Il giorno dopo
Macarena era tornata a casa la sera prima stringendo tra le mani quel foglietto di carta che per lei rappresentava un barlume di speranza nonostante le parole che vi erano scritte sopra. Al suo rientro si era lasciata andare sfinita sul divano in salotto e nel silenzio della casa aveva iniziato a pensare ad un modo per convincere Zulema che tutto sarebbe andato bene se solo le avesse dato la possibilità di dimostrarle che valeva la pena tentare.
All'inizio aveva pensato di scriverle una lettera. Ormai conosceva l'indirizzo e non sarebbe stato difficile recapitargliela. Poi, però, ci ripensò.
Chi cazzo scriveva ancora lettere nel ventunesimo secolo?
Accantonò quell'idea e decise che l'avrebbe fatto di persona. Avrebbe preso coraggio e si sarebbe presentata alla sua porta. L'avrebbe anche buttata giù se necessario.
Ok, forse non l'avrebbe davvero buttata giù, ma quello era il senso. Era disposta a tutto pur di ottenere ciò che desiderava.
Si addormentò in una posizione scomodissima e per tutta la notte sognò due grandi occhi dorati che diventavano verdi a mano a mano che si avvicinavano a lei. Non seppe spiegarsi per quale motivo ma provò una certa paura, come se quegli occhi potessero ucciderla in qualche modo.
Quando si svegliò il mattino seguente - alle 7 in punto nonostante fosse domenica - Macarena già non ricordava più il sogno fatto la notte precedente. Le era rimasta solo una strana sensazione d'inquietudine e niente di più. Sensazione che venne presto sostituita dall'eccitazione di poter finalmente mettere in atto il suo piano per rivedere la mora.
Si infilò nel bagno e si fece una doccia veloce. Poi uscì, si passò un filo di crema sul viso prima di passare al resto del corpo. Finito quel rituale personale si avviò verso la camera da letto coperta solo di un asciugamano bianco. Rovistò nell'armadio in cerca di qualcosa da mettersi. Ogni indumento le sembrava sbagliato. O troppo sciatto, o troppo seducente.
La sua ricerca si concluse quando i suoi occhi si posarono su un vecchio vestito a fiori lungo fino ai piedi di sua madre. L'aveva preso dopo l'incidente perché gliela ricordava, perché ancora riusciva a sentirne il profumo. Per un attimo pensò fosse sbagliato indossare quell'abito così "personale" per andare a trovare una sconosciuta che nemmeno era certa che avrebbe accettato di vederla, eppure il profumo della madre era ciò di cui aveva bisogno per darsi coraggio. Così lo indossò sopra ad una dolcevita bianca. Ai piedi un paio di stivaletti neri bassi.
Si truccò appena. Poi prese la giacca di pelle, il berretto, la borsa e le chiavi di casa.
Uscì senza nemmeno fare colazione e quando se ne rese conto perché il suo stomaco aveva iniziato a brontolare, ormai era troppo tardi. Si trovava già seduta in metropolitana distratta dal rumore cadenzato delle rotaie.
Squillò il telefono un paio di volte. Era Estefanía.
Lo spense perché non aveva bisogno di altre distrazioni al momento.
Quando la voce metallica della metro annunciò la sua fermata, quasi inciampò nel tentativo di raggiungere l'uscita il più in fretta possibile.
Cinque minuti più tardi si trovava in piedi di fronte alla porta d'ingresso dell'appartamento di Zulema. Esitò all'inizio e il suo dito indice indugiò un po' più del dovuto sopra al pulsante del campanello, ma poi fece un respiro profondo e lo schiacciò.
Sentì il rumore del campanello risuonare dentro casa.
Passò un minuto circa.
Nessuna risposta.
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God is a woman (zurena)
FanfictionZulema è una divinità (letteralmente), Maca una semplice umana. Sembrano così diverse eppure sono perfette l'una per l'altra. Tuttavia, niente è davvero come sembra.