Ventiduesimo capitolo

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Quel giorno Zulema non tornò a casa e nemmeno quello successivo. Tornare al suo appartamento significava tornare nell'unico posto in cui si era sentita amata e felice accanto a Macarena e i ricordi facevano troppo male.

Era rimasta per trenta interminabili minuti sdraiata accanto al corpo senza vita della sua biondina e no, non aveva pianto. Nemmeno una lacrima. Piangere era come ammettere che se n'era andata per davvero e lei questo non era pronta per farlo.

Macarena giaceva pallida sull'asfalto freddo, aveva il volto stranamente rilassato, quasi se ne fosse andata in pace, e i capelli biondi le coprivano un lato del volto. La dea ci passò una mano sopra lisciandoli in una carezza quasi disperata. Una parte di lei sperava che fosse solo un brutto sogno e che Macarena si sarebbe risvegliata da un momento all'altro. Ma non lo fece.

Era morta davvero e non c'era nulla che lei potesse fare per cambiare le cose. Non si potevano riportare le lancette indietro. Non si poteva riparare l'irreparabile.

Quando si alzò da quella posizione le facevano male le gambe, ma più di ogni altra cosa il cuore. Niente le provocava più dolore del suo stesso cuore che avrebbe tanto voluto strapparsi dal petto per donarlo a Maca se fosse servito a riportarla in vita. Ma non era così che funzionava.

I morti restano morti.

L'aveva urlato alla biondina proprio durante il loro litigio quando Maca le aveva confessato di aver fatto tutto ciò che aveva fatto solo per riportare i suoi genitori in vita. Quante avrebbe voluto sbagliarsi. Quanto avrebbe voluto sovvertire le leggi della natura, dell'interno universo, solo per riaverla indietro.

Ma non era possibile.

Gettò un ultimo sguardo alla donna stesa ai suoi piedi. Il cuore le diceva di restare, ma sapeva di non poterlo fare. Se l'avessero trovata - ed era già strano che ancora non fosse successo - accanto al cadavere di Macarena quasi sicuramente l'avrebbero arrestata e probabilmente non l'avrebbero trattenuta, non c'erano prove evidenti sul fisico della biondina che lasciassero intuire un'aggressione, ma non poteva rischiare.

Così si mise in disparte e fece una chiamata anonima prima di sparire senza voltarsi indietro perché se l'avesse fatto non sarebbe riuscita ad andarsene.

La polizia e l'ambulanza arrivarono sul luogo dieci minuti più tardi. Non c'era già più niente da fare per Macarena. Frugarono nelle sue tasche in cerca dei documenti per il riconoscimento e accanto alla carta d'identità sulla quale si leggeva a chiare lettere "Macarena Ferreiro, nata a Malaga il 15 aprile 1989", trovarono un pacchetto di sigarette, un elastico per capelli e un biglietto con una frase scritta con una bella calligrafia: Finché non ho incontrato te.

Gettarono tutto in una busta di plastica prima di portare via il corpo. Scoprirono presto che la biondina non aveva partenti se non un fratello che abitava nella loro città natale, il quale venne chiamato e si precipitò sul posto dopo aver preso il primo treno per Madrid.

La cerimonia funebre fu alquanto penosa. Macarena venne sepolta nel cimitero locale con solo il fratello, la cognata e la sua migliore amica a vegliare su di lei.

Da lontano, Zulema aveva assistito alla scena arrabbiata con sé stessa, con il mondo e con chiunque avesse deciso che l'amore dovesse far parte dei sentimenti degli uomini.

Se Macarena non l'avesse amata, sarebbe stata ancora viva. L'amore l'aveva uccisa ed era questo che la dea non riusciva a sopportare.

Quando anche l'ultimo mucchietto di terra coprì la bara definitivamente, la dea lasciò che una lacrime sfuggisse al suo controllo e la sentì scivolare sul tatuaggio dipinto sotto al suo occhio.

God is a woman (zurena)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora