Diciassettesimo capitolo

433 44 14
                                    

Dal suo ritorno a Madrid, Macarena aveva fatto avanti e indietro dal suo appartamento a quello di Zulema per un'intera settimana. Di fatto aveva deciso di trasferirsi da lei, ma molte cose di cui aveva bisogno si trovavano ancora a casa sua. Per questo motivo molto spesso, aveva lasciato Zulema sola per qualche ora in modo tale da avere il tempo di preparare alcuni scatoloni e le valige con i vestiti.

Quelle ore di solitudine avevano permesso alla dea di nutrirsi senza destare sospetti. Per quanto desiderasse avere Maca al suo fianco per tutto il tempo, ancora non si sentiva pronta a rivelarle tutta la verità sulla sua vera natura. Era sicura dell'amore reciproco che c'era tra di loro, ma non poteva avere la totale certezza che la biondina non l'avrebbe lasciata una volta saputa la sua storia.

Le aveva raccontato di Mireya, sì, ma quello era niente in confronto a ciò che le stava nascondendo da mesi. Non avrebbe potuto biasimarla qualora avesse deciso di allontanarsi da lei per sempre.

"Ehi, Zule, sono tornata!"

Sentì la voce della biondina provenire dalla porta d'ingresso. Aveva iniziato a chiamarla Zule negli ultimi giorni e nonostante la dea stesse ancora cercando di abituarsi a quel soprannome, doveva ammettere che adorava il modo in cui Maca lo pronunciava. Era come una carezza, un modo per dirle "ora stiamo insieme per davvero, non servono altre formalità".

Corse alla porta per aiutare Macarena a portare dentro casa gli scatoloni. Quando la vide le venne da ridere. Aveva i capelli spettinati, le guance rosse e il fiatone per la fatica di aver portato due scatoloni pesanti e uno zaino su per tre rampe di scale.

"Vieni qui, invece di ridere di me!", disse la biondina con un tono quasi di rimprovero.

Zulema rimase a guardarla ancora per un attimo. Macarena era così bella, anche ora, anche in quello stato. Bella come la prima volta che aveva posato lo sguardo su di lei.

"Allora?? Resti lì a fissarmi o mi dai una mano?", chiese ancora Maca.

A quel punto camminò nella sua direzione togliendole uno degli scatoloni dalle braccia. Lo sollevò senza fatica prima di posarlo a terra accanto agli altri quindici che la biondina aveva trasportato fin lì negli ultimi giorni.

"Solo lo stretto indispensabile.", aveva detto, ma poi aveva praticamente smontato il suo intero appartamento per riporlo in quelle scatole.

Non aveva realmente bisogno di tutte quelle cianfrusaglie, ma sentiva la necessità di avere con sé qualcosa che le ricordasse che ora quella era anche casa sua e non solo di Zulema.

Era assurdo se si fermava a pensarci. Fino a due settimane prima, Zulema era solo una sconosciuta incontrata fuori da un bar. Si erano viste altre volte, ma mai avrebbe davvero pensato che un giorno le avrebbe chiesto di andare a vivere con lei.

Eppure ora era lì a trascinare scatoloni e riporre i suoi vestiti nell'armadio accanto a quelli della dea. Era tutto così normale pur essendo totalmente fuori dagli schemi, per lo meno per una come lei che aveva sempre amato l'idea dell'amore, ma aveva sempre creduto che per raggiungere quel livello di connessione che avevano i suoi genitori sarebbero stati necessari anni e anni di convivenza.

Con Zulema aveva scoperto che non era tanto il tempo a definire la loro relazione, quanto piuttosto la sostanza, ciò che facevano quando erano insieme. E non era solo il sesso - che comunque era sempre meraviglioso - ma il feeling mentale che c'era tra loro.

La dea la capiva senza bisogno di parole. Sentiva quando era triste e la consolava senza che lei glielo chiedesse. Lei, invece, sapeva sempre quando Zulema aveva bisogno dei suoi spazi, di essere lasciata sola, per questo a volte usciva di casa con una scusa. Poi tornava da lei. Tornava sempre da lei.

God is a woman (zurena)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora