이십 삼

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Avevo i suoi occhi piantati in testa, ci avevo visto qualcosa che non mi faceva stare serena. Quello era lo stesso sguardo di quando mi aveva trascinata senza preavviso ad Aspen. L'umore di quando architettava qualcosa. Ed io di quel qualcosa, volevo saperne di più!
Uscii dalla mia stanza per la millesima volta, l'alba stava sorgendo come la mia impazienza di scoprire quale fosse la novità del giorno.
Lo cercai dove lo lasciai prima, ma non era lì, come non lo erano nemmeno gli altri. La casa divenne rumorosamente silenziosa durante quelle ore del mattino, sembrava vuota. Arrivai ad un'ala del piano di mezzo dove un suono fece drizzare il mio stato d'allerta, indirizzando la mia attenzione verso la lunga vetrata scorrevole che dava su una terrazza particolare. Lì la vegetazione era letteralmente a portata di mano. Il man bun sui capelli dell'uomo che mi aveva sottratta alla vita, rallentò il battito delle mie ciglia, credendo di aver preso sonno prima e di essere in uno stato di dormiveglia.
Aprì un'anta permettendo ai primi raggi freddi di sole di baciare le sue iridi ed i riflessi dorati dei suoi capelli raccolti biondi. Quello era Dimitri, con addosso una delle mie debolezze più grandi. Mi sentii attratta da lui così come accadde ad Anastasija Romanova, quando nella fiaba Rasputin entrò nella sua mente addormentata attirandola in un mare in tempesta. Ma il mio di Dimitri si trovava proprio immerso in quelle acque selvagge ed io mi ci tuffai con le mie gambe.
Mi feci spazio varcando a mia volta quella stessa vetrata. Lui era lì, con le mani in tasca e lo sguardo poggiato sulle montagne che si intravedevano tra le alte betulle bianche. Indossava una maglia stretta quasi cucitagli addosso che fasciava sfacciatamente il suo corpo, mettendone in risalto ogni contorno fisico in modo da accentuarne l'importanza. Solo guardandolo, era in grado di farti pensare che fosse stato architettato da uno scultore di alta classe che voleva a tutti i costi ispirarsi ad un Dio dell'Olimpo, esprimendo nella sua opera la più totale venerazione e devozione che aveva nei confronti della mitologia greca. Era strano vederlo guardare da un'altra parte che non fossi io. Mi stavo consumando dentro per avere di nuovo i suoi occhi esplorare ogni area di me. Mi aveva abituata male. Ma bastò lo scricchiolio involontario che produsse la lunga finestra trasparente quando la scostai, per accontentarmi. Nemmeno lui abbassava mai la guardia, e lo notai vedendolo guizzare come un fulmine. Ci osservammo per un lungo tempo, senza dire una parola perché mi lasciò senza. Ma fece nascere in me la voglia di dire soltanto una cosa.
«Sei molto bello, Dimitri.»
Bello da morire. Non figo. Lui era bello davvero.
I suoi capelli appuntati in alto, scoprivano del tutto ogni centimetro del suo viso e se c'era qualcosa che prima mi era sfuggito, adesso l'avevo davanti agli occhi. Le sue palpebre si serrarono leggermente. Era perplesso, spiazzato. Come se qualcuno lo avesse appena investito con un tir.
«Questa è la sbornia più lunga a cui io abbia mai assistito.»
E questa non era la risposta che avrei voluto sentirmi dire. Ci volle un decennio purché io dicessi ad alta voce, ma soprattutto a lui, di come lo vedessero i miei occhi. Ma non fu l'ubriacatura di cinquanta ore prima a farmelo rivelare.
«Prendila come vuoi!»
Ci rimasi male, anche se forse era meglio così per me. Era meglio tornare indietro.
«Ma non mi dire!»
Divenne sei volte più sbalordito. Dovetti voltargli le spalle, per fargli rendere conto del vero passo da ciclope folle che avevo appena compiuto verso di lui.
«Non sei più ubriaca!»
Il tono della sua voce si affievolì, contornato da una sfumatura roca e profonda che esprimeva la sua curiosità ed il suo essere impressionato.
«Chissà.»
Tornai a guardarlo rispondendogli più vaga che mai, così come aveva fatto lui in primis.
«Vieni qui!»
La sua testa si inclinò lateralmente come era solito fare, ma ovviamente non mi convinse.
«Tu chiedimelo come si deve!»
Se si aspettava che andassi lì da lui a scodinzolargli pure, sarebbe diventato un pupazzo di neve lì dov'era.
«Non sono abituato a chiedere.»
Storse il labbro sentendosi scomodo per la mia richiesta.
«Non sono abituata ad obbedire.»
Strinsi entrambe le labbra tra di loro e provai a cambiare di nuovo strada. Mi importava vedere il modo in cui mi avrebbe fermata questa volta... o se lo avesse fatto.
«Vieni qui, per favore!»
E mi stupì. Alzò di qualche tacca la voce, aggiungendo un accento di lamentela della serie "bambino viziato che non ottiene ciò che vuole". Mi fece sorridere sotto il naso.
«Non sapevo conoscessi quel termine.»
Era forse la prima volta che gli sentivo chiedere qualcosa cordialmente.
«Me lo hai insegnato tu!»
Il suo sorriso iniziò a formarsi lentamente man mano che i miei passi si facevano più vicini a lui. Ma gli morì in viso quando mi fermai.
«Cosa c'è?»
Ero distante da lui tanto quanto lo spazio che avrebbe occupato un'altra persona in mezzo a noi.
«Te l'ho chiesto per favore, ma ti ostini a fare di testa tua!»
La sua bellezza mi intimoriva troppo quel giorno. Non capivo se era lui che diventava sempre più bello, o la mia immunità che si disgregava sempre di più.
«Ma sono venuta fin qui!»
Il mio braccio indicò il pavimento e i passi che mi avevano condotto a pochi secondi dal contatto.
«Quando ti dico di venire qui-»
Fu lui stesso ad interrompersi, terminando però il discorso in un altro modo. Il suo braccio si avvolse attorno alla mia vita, avvicinandomi bruscamente a se allo stesso modo, se non più violento o sentito di come aveva fatto quella notte con la Luna testimone.
«..Non so se mi spiego!»
Lui era di certo una persona che non aveva realmente mai avuto a che fare con i "per favore". La sua attitudine da boss di mafia veniva fuori spavaldamente una volta ogni tanto e... mi piaceva. Dimitri era rude nel suo modo di possedermi, ma mi travolgeva allo stesso tempo e mi divorava l'anima, infiammandola con un solo sguardo l'istante prima.
«Limpido, come sempre!»
Prosciugò tutta la mia salivazione, rendendomi la bocca asciutta ed il fiato corto.
«Sbaglio, oppure oggi mi hai detto qualcosa di positivo per la prima volta?»
Le sue pupille si muovevano a destra e a sinistra sulle mie, come una pallina da ping pong. Voleva leggermi le emozioni, i miei pensieri, le idee. Si dilatavano facendomi credere di annegarci dentro.
«Ma so di aver rovinato quel momento non prendendoti sul serio.»
Sembrava dimostrarsi dispiaciuto per aver creduto non fossi ancora lucida mentalmente, quando invece ero più stabile di tutti i tronchi di alberi che ci facevano da sfondo.
«Però possiamo rimediare! Voglio sentirtelo dire adesso, dillo di nuovo!»
Persisteva nel tenere le sue iridi puntate sulle mie, immobilizzandole come se avesse rapito anche quelle. Non potevo muovermi. Dimitri era anche peggio di una paralisi del sonno.
«Non mi ripeterò una seconda volta, Dimitri!»
Fui svizzera. Ogni volta che riuscivo in imprese simili, provava a distruggermi ancora di più. Non gli bastava mai.
«Insisto.»
Si stava agitando, irritato dalle mie risposte che non gli dicevano nulla. Non sarei riuscita a professarmi un'altra volta. Farlo mi era già costato una parte di me. Avevo sbagliato a spogliarmi così.
«Non farmi questo, Dimitri...»
La sua vicinanza, il suo profumo, il suo calore, la sua voce magnetizzante... mi tentavano a morte.
«Crystal, voglio lasciare qualcosa in questo posto prima di andare via.»
Mi annunciò improvvisamente che aveva preso la sua decisione. Sarebbe mancato poco, prima di dover fare i saluti ad Aspen.
«Abbiamo già lasciato troppe cose qui.»
La mia voce era rotta, come gran parte del mio cuore. Se ripensavo a tutto ciò che era successo, mi sentivo soffocare dal sangue che riemergeva dalla neve apparentemente candida della città di ghiaccio. Colei che aveva conquistato il mio cuore, sciogliendolo con il gelo stesso.
«Ma non abbiamo ancora lasciato qualcosa per cui varrebbe la pena tornare.»
Troppe cose orrende erano successe. Adesso lui voleva lasciare uno di quei ricordi preziosi che ti fanno venire il magone alla gola ogni volta che torni a fare visita al luogo in discussione.
«Dirti ciò che sei, è un motivo per cui varrebbe la pena ritornare?»
Sminuii atrocemente quel concetto, quando ero consapevole che di superficiale non c'era nulla in ciò che lui mi stesse chiedendo di fare.
«Non è per il complimento, e lo sai bene. Ma è più per il fatto che tu me lo abbia detto.»
Nemmeno il vento leggero che ci spostava i capelli, riusciva a distrarlo da quel momento. Ero in trappola.
«Crystal, tu mi hai preso in considerazione, ad alta voce e per la prima volta. Devi ammetterlo adesso!»
Era più determinato della determinazione stessa. Non c'era nulla da ammettere però, l'evidenza non va ammessa, non ha bisogno di ammissioni. Ma forse voleva sentirsi dire che quella non era la prima volta che lo prendevo in considerazione, perché da quando lo avevo visto non avevo, segretamente anche a me stessa, mai smesso di farlo.
«Lasceresti qualcosa qui, anche a costo di pagarne il prezzo dopo?»
Parlai io. Vidi una via d'uscita in lontananza.
Lui nel frattempo non era mai stato così perso.
Avrei vissuto ciò che ogni atomo di me desiderava fortemente più di ogni altra cosa, perché nella mia vita me li meritavo quei tre secondi di felicità assoluta, e poi l'avrei abbandonata. Avrei concesso un minuto di me ad un demone bianco ed un minuto di me ad un angelo nero. Ed infine... non mi sarei concessa a nessuno dei due.
Avrei invece affidato il mio corpo alla dignità, anche se a volte quest'ultima non va al pari passo con la felicità.
«Rispondimi! Pagheresti qualunque prezzo pur di avere qualcosa da me, che cominci da me? Sono così importante per te, Dimitri?»
I ruoli si erano capovolti. Cercava disperatamente di studiarmi, di capire il mio essere enigmatico per non sbagliare qualche mossa. Come fosse l'ultima partita della sua vita.
«Pagare non è mai stato un problema per me. Ma dimmi almeno a cosa sto andando incontro!»
Il suo sguardo era accigliato e sprigionava sincerità.
Se non conosceva la paura di pagare, forse l'avrebbe conosciuta adesso. Perché ciò che gli stavo per dare, era l'unica cosa che potevo offrirgli. Non potevo spingermi oltre.
«Cominciamo con il prezzo di non sapere quale sia il prezzo!»
Le mie parole congelavano l'aria.
Non avrebbe saputo a voce dov'era indirizzata quella strada.
Sfibbiai dal collo il choker che mi aveva regalato. Lo avevo indossato nuovamente dopo essermelo ripreso. Senza alcuna spiegazione. O probabilmente, quando mi mancava avere quella vicinanza in più con lui lo indossavo. Ma questa volta lo avrei rimesso al suo posto. Ed il posto giusto non era addosso a me, ma era tra le sue mani. Lì, dove lui teneva in pugno il mio amore. Presi la sua mano, poggiando il cristallo di neve sul suo palmo.
«Vuoi che lasci qualcosa di prezioso qui, qualcosa per cui ne valga la pena tornare? Va bene, Dimitri! Se è questo ciò che vuoi, ti accontenterò. Ma non rimpiangerlo mai!»
La vita è fatta di momenti brutti, momenti belli e momenti memorabili. Ed io di quei momenti memorabili, ne avevo solo uno a disposizione da poter creare.
E lo regalai a lui.
«Visto che non riesco a scegliere se affidare il mio cuore a te o a me... qui oggi, lascio il mio cuore ad Aspen.»
E lo avrei seppellito in una teca di ghiaccio, nel più profondo fondale siderale di un lago d'inverno, dove il tempo smise di scorrere.
Avrei voluto non maledirmi mai per essermi concessa qualcosa che mi meritavo di avere. Fu per questo che inchiodai i futuri rimorsi al muro e li annientai.
Le mie labbra si erano volontariamente già unite alle sue, condividendo un unico sapore. Accarezzai il suo volto tremando. Ero una foglia in frenesia, in mezzo ad una bufera. Ma lui, cosa era lui...
Socchiudere i nostri occhi per guardarci, mentre le nostre anime si toccavano, parlandosi con lo sguardo di quanto lui era forte a dominarmi, ma di quanto diventava fragile sotto alle mie mani. E di tutte quelle volte in cui riusciva a disfarmi come un dente di leone al vento. Di quella storia in cui il fato mise un rapitore e l'anima gemella di una donna, in un solo corpo. Il corpo di un uomo, destinato ad una prigioniera e schiava d'amore. In un mondo dove per una volta, non sempre il male era un male ed il bene era un bene. Il mio sangue fluiva velocemente dentro le mie arterie, udivo solo il suono del suo cuore pulsare contro al mio. Giurai però, che quella fu l'ultima volta che avrei visto cosa accade quando quei due oceani si mischiano. La mia luce non fu mai più brillante. Ma le stelle cadenti, dopo che prendono fuoco avvolgendosi di quella cosmica luce celestiale, si spengono... e muoiono. Ed io viaggiai nella mia galassia, in quel bisogno incessante che avevo di lui, pagandone il prezzo per prima. Allo stesso modo in cui una fiamma ardente scioglierebbe il gelo.
E accadde esattamente in quella mattina, quando arrivò una lacrima a spegnermi. Lì dove tra morire per amore o essere uccisa dall'amore, scelsi la terza opzione.

Mi concessi l'amore di un attimo, e la vita di sempre.
Con una sola condizione.
Sarei morta dentro, senza di lui.

Dalla sua mano iniziò a scorrere del sangue procuratosi per aver stretto troppo la presa. Si era infilzato sulla pelle il cristallo di neve, quello che per natura doveva essere l'oggetto terreste più fragile, quando invece lo ferì. Aveva capito che quel bacio, non era stato solo quello.
«Mi hai stretta così forte... che alla fine, ti sei fatto male anche tu.»
Ed io lo avevo avvertito che un giorno mi avrebbe spenta.

Ma non avrei mai pensato, che forse, si sarebbe spento anche lui.

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