Capitolo 13

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13. Non capisco come sia possibile

Avevo parlato con Giuseppe, dovevamo assolutamente risolvere questo malinteso, avevo saputo che aveva parlato con Martina e si erano messi d'accordo, non sapevo come avessero potuto organizzare il tutto in nemmeno mezza giornata, ma ne ero felice,...

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Avevo parlato con Giuseppe, dovevamo assolutamente risolvere questo malinteso, avevo saputo che aveva parlato con Martina e si erano messi d'accordo, non sapevo come avessero potuto organizzare il tutto in nemmeno mezza giornata, ma ne ero felice, vedere che c'erano persone che mi volevano bene non mi faceva che stare in pace con me stesso. Gioia non era al corrente della nostra alleanza, ero davvero convinto che con me non ci volesse parlare, tanto che avevo fatto passare una settimana dalla sera del mio compleanno per farla sbollire. Quella serata era stata pessima, Gioia mi aveva sì mandato gli auguri, ma era stata molto fredda. Il suo messaggio, Tanti auguri Nic, mi aveva lasciato senza parole, sapevo benissimo fosse arrabbiata con me, non voleva parlarmi, ma speravo davvero potessi ricevere degli auguri migliori da parte sua, ma alla fine dovevo pur aspettarmela una reazione del genere.

Stiamo arrivando quello fu il messaggio che mi arrivò da parte di Giuseppe. Il migliore amico della mia ragazza, se ancora tale poteva essere definita, le era stato vicino in questi giorni, sapeva bene la situazione, ma aveva preferito aspettare che Gioia lo venisse a sapere da me. Ero rientrato nel mio appartamento mentre Gioia era in università. Fortunatamente era riuscita a dare due dei quattro esami del primo semestre del secondo anno prima che litigassimo, stranamente avevano concluso i corsi prima e avevano anticipato anche l'inizio della sessione invernale. Conoscevo bene i suoi piani, provava sempre a fare due esami al primo appello della sessione e due al secondo, così da non doversi caricare, fortunatamente, fino a quel momento tutto era riuscito ad andare secondo i piani ed ero felice per lei, se avesse continuato così sarebbe riuscita a prendere la laurea in tempo, ero davvero fiero di lei. Gli ultimi due esami della sessione li avrebbe dovuti dare uno a metà febbraio e uno a fine febbraio, speravo davvero che questa discussione tra di noi non avesse sfalsato i suoi piani. Anche per non distrarla ci tenevo a chiarire, ma come prima cosa perché mi mancava da morire.

Ero entrato nella sua camera, perché se mi avesse visto in soggiorno avrebbe dato di matto e sarebbe uscita ancor prima di permettermi di parlare. Giuseppe l'avrebbe portata a casa e l'avrebbe conseguentemente costretta a parlare con me. Sapevo che se mi fossi nascosto nella mia camera non mi avrebbe mai trovato, invece, la prima tappa che faceva, ogni volta che tornava dall'università, era quella di andare in camera e di posare lo zaino. Conoscevo a memoria tutti i suoi spostamenti, la osservavo da prima che ci mettessimo insieme e avevo potuto conoscere bene tutte le sue espressioni facciali.

Sentii la porta della serratura scattare e mi immobilizzai sul posto, non potevo far rumore, altrimenti mi avrebbe scoperto. Sentii dopo una settimana la sua risata, mi era mancata da morire, Giuseppe era quella persona che riusciva a farla stare bene e, se non mi avesse aiutato nel mio piano, avrei continuato ad essere dubbioso nei suoi confronti. Erano tanto affiatati che sembravano fidanzati, ma poi imparando a conoscere meglio il loro rapporto avevo capito che erano come dei fratelli, non di sangue ma per scelta.

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