Sedicesimo capitolo

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Dopo una settimana di silenzio totale, Zulema aveva iniziato a pensare che fosse successo qualcosa a Macarena. Le aveva mandato una ventina di sms, le aveva lasciato un paio di messaggi in segreteria e aveva persino rinunciato alla sua serata di caccia settimanale per arrivare fino all'altro capo di Madrid e bussare alla sua porta.

Nessuna risposta.
Né per telefono, né di persona.

Che diavolo stava succedendo?

Si era seduta sul gradino di fronte all'entrata del condominio in cui abitava, aveva fumato tre sigarette una dopo l'altra e aveva aspettato.
Era rimasta ferma lì persino quando una signora che abitava al terzo piano le aveva urlato dalla finestra di andarsene, che nessuno voleva comprare niente.

L'avevano scambiata per una venditrice ambulante per caso?

Aveva alzato gli occhi al cielo e se n'era fregata. Tutta quella storia stava diventando assurda. L'ultima volta che aveva visto Macarena andava tutto bene. Erano state al planetario, avevano fatto l'amore e la biondina le aveva confessato di ricambiare i suoi sentimenti.
Non si erano dette ti amo, ma non serviva. Ciò che provavano sembrava andare persino oltre il semplice amore.

Eppure ora si trovava lì seduta ad aspettare una persona che molto probabilmente non sarebbe rientrata, per lo meno non quella sera.
Si sentiva una stupida per aver creduto che tra loro potesse esserci qualcosa di vero. Molto probabilmente Macarena era alla ricerca di un'avventura e dopo essere riuscita ad ottenere ciò che desiderava, se l'era data a gambe.
Le capitava raramente di sbagliarsi sulle persone. Solitamente sapeva leggerle molto bene, ma Maca aveva dimostrato sin dall'inizio di essere un autentico mistero per lei. Non riusciva mai a capire cosa le passasse per la testa e forse ciò che a lei era sembrato vero, per la biondina non lo era mai stato.

Si maledisse per essersi fidata tanto di lei, per averle raccontato la sua maledetta storia. Non l'aveva mai fatto con nessuno e poi quando finalmente si era sentita al sicuro aveva vuotato il sacco con l'unica persona al mondo che a quanto pare aveva deciso di abbandonarla senza darle alcuna spiegazione.

Lanciò a terra il mozzicone dell'ennesima sigaretta fumata quel giorno e lo calpestò con la suola alta dei suoi anfibi neri. Si alzò in piedi e si sistemò il cappuccio della felpa in modo tale da coprire i lunghi capelli neri. Desiderava solamente che il buio della notte la inghiottisse.

Camminò per due isolati prima di decidere che avrebbe preferito percorrere il resto del tragitto verso casa comodamente seduta sulla metro.
Arrivata alla fermata più vicina, scese gli scalini con passo stanco. Era affamata, ma quella non era decisamente la serata giusta per andare a caccia e dopotutto avrebbe potuto aspettare ancora un po'. L'ultima pasto l'aveva saziata abbastanza da poter resistere per un altro paio di giorni.
L'insegna luminosa della metro segnalava il tempo di attesa prima dell'arrivo del prossimo treno.

3 minuti.

Decise di aspettare in piedi dietro alla riga gialla. Il luogo era deserto e anche dall'altro lato c'erano solo una paio di persone e un barbone che si stava preparando per passare la notte sdraiato lì tra la sporcizia e l'odore stagnante della metropolitana.

Quando sentì il fischio della metro e una voce metallica segnalarne l'arrivo, si sentì sollevata. Tutto ciò che desiderava era tornare al suo appartamento, stappare una bottiglia di vino e scolarsela fino all'ultima goccia, anche se non sarebbe servito a niente. Non avrebbe cancellato i suoi problemi o il malumore, ma almeno l'avrebbe tenuta occupata per un po'.
Salì sul primo vagone e si sedette vicino al finestrino. La metro ripartì e raccolse altre tre persone alla fermata successiva. Non le guardò nemmeno. In quel momento sentiva di odiare la gente più che mai.
Per sua fortuna - o loro - a nessuno venne in mente di sedersi al suo fianco a chiacchierare. Se l'avessero fatto, avrebbe cambiato idea riguardo al non cacciare quella sera.

God is a woman (zurena)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora