Capitolo 5

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5. Vigilia di Natale

La Vigilia di Natale, fino ai miei quindici anni era stata una festa sempre allegra, andavamo a casa di nonna con minimo quindici parenti ed una tavola imbandita che era talmente piena da fare invidia a chiunque, aspettavamo Mezzanotte con ansia e...

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La Vigilia di Natale, fino ai miei quindici anni era stata una festa sempre allegra, andavamo a casa di nonna con minimo quindici parenti ed una tavola imbandita che era talmente piena da fare invidia a chiunque, aspettavamo Mezzanotte con ansia e posizionavamo il bambinello al centro della sua culletta che rimaneva spoglia dall'otto dicembre fino al ventiquattro.

Poi, però, la notizia della malattia di mamma aveva scombussolato tutto e tutti, papà era andato via di casa, mamma non era più con noi ed io non sapevo dove fosse. La nostra famiglia si era sgretolata, l'allegria era stata sostituita dalla sofferenza e il Natale era diventato un giorno come gli altri, l'unica tradizione che rispettavamo era quella dei regali, solo perchè in famiglia c'erano bambini piccoli che ancora credevano in Babbo Natale e non volevamo rovinare l'infanzia ai miei cuginetti piccoli.

Quest'anno, fortunatamente, avrei potuto passare il Natale in famiglia, anche se la famiglia non era proprio la mia, una famiglia acquisita, che era stata in grado di accogliermi e di volermi bene senza neanche conoscermi. Ero grata ad Anna e Sandro per ciò che avevano fatto per me, avevano sempre cercato di non farmi sentire la mancanza di normalità nella mia vita, mi avevano fatta sentire voluta bene ed accettata, tanto da voler la mia presenza per il cenone della giornata del 24 a casa loro. Anna mi aveva proposto di stare con loro anche a Natale, ma dato che avrei potuto passare la giornata con mia madre non avevo potuto accettare. Sognavo di stare con lei a Natale da cinque anni e finalmente ci ero riuscita.

"Ciao Gioia entrate!" Anna ci accolse con un sorriso a trentadue denti e mi strinse forte in un abbraccio, aveva ancora il grembiule addosso, segno che stava ancora cucinando, le mamme il giorno della vigilia non si smentivano mai, sveglia alle sei, anche se qualcuno la imposta un po' prima, indossano un grembiule e non lo tolgono fino al giorno successivo. Il grembiule mi aveva sempre fatto sentire aria di festa, se nonna e mamma lo indossavano, stava a significare che avrebbero dovuto preparare per un esercito e quindi che ci saremmo alzati da tavola solo la sera per andare a dormire e lo avremmo fatto rotolando.

"Ciao mamma, sì sto bene, voi come state?" Niccolò sembrava offeso dall'indifferenza di sua madre, aveva salutato calorosamente me e non lui, ma d'altronde, avevamo stretto un forte legame, anche da prima che capissi di essere innamorata di suo figlio.

"Mamma come sei permaloso figlio mio, stai bene vero? No perchè il dottore oggi non risponde è la Vigilia per tutti." Anna lo prendeva sempre in giro per la sua ipocondria, era capace di chiamare il medico anche alle tre di notte; se, in questo periodo, non lo avessi fermato io cercando di fargli capire che le sue malattie fossero infondate, lo avrebbe fatto minimo quattro volte. Ogni volta che sentiva anche un minimo dolore si agitava e si misurava la pressione, ovviamente, risultava alta, ma non sarebbe potuto essere altrimenti dato che era molto agitato. Questo Niccolò, però, si rifiutava sempre di capirlo, dovevo ogni volta rispiegarglielo e, a volte, quando era fin troppo preso dal panico mi urlava contro dicendomi che non fossi un medico. Io, ovviamente, dati i suoi toni poco garbati mi alzavo e me ne andavo e lui, dopo nemmeno cinque minuti veniva vicino a me a chiedermi scusa. Ero molto testarda, ci scontravamo sempre, non riuscivamo mai a lasciare correre, ma la sua faccia da cucciolo bastonato mi faceva sciogliere e quindi, la maggior parte delle volte, cedevo, anche perchè le nostre discussioni non erano poi così importanti.

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