Capitolo 18

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Quella mattina Izie rimase nelle cucine, aspettando che la sua famiglia finisse di far colazione. Quando ritenne che fosse il momento giusto, entrò nella grande sala da pranzo e si diresse verso di loro.
"Buongiorno cara, non fai colazione oggi?" le chiese sua suocera.
Guardò suo marito, che evitava accuratamente il suo sguardo. Doveva essere ancora seccato per la notte prima. Invece suo nonno leggeva tranquillamente il giornale.
"No... Avrei bisogno di parlarvi di una cosa..."
Ronald sollevò il viso verso di lei "Cosa?"
Izie abbassò lo sguardo nervosamente.
"Non qui. Meglio che ci spostiamo in salotto. Staremo più comodi"
Questa volta aveva catturato l'attenzione di suo marito.
"Dovremmo lavorare tra poco. Non possiamo rimandare a stasera?" chiese Ronald.
"Si, così potrai fare colazione con calma" aggiunse lady Dorothea.
"No... È il momento di condividere qualcosa di importante con voi... Qualcosa che vi ho tenuto nascosto. Voglio parlarvene adesso, prima che mi manchi il coraggio"
Antony si alzò per primo, prima la guardò serio e poi si rivolse agli altri "Andiamo di là"
Arrivati nell'altra stanza Ronald e Dorothea si sedettero su un divanetto, ed Antony rimase in piedi appoggiato al camino.
Anche Lucía e Pierre entrarono nella stanza e si misero in disparte.
Izie li guardava per farsi infondere di coraggio di parlare, nel frattempo si torturava le mani.
"È il momento, querida" la incoraggiò Lucía.
'Forza... Ce la puoi fare' pensò Izie.
"Cosa vuoi dirci, cara?" chiese Dorothea.
Izie fece un respiro lungo.
"Tutto questo tempo vi ho tenuto delle cose nascoste, delle cose importanti. Non l'ho fatto per cattiveria... ho avuto paura... paura di essere giudicata... paura di sentire dire la vostra opinione... paura di perdere le ultime persone accanto a me... ma questo dolore è troppo forte da portarlo da sola. Ho bisogno di esternarlo a qualcuno"
"Non potremmo mai giudicarti, figlia mia" la consoló Ronald.
"Prima di dirlo vorrei che ascoltaste cosa ho da dirvi. Possibilmente senza interrompermi. Ho paura che potrebbe mancarmi il coraggio ad un certo punto..."
Dorothea e Ronald si guardarono preoccupati. Antony non proferiva parola e la guardava concentrato. La sua espressione non faceva trasparire sentimenti.
Izie sospirò nuovamente pronta per iniziare.
"Sposare lord Halley era sembrato a mia madre il male minore per risollevare la nostra situazione finanziaria. E io, alla fine, avevo accettato quel matrimonio. Anzi, posso dire che inizialmente quell'uomo mi era stato quasi simpatico. I problemi iniziarono a sorgere qualche mese dopo. Come ben sapete, aveva il vizio del gioco. Quasi ogni notte era fuori a giocare non solo i suoi ma anche i nostri soldi. Tornava sempre ubriaco. Ben presto le cose peggiorarono. Cominciò a diventare violento... Molto violento. Molte serve subivano le sue angherie. Io e mia madre non sapevamo come comportarci. Quando tentavamo di ribellarci lui non faceva altro che minacciarci... in certi casi anche con armi.
Questo è uno dei motivi per cui mamma ha deciso di limitare la nostra vita di società. Ed è anche per questo che ha deciso di allontanarsi anche da voi, nonno"
Ronald annuì tristemente "Non posso crederci. Non avevamo capito niente..."
Izie continuò "Poi io scoprì qualcosa che mia madre teneva nascosto anche a me. Una sera, mentre lei stava facendo il bagno andai nella sua stanza e vidi il suo corpo ricoperto di lividi. Fu allora che mi confessò che quel mostro non solo picchiava i nostri servi ma abusava di mia madre ogni notte dalla prima notte di nozze. Il suo intento era quello di avere un bambino per poter mandare avanti la casata. Siccome mia madre non riusciva a rimanere incinta, cominciò a picchiarla ogni sera, dopo... averla violentata"
"Cosa?" Sbottò Ronald con rabbia.
"Oh mio Dio!" Esclamò Dorothea portandosi le mani davanti alla bocca.
Izie abbassò lo sguardo "Lo so... Avrei dovuto fare qualcosa a quel punto. Denunciarlo o parlare con te, nonno. Dovevo fare in modo che quell'uomo uscisse dalle nostre vite. Ma mamma non volle sentire ragioni.
Diceva che preferiva subire quelle angherie piuttosto che coinvolgerci in uno scandalo che avrebbe coinvolto me e mi avrebbe tolto ogni possibilità di far parte della società... Ma se potessi tornare indietro... Avrei preferito fare di testa mia e mandarlo in galera..."
Una lacrima solitaria scese dalla guancia di Izie. Sì vergognava così profondamente di raccontare quei fatti.
Antony si mosse e si avvicinò a lei, mettendole un braccio sulle spalle.
"Continua" la incoraggiò.
Izie respiró profondamente di nuovo e ricominciò il racconto.
"Gli ultimi tempi le cose iniziarono a peggiorare. Aveva abusato di tutte le serve della casa e aveva picchiato praticamente tutti qui dentro. Solo io sembravo immune e spesso mi ero chiesta il perché... poi cominciò ad avere un certo interesse per me. All'inizio niente di che. Si limitava a guardarmi, spesso mi seguiva o cercava un qualsiasi contatto fisico. Ma io evitavo di stare sola con lui e non ha mai fatto niente di sconveniente... Fino a quella notte"
Izie chiuse gli occhi ricacciando indietro le lacrime. Aveva bisogno di tempo per raccontare ciò che era successo. Dopo un po' riprese.
"Ricordo che ero andata a letto presto. Faceva freddo. Era pieno inverno e fuori diluviava. Mi svegliai sentendo un peso enorme addosso. Era il peso di una persona. Una puzza di alcol mi investì. Una mano mi tappò la bocca.
Sopra di me trovai lord Halley ubriaco fradicio. Cercava di strapparmi la camicia da notte. Quando tentai di liberarmi mi puntò un coltello alla pancia e mi disse 'Prova a gridare e ti squarto come un animale'. Non volevo essere toccata da lui, non mi importava di morire, così urlai con tutte le forze che avevo in corpo e lui affondò il coltello sul mio fianco. Ricordo un dolore immenso. Mi preparai a morire sotto le sue grinfie.
Ma, poco dopo, vidi che qualcuno aveva colpito in testa lord Halley con un attizzatoio e lui era caduto dolorante sul letto. Alzai lo sguardo ed era mia madre. Gettò l'attizzatoio a terra e mi incoraggiò a scappare.
Purtroppo lui si stava rialzando, pronto per inseguirci.
Mia madre mi portò nella sua stanza, e mi nascoste dentro al suo armadio. Poi mi prese il viso tra le mani, mi disse 'Ti voglio bene' e mi chiuse a chiave"
Ormai le lacrime di Izie scorrevano libere sul suo volto.
"Non potevo immaginare che quelle sarebbero state le sue ultime parole. Arrivò lord Halley: era furioso. Con l'attizzatoio che aveva in mano si avvicinò a mia madre e la colpì... Dopo probabilmente svenni perché non ricordo più niente"
Ronald si prese la testa tra le mani "La mia bambina..."
Izie abbassò lo sguardo sentendosi colpevole.
Intervenne Lucía prendendo la mano di Izie tra le sue "L'indomani andai nelle stanze della mia padrona e la trovai senza vita a terra, immersa in una pozza di sangre. Trovai lady Izie dentro l'armadio, anche lei quasi morta dissanguata. Non ho mai visto nada di più brutto en mi vida. Lord Halley era sparito con tutte le sue cose. Noi abbiamo llamado un dottore per salvare almeno la padroncina. Per giorni ha vissuto in bilico tra la vita e la morte con una febbre muy alta. Por eso no era presente al funerale della madre"
"E noi ci siamo arrabbiati con te perché non eri presente..." si rabbuiò Ronald passandosi una mano davanti al viso.
Pierre si avvicinò "Non potevamo permettere che lo scandalo cadesse su questa famiglia. Noi volevamo bene ai nostri padroni. Così fecimo credere a tutti che la padrona era morta di crepacuore e che lady Izie si trovava a letto, non per una ferita da taglio, bensì a causa del dolore per la morte della madre"
Izie continuava a tenere la testa bassa, non riusciva più a parlare.
Dorothea si asciugava le lacrime col suo fazzoletto "È... orribile"
Robert fece segno a sua nipote di avvicinarsi. Izie si sedette sul bracciolo del divano accanto al nonno. Lui l'abbracciò e le disse "Piccola mia, hai tenuto tutto questo fardello dentro finora? Per di più da sola? Perché lo hai fatto? Perché non dirci niente?"
"Dirvi cosa? Che la morte della mamma era solamente colpa mia?"
"No, figliola. Cosa dici?" Obiettò Dorothea mettendole una mano sulla sua.
"È così... Sono stata una vigliacca... Se mi fossi comportata diversamente mamma sarebbe qui... Non merito il tuo perdono, nonno... E capirò se da ora in poi tutti voi mi odierete..."
Ronald le prese il viso tra le mani
"Perdonarti di cosa? Tu sei sangue del mio sangue... Non hai sbagliato niente, Izie. Anzi, hai rischiato anche tu la vita, sei viva per miracolo. Io ringrazio Dio di avere almeno te nella mia vita. Adesso devi essere tu a perdonare te stessa"
Izie scoppiò a piangere e abbracciò suo nonno.
Lucía portò la torta che aveva fatto quella mattina dicendo "Il boccone amaro va condiviso con le persone che ti amano"
Antony continuava a rimanere in silenzio, vicino al camino. Lo sguardo era una lastra di ghiaccio. Si rivolse a Pierre "Voglio che mandi a chiamare il comandante Gilligan. Ho bisogno di parlare con lui nel mio studio il prima possibile"
Izie a quel punto lo guardò preoccupata. Non le piaceva vederlo così freddo "Non c'è bisogno fare indagini per..."
"Ti aspetti che resti con le mani in mano? Quell'essere la deve pagare. So io come comportarmi"
Detto questo si voltò e lasciò il salotto.
Izie abbassò il viso tristemente. Sua suocera le strinse la mano "Ha bisogno di sbollire un po' di rabbia. Dagli tempo"
Izie annuì. Avrebbe preferito che fosse lì accanto a lei. Aveva voluto per così tanto tempo sapere cosa le fosse successo, e adesso che aveva raccontato tutto lui la lasciava sola?
Neanche per pranzo Antony si fece vedere. Izie era molto preoccupata per l'assenza di suo marito. Non pensava che avrebbe reagito così. Iniziò a pensare di aver sbagliato a raccontargli tutto.
Dorothea, avvertendo la sua tristezza, le consigliò "Perché non porti un caffè a quel testardo di mio figlio? Se lo conosco ne ha voglia sicuramente"
"Pensate sia una buona idea?"
Dorothea annuì decisa "Decisamente si"
Izie si fece coraggio e portò un piccolo vassoio con due tazzine di caffè nello studio di suo marito.
Appena entrò trovò Antony chino su delle carte sparse sulla scrivania.
"Ho pensato di prendere il caffè con te"
Antony annuì ancora serio in volto.
Izie gli passò il caffè e poi prese il suo.
Sorseggiarono per un po' di tempo in completo silenzio.
"Hai trovato il comandante alla fine?"
"Sì, Gilligan è un vecchio amico. È passato stamattina. Svolgerà delle indagini con la massima riservatezza. Dobbiamo capire dove si trova quel bastardo"
Izie posò la tazzina sul vassoio
"Mi dispiace non avertene parlato prima..."
"Infatti, hai fatto male!"
Izie ammutolì. Non le aveva mai riservato quella freddezza. Aveva insistito tanto per far sì che si aprisse a lui e ora la trattava così? Seccata, si alzò dalla sedia.
"Lo so che ho sbagliato. Ma se avessi saputo che avresti reagito così, non te lo avrei detto"
"Cosa ti aspetti? Che io sia contento?"
"No, ma non puoi neanche trattarmi come se fossi un'estranea"
Antony borbottò qualcosa e si mise, stancamente, le mani sulla faccia.
Izie si avvicinò alla sua poltrona e gli mise una mano tra i capelli
"Ormai quel che è stato è stato. Non possiamo farci niente né io né te. Però adesso sono qui. E puoi dire finalmente che sai veramente tutto di me"
Izie avvicinò il viso a quello di Antony e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Lui le catturò tra le sue e le restituì il bacio.
Dopo un po' il bacio si fece rovente e Izie iniziò a gemere dal piacere. Antony la prese tra le braccia e la fece stendere sulla scrivania salendole sopra.
"Sei mia" le sussurrava sulle labbra.
Poi prese a baciarla lungo il collo fino ad arrivare alla sua scollatura.
"Solo io posso toccarti"
"Oh sì" gemeva Izie fuori controllo "Continua, ti prego"
Le carezze si fecero più audaci e le sue mani si insinuarono sotto le sue gonne verso le cosce. Quando Izie sentì le sue dita sulla pelle si irrigidì.
Antony ebbe un dejavù della notte passata. Anche allora si era ritirata quando l'aveva toccata più intimamente.
Il dubbio gli sorse "Ti ha toccato qui?"
Izie chiuse gli occhi e voltò il viso provando vergogna.
"Sì" gli confermò.
Antony si alzò da lei e, sempre più fumante di rabbia, lasciò lo studio sbattendo la porta.
Izie si alzò dalla scrivania sistemandosi il vestito. Si accorse di piangere solo quando vide le lacrime arrivare sulla sua gonna.
'Ora non l'avrebbe voluta più?' si chiede.

Il mio destino sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora