– Devi dirgli qualcosa, devi farlo smettere –
- Ah sì, e come? – chiesi ironica ad Ashton. Era l’unica persona che capisse come ci si sentiva a stare lì dentro.
– Minaccialo, fai qualcosa –
- No –
- Ma non ti capisco, quanto credi debba andare avanti? –
- Finché non si stancherà –
- Potrebbe non accadere mai –
- Lo so – risposi secca.
Ero stanca di quella conversazione. Lui mi capiva, sì, ma se avessi seguito i suoi consigli probabilmente non sarei più qui. Sarei sottoterra, o dove diavolo si va dopo la morte.
Guardai il ragazzo vicino a me, senza farmi scoprire, perché lui odiava essere guardato. I capelli biondo scuro erano tenuti dentro un capello nero. Gli occhiali, i pantaloni, la maglia e le scarpe erano anche loro neri. Tutto qui era nero.
Il nero mi dava alla testa. Era un colore bello, singolare, che però qui era fin troppo presente, come se l’aria ne fosse satura.
Improvvisamente, la mia testa cominciò a perdersi in un oceano di pensieri, e presi qualche instante per ricordare il giorno in cui mi trascinarono, bagnata fino all’osso, in questo posto.
-
Era tardo dicembre, e io giravo per le strade abbandonate con una maglia leggera e dei pantaloni sgualciti. La neve addosso a me si scioglieva, procurandomi brividi di freddo da far battere i denti.
Sarei morta di lì a poco, me lo sentivo. Improvvisamente sentii due mani forte stringermi le spalle, buttandomi contro il muro lercio di mattoni.
Non di nuovo, pensai.
La mia morte sarebbe stata più lenta, più dolorosa, più umiliante, più tutto.
Se c’era un Dio, o qualunque cosa, lo pregai, per far sì che un fulmine si schiantasse contro di me, ponendo fine a tutto nel modo più veloce possibile. Ripensandoci, fu da quel momento che smisi di pregare qualcuno. Persi ogni grammo di fiducia che riponevo nel mondo.
Perché quella notte rimasi a terra, distrutta, dopo che quell’uomo se ne era andato, incurante di me.
Stavo male. Cercavo di essere forte, ma non lo ero. Mi avevano tolto tutto, la voglia di vivere, la mia stessa dignità. Sarei stata trovata morta in una settimana, e il mio sarebbe stato uno di quei delitti a cui non si arriva mai al punto. Sarei stata un caso irrisolto.
Ma poi qualcosa, qualcuno, mi sollevò da terra, e mentre gridavo di lasciarmi in pace, sentii il calore di quattro mura attorno a me. Lo sconosciuto mi poggiò su un letto.
Proprio mentre stavo cercando di pronunciare la parola ‘grazie’ sobbalzai stupita da quel dolore estraneo al braccio. Capii cosa poteva essere solo quando anche gli occhi fecero fatica a rimanere aperti. Era un anestetico, un sonnifero o qualcosa per farmi morire? Non ne ero sicura, ma ero grata del fatto che il dolore stesse scomparendo.
Poco prima di chiudere gli occhi vidi un paio di occhi azzurri che mi scrutavano con aria apprensiva.
-
– Ci sei? – feci un saltello, sorpresa dalla voce – Eh? –
- Tutto a posto? – mi chiese Ashton.
– Sì, erano solo… brutti pensieri –
- Immagino –
- Sì, beh, devo andare –
- Da lui – disse Ashton, più come una domanda che un’affermazione
– Sì, da lui –
- Buona fortuna –
- Per cosa? –
- Per cercare di rimanere viva -
+++
a/n
ho chiesto ad una ragazza di tradurre una sua storia pregate che dica di sì addeqogeopgm
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Chasing Cars; Calum Hood
Fiksi Penggemar❝Qui ci sono poche regole, Hood, una di queste dice che se le non rispetti sei morto❞ © to horan_shelley25 on Wattpad 12.11.2014//11.07.2015 #527 fan fiction