare colazione, studiare e aiutare Niccolò e, se avessi dovuto analizzare quella situazione io stavo bene, ogni giorno vivevo la mia solita routine.
Se, però, avessi dovuto parlare devo stato d'animo sotto il profilo psicologico avrei potuto dire di stare con il morale a terra, per colpa mia il mio bambino non sarebbe mai potuto nascere. E, nonostante, tutti mi dicessero che non dipendesse da me ciò che stava succedendo, mi sentivo ugualmente in colpava mi sentivo inadeguata. Nemmeno mio figlio era venuto al mondo, e, purtroppo mai lo avrebbe fatto, già mi sentivo una pessima madre.

"Che ti devo risponde Nì?" Non sapevo davvero cosa dirgli, la verità faceva sempre bene, ma da quando avevo scoperto questa gravidanza, fino ad oggi, avevo avuto la stessa espressione, un'espressione rassegnata, ma combattiva, perché in fondo, fino alla fine ci speravo, speravo di sentirmi dire, dalla ginecologa, che il referto era sbagliato, ma nonostante la speranza fosse l'ultima a morire, questa mi aveva abbandonata, forse aveva capito fosse una causa persa e quindi mi aveva abbandonata anche lei.

"Dimmi quello che ti passa per la testa." Niccolò era un perfetto analista, aveva l'occhio attento e soprattutto non mi lasciava mai, nemmeno per un secondo, sapevo fosse in grado di ascoltare, comprendere le persone ed entrare in empatia con loro

"Fisicamente sto bene, il bimbo non mi dà alcun fastidio." Non avevo nausee, non avevo nemmeno tante voglie, a volte desideravo un bella pizza al piatto, da buona napoletana qual ero, ma nulla di più, era come se non fosse incinta, non ero una di quelle madri che sentiva il bisogno di mangiare a tutte le ore, di mangiare qualcosa in particolare.

"Potrebbe essere una femminuccia, perché pensi sia un maschietto?" Niccolò da sempre aveva sperato in una femminuccia. Se mi fossi trovata in una situazione diversa sicuramente avrei sperato fosse in salute senza pensare al sesso. Mi sarebbe piaciuto avere sia un maschietto sia una femminuccia, la femminuccia sarebbe diventata la cocca del papà, anche se avrei provato in tutti i modi a farla crescere il meno viziata possibile, il maschietto il cocco della mamma, avrei iniziato a vestirlo sicuramente nei modi più particolari possibili, l'abbigliamento maschile da bimbo mi aveva da sempre fatto impazzire.

"Una cosa del genere una mamma se la sente, ma posso sentirmi qualsiasi cosa, non si avvererà mai il mio desiderio."

"Vieni qua, diventeremo genitori Gioia, te lo prometto, quando sarà il momento giusto avverrà. Non ti prometto mai nulla, ma questa promessa, qui, adesso te la faccio, in futuro avremo un bambino tutto nostro, anzi più di uno, ed una sarà sicuramente la principessa di papà che non vedrà un ragazzo nemmeno dopo i ventun anni, lui sarà sempre con noi, questa esperienza ci segnerà, ma ci farà maturare e ci farà essere più forti." Essere forti era quello che mi stava insegnando questa gravidanza, nonostante il mio umore non era dei migliori, vedevo sempre tutto nero, stavo provando a farmi forza ad essere quella che ero sempre stata, quella persona combattiva che non si fermava davanti a nulla quella che alla realtà, nonostante mi sbattesse in faccia, le tiravo un pugno e si rialzava più forte. E lo avrei fatto, per me per Niccolò, per i miei amici e per il mio bambino, mi sarei dovuta rialzare senza se e senza ma.

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