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Sentii due mani che mi prendevano per la vita proprio mentre il coltello che avevo in mano si conficcava nella parete di legno di fronte a me.

 – Sapevo che ti avrei trovata qui – disse Luke sussurrandomi all’orecchio.

Sobbalzai.

– Sì. Avevo bisogno di… schiarire la mente –

- Ma guarda che caso, anch’io ho bisogno di schiarirmi la mente –

- Vuoi tirare un coltello al muro anche tu? – chiesi sarcastica.

– Perché no? – disse.

Afferrò uno dei coltelli che si trovavano sul tavolo, anch’esso di legno, e lo lanciò con precisione millimetrica vicino al mio.

Immaginai nella mia mente di prendere uno di quei coltelli e ucciderlo. Ucciderlo come avevo fatto con tutte le altre persone. Una lama nell’occhio, nella gola…

Erano quelli i pensieri che non mi avevano ancora fatto impazzire, forse.

Li uccidevo sempre, nella mia mente, ma loro, lui, tornava sempre indietro da me.

– Sei strana oggi, sai? –

- Sì? – Lui annuì.

– Sei… distante, ecco. È come se ti sentissi diversa dal solito –

Luke era fatto così. Riusciva a leggerti dentro, ogni singola volta.

Sapeva sempre come mi sentivo, ma non capivo come facesse.

– No, è che stavo parlando con Irwin, prima, e stavo ripensando ad una cosa –

- Ti ha dato fastidio? –

- No. Non è necessario che tu minacci ogni singola persona che mi rivolge la parola –

- Chi ti ha detto che l’avrei semplicemente minacciato? – Sbuffai.

– Sono perfettamente in grado di difendermi da sola, grazie –

Smisi di parlare. Con lui dovevo sempre misurare ogni virgola, ogni parola, perché al primo fraintendimento mi avrebbe fatta fuori.

 – Ah sì? – mi chiese, con quel suo sorrisetto maligno in volto.

Mi prese per le spalle e mi buttò contro il muro. Sorrisi anch’io a mia volta. Era bello dargli qualche lezione, ogni tanto. Mi teneva intrappolata fra lui e il muro, perché le sue braccia mi impedivano di scappare.

Gli tirai un calcio alla gamba destra e scansai velocemente la sua mano sinistra.

Scivolai nel minuscolo spazio che avevo a mia disposizione, e cominciai a correre.

Lo sentivo dietro di me.

Come lui conosceva me, anch’io conoscevo lui.

Sapevo che avrebbe cercato di aumentare il passo e di venirmi addosso. Allora mi fermai all’improvviso. Alla fine, mi venne addosso lo stesso, ma sapevo che in quel modo non se la sarebbe presa troppo.

Alla fievole luce nella stanza, vedevo i suoi occhi azzurri e l’anellino nero sul labbro.

Avvicinò la bocca al mio orecchio e disse – Saprai anche difenderti da Irwin, ma non da me, a quanto pare – Una volta, forse, a sentire una cosa simile mi sarei bloccata dal terrore.

Ma avevo rischiato troppe volte la vita, e sentito troppe minacce di Luke, per provare anche solo un minuscolo grammo di paura.

Mi aiutò a sollevarmi da terra, e, mentre ritornavamo alle stanze, mi cinse la vita con un braccio.

Non si concedeva quasi mai gesti come questo. A volte nemmeno io capivo cosa fossi per lui.

Ero solo una marionetta o qualcosa di più?

Anch’io mi ritrovavo a pensare a Luke, certe volte, e mi capitava di odiarlo, ma anche di tenere a lui.

Era un sentimento confuso. Odio, paura, confusione, ma amore?

Non c’era niente di romantico fra noi: per passare il tempo affilavamo coltelli e li puntavamo alle gole delle persone.

Ma quando mi teneva così, invece, era tutto diverso.

Sembravamo una normale coppia. Troppo poco spesso Luke era quella persone dolce che era all’inizio.

Quel tocco sulla schiena mi dava i brividi, che, ne ero sicura, non potevano essere associati al freddo.

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a/n

vi dirò la verità, se questa non fosse una storia su calum, questi due li potrei perfino shippare. ma non accadrà mai tutto ciò.

un bacione, lucrezia

Chasing Cars; Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora