이십 칠

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«Perché?»
Neppure le luci a bassa intensità riuscirono a nascondere l'espressione disperata che si era formata sul volto di Dimitri. La musica era assordante, ma la sua domanda netta arrivò dritta e perfetta al mio udito, al mio cuore.
Lo sguardo su cui navigavo adesso era perso e vi era solo un accenno di perplessità.
«Perché te ne sei andata?»
Le sue braccia costruirono una gabbia attorno a me, piantando i suoi palmi come chiodi al muro.
Ciò che di più mi teneva costretta al non potermi muovere non era la sua morsa, bensì il mio stato di shock. Ero incapace di agire. Di intendere e di volere.
Al mio fianco Shiori aveva appena metabolizzato da sola il tutto ed era in procinto di piangere, avvolta dal senso di colpa per avermi portata in quel posto.
«Perché non mi hai mai lasciata libera... di restare.»
In mia risposta fui breve ma concisa, procurando alla sua anima più che ai suoi occhi, uno sguardo affranto.
Non servì aggiungere altro per far sì che esso stesso se ne rendesse conto.
Le sue azioni non si spinsero oltre l'annuire con la testa, mostrandomi i suoi occhi praticamente spalancati. Le sue mani scivolarono via dal muro, permettendomi di prendere finalmente fiato, e andò via. Lasciandomi solo con una parola in mente: Sehnsucht.
La Sehnsucht la conoscevo bene dopo averla provata per così a lungo. Per me era quello stato d'animo colmo di brama e desiderio verso qualcosa di cui non ne ero a conoscenza, una sagoma amorfa che mi aveva tormentata fino ad allora.
Fino a quando lui, non la sciolse del tutto. E tutto prese forma, come il sangue che torna a scorrere nuovamente nelle vene di qualcuno che era morto un'istante prima.
Era di lui che avevo bisogno e questo lo firmò sul mio cuore una volta e per l'eterno.
Ma questa volta Dimitri era troppo ferito nell'orgoglio, per fare un passo indietro verso di me ancora una volta. Lo avevo abbandonato davanti la tomba di sua madre, glielo avevo preannunciato ad Aspen, per tutto il tempo che avevamo trascorso insieme non avevo fatto altro che rifiutarlo costantemente. E lo cacciai via anche adesso.
Basandomi su questa riflessione, mi resi conto di quante volte Dimitri si fosse piegato la schiena abbassandosi a me.
Lui, che era un sovrano viziato nel suo mondo. Che non si chinava mai nemmeno per allacciarsi le scarpe.
Rimasi lì immobile ancora per molto, incapace di sentire l'abbraccio di Shiori tremare sulla mia pelle.
«È colpa mia, colpa mia!!»
Ma riuscivo ad ascoltare quella ragazza piangersi addosso e darsi colpe che non aveva.
«No. Sarebbe riuscito a trovarmi anche sulla luna, inutile negarlo.»
Discolpai il suo incubo con la mia supposizione veritiera.
«Shiori... io, mi sento felice.»
Un sorriso si fece spazio tra le due lacrime che scendevano in ambe le estremità delle mie guance.
Lei mi guardò confusa.
«Mi ha lasciata libera, per la prima volta.»
Mi sentii sollevare da terra e galleggiare sulle nuvole. Ero libera.
Libera di amarlo. O libera di dimenticarlo.
Libera di scegliere. Semplicemente libera.
«Sono libera.»
Sussurrai un'altra volta incredula.
«Avresti dovuto esserlo fin dall'inizio. È un tuo diritto!»
La mia cara amica mi ricordò di ciò che mi spettava da donna e da essere umano. Aveva pienamente ragione. Proprio per questo, da quando iniziai a nutrire dei sentimenti per chi mi teneva prigioniera, iniziai una guerra con me stessa che non voleva saperne di cessare. Ma era giunta l'ora di mettere un fermo.
La pioggia si disperdeva sulle strade senza fermarsi, riempendo le buche di piccoli laghi. Il suo suono mi travolse totalmente aiutandomi a sviluppare pensieri che divennero un piano folle.
Kaede e Shiori dietro di me attendavano di sentire il motivo per cui li avevo convocati entrambi.
«Io credo di dover fare qualcosa.»
Dissi solo questo con gli occhi persi nella confusione del rimpianto e le mani che si sfregavano l'un l'altra per l'ansia.
«Di cosa stai parlando Crystal?»
La voce di Shiori fece chiaramente parlare anche la domanda mentale che Kaede si era sicuramente posto.
«Devo farlo, ora.»
Non c'era più tempo. Non ci avevo dormito la notte precedente.
Sentivo di dover fare questo.
«Puoi prestarmi il cellulare?»
Presi il cellulare che Kaede gentilmente mi prestò, sapevo già che se ne sarebbe pentito amaramente una volta conosciute le mie intenzioni. Iniziai a scorrere sulla rubrica afferrando il primo contatto che mi venne in mente. Tirai su la cornetta attendendo con il corpo che trasudava di trepidazione.
«Kaede? Non mi aspettavo una tua chiamata!»
L'attesa terminò e qualcuno rispose. La voce era titubante, riuscivo ad udire la pioggia di sottofondo. Era fuori anche lui.
«Julius-»
La mia voce era quasi strozzata, come lo sguardo di Shiori e di Kaede.
Il ricevitore della chiamata trattenne il fiato per qualche istante prima di proferir parola.
«Oh! Questo è ancora più inaspettato.»
Lo avevo spiazzato. Io stessa lo ero, come gli altri due presenti.
«Vieni a prendermi stasera alle sette in punto. Da solo.»
La mia richiesta risultò come schiaffeggiare il cuore di Kaede.
«Sei impazzita?!?!»
Infatti iniziò a dare di matto. Non voleva crederci, era troppo disorientato e confuso da ciò che avevo appena fatto. Shiori condivideva ogni sua emozione, ma per fortuna aveva un po' di autocontrollo in più che fu utile per calmare Kaede.
«E tu, sarai sola?»
Kaede aveva fatto preoccupare Julius.
«Contaci. So che stai rischiando la vita perché non lo dirai a Dimitri. Capito? Non ti deluderò Julius.»
Pregai internamente che avesse mantenuto il silenzio con il suo capo.
L'indirizzo che mandai a Julius fu ben diverso dall'indirizzo di casa di Shiori. Lei non doveva essere rintracciabile.
Qualche ora dopo mi feci accompagnare da entrambi i miei angeli custodi alla stazione lì vicino. Per tutto il tragitto non fecero altro che chiedermi se fossi davvero sicura o cosciente e che fossi ancora in tempo per tornare indietro.
Il posto dove arrivammo era abbastanza affollato, ma mi assicurai di far sparire ambi gli accompagnatori.
«Grazie per avermi accompagnata e "sostenuta" nelle mie decisioni. Tornerò, ve lo assicuro!»
Cercai un modo gentile per dirgli che adesso potevano andare. Se Julius li avesse visti, sarebbe andato via.
«Non se ne parla! Sai che se andrai con lui non ci rivedrai mai più! Sappiamo entrambi com'è Dimitri!!»
Kaede urlava e non si dava spiegazioni.
«Come puoi far ragionare due persone che si amano?»
Con mia sorpresa intervenne Shiori con una delle sue perle di saggezza che fecero riflettere tutti.
«Vi prego... non potete farvi trovare qui, gliel'ho promesso.»
Sapevo quello che stavo facendo, e anche la mia amica lo sapeva bene. Lei con il suo sguardo corrucciato ed il cuore in gola dalla preoccupazione, cercava comunque di assecondare ogni mia scelta di vita.
«Crystal sei imprevedibile.»
Il ragazzo non si dava pace, ma quella sembrò una frase di arresa.
«Shiori, Kaede, perdonatemi.»
Sapevo che la mia richiesta azzardata costava parecchio ad entrambi.
«Promettimi che tornerai.»
Il mignolo di Shiori si era sollevato in alto con le lacrime che assistevano a quella scena divenuta a mia sorpresa tragica.
«Sei la mia promessa.»
Strinsi il mio mignolo intorno al suo e sigillai la promessa.
Se esisteva un filo rosso, lei era il mio filo rosso.
La mia ancora per sempre.
Vederla staccarsi da me rendeva il nostro filo più resistente e vero.
Abbracciai Kaede e poi venne tirato via da Shiori.
«Brava ragazza, hai mantenuto la parola!»
Da un auto scese un ragazzo coperto da un lungo cappotto nero e dei guanti in pelle del medesimo colore, impossibili non notarli. Come il suo stile incantevole d'altronde!
«E tu? Hai mantenuto la tua?»
Mi avviavi verso di lui mentre si stava già dirigendo verso di me.
«Guarda tu stessa.»
Le sue mani gravitarono in aria indicando il nulla attorno a lui. Poi senza preavviso sollevò un dito.
«Beh, se non ti dispiace ho portato solo l'autista. Innocuo.»
La mia bocca rise per il modo in cui si era espresso.
Salii in macchina dopo che inaspettatamente Julius mi aprì la portiera posteriore. In seguito si accomodò anche lui prendendo posto di fronte al mio.
L'odore di qualcun altro invase le mie narici e le mie pupille si dilatarono. Il ragazzo si accorse del mio improvviso stato di allerta e si occupò di far stabilizzare la mia mente sussurrandomi un magnifico No. Aveva capito che il mio pensiero si era subito rivolto all'autista pensando che sotto quelle vesti ci fosse Dimitri, ma probabilmente si trattava solo del suo profumo imprigionato tra i sedili.  
«Devo essere sincero. Non so cosa tu abbia in mente, ma... sei folle.»
Chiunque mi avrebbe giudicata tale. Anche io credevo di esserlo.
«Sai, sembra essere diventato il mio stile di vita!»
O era soltanto un tentativo per giustificare la mia insanità mentale!
«Allora, questa follia dove ti sta portando?»
Julius attendeva di sapere cosa volessi fare. Nel frattempo aveva anche chiesto all'autista di girovagare in auto senza una meta precisa. Non avevo ancora riferito la destinazione.
«A rovinarmi la vita. Puoi accompagnarmi?»
Il messaggio era chiaro, e mi faceva trasalire al pensiero.
Ogni espressione che si era formata sul volto di Julius prima di allora, svanì nel silenzio più totale bloccandone ogni muscolo facciale. Lentamente, un solo angolo della sua bocca iniziò a sollevarsi verso un'inclinazione maliziosa che sfociava nel pericolo, in quel divertimento che lui definiva puro. I suoi occhi illuminati dall'emozione sorpresa, sembrarono dare vita a qualcosa di magnifico.
«Uh la cosa si fa interessante...»
In concomitanza al suo sorriso, anche il tono di voce divenne particolarmente allettante, dopo aver sposato per bene quella malizia che si era da poco infiltrata negli incavi delle sue labbra. Era inebriato di aver scoperto che la mia innocente intenzione, ci avrebbe portati dritti dritti da Dimitri.
«Capisco signorina. Mi sa che dovrai aspettare un po' però. Il capo non torna a casa da ieri notte.»
Questa invece era una di quelle notizie che ti lasciava quasi stordita dalla paura.
«Andiamo a casa!»
Julius premette un piccolo pulsante che si trovava sull'apparecchio auricolare nero nel suo orecchio sinistro e riferì l'ordine. Il divisore che aveva alzato tra i sedili posteriori e quelli anteriori impediva all'autista di udire la nostra conversazione. Il suo ghigno si accentuò maggiormente dopo aver pronunciato quella frase.
«Togliti quel sorriso dalla faccia!»
La mia risata risuonò addosso alle mie parole e non era udibile separatamente.
«Com'è stato possibile?»
Incrociò le mani poggiandole sopra le ginocchia altrettanto sovrapposte. La curiosità prese il sopravvento.
«La libertà. La libertà è la chiave di tutto.»
La mia voce era sottilmente lieve.
«Già! Non ho mai visto il boss così. Lui ottiene sempre quello che vuole, anche con la forza. Ma tu lo sai bene, hai conosciuto Dimitri. È solo che ciò che ha fatto ieri è stato terribilmente filantropico!»
Julius esagerò nel definirlo filantropico e questo dimostrava tutto il suo stupore, si vedeva chiaramente che non era abituato ad assistere ad opere di bene di questa portata da parte del suo boss.
«Non me lo sai spiegare?»
Ma non mi limitai comunque nel chiedere, pur di ricavare qualche informazione in più.
«Credo che tu lo abbia reso molto vulnerabile dopo averlo abbandonato. Sai, da un lato posso comprenderlo... non è che io abbia passato dei giorni facili nella mia vita.»
Il ragazzo toccò un tasto che sembrò procurargli ancora sconforto, confessandomi al contempo dello stato fragile in cui il suo capo si era trovato durante la mia assenza.
«Sei stato abbandonato anche tu?»
Era qualcosa che sapevo già grazie alle confessioni segrete di Dimitri.
«Non ricordo molto. Faceva molto freddo per strada la notte. Odio il freddo tutt'ora.»
Il vortice nero in cui si affacciò per raccontarmi qualche episodio mi fece rabbrividire.
Il colore delle sue iridi toccarono la tonalità del vantablack.
«Non ricordi i tuoi genitori?»
Forse non dovevo andare così oltre.
«Genitori? Cosa significa?»
La sua ironia faceva quasi piangere dalla tristezza.
Non fui capace di aggiungere altro.
«Ma ho una famiglia. I miei fratelli li conosci già.»
Continuò lui pur di non creare quel silenzio che parlava del dispiacere che provavo nei suoi confronti. I ragazzi erano molto uniti tra di loro.
«E il boss... non potrei mai spiegarti quanto io gli sia grato.»
Un velo di accorata gratitudine gli illuminò gli occhi.
Rimasi in silenzio ferma ad ascoltare i suoi pensieri.
«Forse è la prima volta che gli manchi di rispetto?»
Mi riferivo al fatto che stesse agendo all'oscuro del suo capo.
«Non lo so come la prenderà quando saprà che sono stato io a portarti da lui senza avergli chiesto niente. Il silenzio tra di noi è tradimento. Specie con il boss. Ma non te ne faccio una colpa. La responsabilità di tutto questo casino è mia. E poi ha deciso di non farsi rintracciare da nessuno al momento, quindi non avrei potuto dirglielo in ogni caso.»
Rimasi colpita dal grande rischio che aveva deciso di correre per me. Io che non gli dovevo niente, se non le mie scuse per il modo in cui lo stavo probabilmente guidando in un mare di guai.
«Perché stai facendo questo per me?»
Fui curiosa di sapere cosa avessi fatto per lui, tanto da prestarmi un tale aiuto.
«Halt! Non che io abbia qualcosa contro di te, ma in realtà lo sto facendo per lui. Perché vedo in te la sua salvezza. E dopo che lui ha salvato tutti noi senza chiedere mai niente in cambio, anche lui merita la sua pace. Tu lo rendi una persona migliore. È quello che pensiamo tutti.»
L'insieme dei conti tornarono. Ma non lo biasimai, infondo se io fossi stata uno di loro avrei fatto lo stesso per colui che mi aveva salvato la vita milioni di volte.
«Voi siete così sicuri e certi che io gli faccia così bene.»
Nemmeno io sapevo se l'effetto che scaturivo in Dimitri fosse davvero questo.
«Non te ne sei mai accorta Crystal.»
Una voce troppo lene per una frase così assertiva.
«Capo, siamo arrivati.»
L'autista annunciò che la mia ora era giunta.
Ero arrivata alla meta del mio destino.
Reggevo le ultime tre carte in mano disposte in fila per il match finale e la prima l'avevo appena adagiata al tavolo.

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