이십 팔

210 16 1
                                    

L'odore fresco di quella casa scavò dentro ai miei ricordi, sussurrandomi quanto mi fosse mancato.
L'odore intenso di Dimitri, mi era mancato.
E quei lunghi corridoi... percorrerli in quel contesto mi fecero tornare alla memoria le ansie interminabili delle prime volte in cui mi trovai lì dentro.
Julius si fermò di scatto a un passo dalla porta della sala comune.
Si mise sull'attenti come un cervo reale nell'atto di udire quale microrganismo in mezzo alla foresta si stesse muovendo.
«I ragazzi non sono in giro.»
Il suo sguardo mi disse espressamente che il boss doveva essere lì dentro, regnava troppo silenzio.
Poggiò la mano vestita dal guanto nero attorno alla maniglia, attendendo il mio consenso prima di aprirla.
Calai la testa e socchiusi gli occhi.
«Fallo.»
Fu come mettere la firma alla mia condanna a morte.
La porta fu aperta.
La stanza era riempita da tutti i ragazzi che non osavano proferir parola. Tutti impegnati a dover sottostare al silenzio del loro superiore. Ma non fu questa la prima cosa che la mia visuale catturò.
Bensì furono le sue spalle e la sua schiena vestite di lutto. La camicia nera aderiva perfettamente al suo umore funereo.
I capelli biondi risaltavano ma avevano un taglio diverso, ben rasati ai lati lasciando lunghi il resto che si estendevano all'indietro. Ovviamente, tutto dettagliatamente ed involontariamente calcolato per mettere in mostra i tratti perfetti del suo viso e farmi morire dentro ancora una volta.
Al suo fianco stava in piedi Hadeon e alla destra Genos.
Un'istante dopo che Julius aprì la porta, Dimitri non si mosse dalla sua postazione preferita del momento, voltò semplicemente la testa di lato. La sua mandibola era in linea con la spalla e gli occhi piantati verso la mia direzione.
Un processo davvero molto flemmatico. O forse era il tempo ad essere rallentato per me nell'istante in cui lui si spostò. Così lentamente da sentire il cuore salirmi in gola.
Restai immobile.
Vedermi prima di voltarsi era prettamente impossibile. Aveva forse sentito il mio profumo? Qualcosa era accaduto perché il suo modo di girarsi fu del tutto innaturale.
«Fuori tutti.»
Dimitri spezzò il ghiaccio, con dell'altro ghiaccio.
Tutti si mossero con la velocità di un ghepardo.
Scrutai Julius confusa chiedendogli mentalmente se quel "tutti" comprendesse anche me. Vidi che lui era a conoscenza di qualcosa di cui io ero all'oscuro.
Gli altri se la stavano dando a gambe, ma ciò non impedì al nuovo Kumicho di servirsi di tutta la calma del mondo per accostarsi a me. Ed io dovevo stare lì, quello era il mio posto. Julius si sentì in dovere di dare spiegazioni al suo capo.
Una volta che la stanza si era svuotata quasi del tutto, il più piccolo tra i due non perse un attimo.
«Spiacente signore. Ho volontariamente mancato di rispetto al regolamento prendendo decisioni importanti di mia iniziativa senza prima avvisarla. Sono pronto ad assumermi le mie responsabilità.»
La sue testa era china in attesa di qualche punizione a mio avviso ingiusta.
«Di quale iniziativa ti stai autodenunciando Julius?»
Le braccia di Dimitri si nascosero dietro la schiena unendo ad incastro le dita delle mani tra di loro. Piccoli passi lenti alimentavano la suspense di quella sentenza prossima a noi.
«L'ho portata qui.»
Gli occhi non si scollarono dal pavimento come se non fosse degno di guardare l'espressione glaciale che ora aleggiava nel volto del suo boss.
Intervenni tempestivamente.
«Andiamo, ho deciso io di venire qui Julius! Tu sei stato solo cortese e disponibile con me.»
Non doveva assumersi lui tutte le colpe, la colpa della mia follia. Non aveva ucciso nessuno, perciò nessun dramma doveva essere creato.
«Mi stai dicendo che tu sei voluta venire da me di tua volontà, utilizzando Julius per farti accompagnare. Ho capito bene?»
Non era andata esattamente come aveva appena raccontato Dimitri. La mia sfacciataggine fu comunque tranquilla di guardarlo negli occhi mentre mi parlava. Non gli dovevo nulla.
«Sì, questa è la scena del crimine.»
Roteai gli occhi per accentuare lo stato gravoso ed esagerato di come avesse preso l'intera situazione.
«Crystal. I miei uomini ti sembrano dei tassisti? Chiedo per un amico!»
La sua frecciatina umoristica mi fece sollevare un respiro di sollievo, ma poi ricordai che avevo di fronte una persona in grado di fare dell'humor prima di commettere un crimine.
«Ah-Ah! Non ti ricordavo così simpatico.»
La mia risata si esibì ancora più falsa della sua voglia di scherzare.
«Credevo non mi ricordassi proprio.»
Ma quelle parole mi trafissero il cuore maledicendomi mentalmente per averle scaturite.
«Da quando hai cambiato capo, Julius?»
Continuò e d'un tratto la sua testa cambiò rotta ed il suo tono s'irrigidì di qualche grado.
«Sono veramente desolato.»
Il ragazzo accanto a me non sapeva più cosa dire, trasudava paura con la testa così china da riuscire quasi a vedere il nucleo della terra.
«Ed io veramente deluso.»
Dimitri diceva sul serio.
La sua testa fece un cenno indicando a Julius di uscire, e lui potette solo porre obbedienza.
Dopo di ciò si allontanò dandomi le spalle.
«Quando non pensavi ad altro che fare propaganda su quanto io fossi TUA, non ti dispiaceva che i tuoi uomini eseguissero anche le mie richieste!»
La mia intonazione divenne altrettanto più severa della sua, dovevo salvare il ragazzo.
«Hai la tendenza a sentirti mia solo quando ti conviene.»
Era furente. Trafitto nella dannazione del suo castigo.
Quell'uomo era tristemente ferito. Sentivo il bruciore scavargli il petto e questo uccideva anche me. Ero stanca di resistere e di sopravvivere a quella prigione di sentimenti a cui mi ero condannata fino a quel momento.
Con la medesima lentezza mi avvicinai a lui.
La mia mano si fece coraggio, sfiorando il retro del suo braccio. Non potevo vedere il suo volto, ma fui certa che il suo cuore sussultò come il mio, che non smetteva di tremare.
Risposi a ciò che mi disse.
«Ti dispiace, se per oggi voglio sentirmi tua per sempre?»
La mia voce era bassa e fredda, ma ciò di cui parlai accese un fuoco puro, in mezzo ad un ghiacciaio feroce.
«È una specie di vendetta o ti stai prendendo gioco di me?»
Non avevo messo in conto la possibilità che si sentisse preso in giro.
Era scettico.
«Perché pensi questo?»
Mi faceva quasi male il suo essere così incredulo. Ma forse era giustificato.
«Perché quello che hai detto, non è da te. Non è dalla mia Crystal dirmi una cosa simile.»
La tristezza che provai mi disintegrò l'anima. Era veramente disorientato. E poi quella piccola parola che pronunciò prima di dire il mio nome, fu la prima volta che adorai sentirla venir fuori dalle sue labbra.
«O magari, non sei abituato a questa Crystal.»
Presi delicatamente la sua mano destra e lo feci voltare per guardarlo in viso.
Lui preferì restare in silenzio.
«Dimitri, voglio che mi guardi negli occhi mentre ti dico la verità.»
In quegli occhi lucidi traboccanti di emozione ancora indefinite dall'essere umano.
Improvvisamente il suo sguardo si tramutò in due fessure investigatrici.
«E allora dimmi! Cosa ti ha fatto cambiare idea, se fino all'ultimo secondo mi hai ripudiato?»
Divenne un misto di rabbia e curiosità.
«Non è arrivato ancora l'ultimo secondo, Dimitri!»
Credevo fosse ovvio, ma forse lo era solo per me. Lui non aveva tutti i torti però.
«Dimmi signor Kumicho, che cosa ho sempre desiderato io da te?»
Oltre il suo essere, c'era una cosa che avevo da sempre bramato di rivolere indietro.
«La tua libertà.»
Rispose perfettamente come avevo previsto, d'altronde non vi era altra chance. Ma non aveva ancora afferrato il punto.
«Corretto.»
Le sue iridi mi scrutavano attentamente, mentre la sua mente viaggiava al massimo cercando di elaborare la soluzione.
«Continuo a non crederti.»
Quando sembrava sul punto di accettare la realtà, si tirava indietro.
«Ma guarda come si sono capovolti i ruoli!»
Adesso ero io che quasi lo supplicavo.
«Chi è coinvolto in tutto questo?»
Sembrava quasi avvilito oltre ad essere colmo di confusione ed era troppo sicuro del fatto che io lo stessi ingannando.
«Io, il mio cuore e la mia anima.»
Gli occhi avevano iniziato a gonfiarsi e a riempirsi di quell'acqua che tanto detestavo. Mai mi ero spogliata in tal modo di fronte a lui, eppure... non mi credeva!
«Saresti capace di dimostrare a quest'uomo qui davanti a te che non mi stai illudendo?»
Me lo chiese davvero, voleva una prova a tutti i costi.
La frustrazione di come si era capovolta la situazione era così forte in me, che decisi di fare la cosa più impensabile possibile.
Ma a volte le cose per funzionare devono seguire un giusto ordine. E si sa, non si può giungere ad una fine, se non si parte dall'inizio.
«D'accordo Dimitri. Se è così che deve andare, lo faremo nel modo giusto.»
Girai i tacchi e mi incamminai verso la porta aperta, fermandomi ad un passo prima di varcare la sua soglia.
Voltandomi verso di lui, mi sentii di dover pronunciare quelle ultime parole che lo avrebbero portato nel posto giusto solo se il suo amore nei miei confronti era stato vero e sincero. Altrimenti, non avrebbe capito.
«Ci vediamo dove ho sepolto il mio cuore.»
Voleva una dimostrazione importante? Bene. Perché feci in modo che non la dimenticasse mai.
Voltandomi nuovamente, uscii da quella casa.
Nemmeno il tempo di arrivare, che già me ne stavo andando. Ma questa volta era diverso.
Era una prova per testare questo amore insano, e sperando che lui avesse compreso il mio messaggio, sarei riuscita a mia volta a dimostrargli tutto nel modo migliore.
C'era solo un posto dove lasciai qualcosa per cui valeva la pena tornare.
«Prepara la valigia Shiori.»
Tornai a casa prendendo un taxi e non appena entrai non ci pensai due volte a destabilizzare la mia cara amica. Avrei voluto staccarle un assegno per ripagarla del suo modo costante di sostenermi, ma non sarebbe bastato nemmeno quello. 
«Valigia? Aspetta... cosa, come, quando e perché?»
Lei saltò dal divano ed aprì il suo computer pronta a prenotare i biglietti.
«Ti porto nel mio regno. Andiamo ad Aspen.»
La sua gioia svanì all'istante ricordandomi di quanto amasse l'estate calda e detestasse il clima deprimente e glaciale dell'inverno.
In balia alla fretta non riuscii a spiegarle nulla, mi riservai la spiegazione per il lungo viaggio che ci aspettava. Le avrei detto ogni cosa senza tralasciare nulla.
A quanto pare, Aspen era la soluzione finale.
Per dare il mio cuore a Dimitri, dovevo prima andare a riprendermelo. E per una dimostrazione grande, serviva un gesto grande.
Il viaggio fu molto lungo e intenso, persi il conto di tutte le volte che io e Shiori ci riaddormentammo, risvegliandoci qualche minuto dopo.
Per fortuna, lei trovava sempre qualcosa di cui parlare.
«Solo tu sei in grade di fare una tale follia Crystal, davvero.»
Aveva un sorriso che aleggiava sulle sue labbra e gli occhi eccitati che non pensavano ad altro se non di arrivare a destinazione.
«Sai, mi piace fare le cose per bene. E poi, Aspen mi manca molto.»
Mi stavo già immaginando mentre tremavo più per le emozioni che Dimitri suscitava in me, che per il clima nevoso di quel posto.
«I tuoi sentimenti verso Dimitri sono aumentati o sbaglio? Ricordo ancora quando lo detestavi.»
La domanda che mi rivolse mandò in subbuglio la mia anima.
«A volte penso che non avevo scelta. Per come stavano le cose, non vi erano altri sentimenti che potessi provare per lui al di fuori del disprezzo e del rifiuto.»
Il mio sguardo vagava pensieroso come le nuvole nel cielo.
«Però alla fine tutto è cambiato.»
Le sue parole mi rimbombarono più volte nelle orecchie, nonostante me le avesse fatte sentire una volta sola.
Continuai il mio discorso.
«Beh, tirando troppo la corda, finisci per spezzarti come me.»
Perché è così che era andata. Anche se ci provai sporcandomi con il sangue, non ebbi via di scampo. Quel sentimento che nutrivo per lui, era più forte di me, più forte di tutto.
«Si dice che per raggiungere la cima, bisogna toccare il fondo e tu sei ad un passo dalla vetta. Guardati, sei una rosa appena sbocciata Crystal!»
Le sue intenzioni erano quelle di dirmi di aver fatto la cosa giusta per me, e che l'essermi spezzata non era un fattore negativo, bensì il contrario. Ero rinata come una fenice che muore e poi risorge dalle proprio ceneri.
Qualche ora dopo le nuvole bianche cedettero il palcoscenico alla neve candida e pura che si estendeva per tutto il territorio. Eravamo arrivate.
Mi erano mancati gli alberi, la neve, le casette di legno e le luci di Aspen che gli donavano sempre quell'aria così festiva e natalizia tutto l'anno. Lo sentivo tanto mio. Lì la mia anima riusciva a respirare un'aria tutta diversa.
Non vedevo l'ora di mettere i piedi sulle sue strade innevate.
E quella casa... quell'enorme Chalet intestato al Signor Wang.
Rammentai di quella volta in cui mi disse che se lo avessi sposato, saremmo andati a vivere lì.
Ma per vivere in un posto simile, mi sarebbe andato bene persino una baracca diroccata.
Una volta arrivate, prendemmo un taxi a cui diedi l'indirizzo dello Chalet di Dimitri.
Sicuramente non avrei trovato nessuno ad aprirci la porta, ecco perché pensai a tutto io. Infatti, prima di andarmene dalla residenza di Busan, ebbi la fortuna di beccare Hadeon nei corridoi e di chiedergli una copia delle chiavi di casa di Aspen.
Hade non era una persona che si lasciava prendere in giro, probabilmente aveva davvero visto le mie buone intenzioni.
Lui stesso sperava disperatamente che questa storia andasse a buon fine. Non sopportava vedere il suo capo vivere con quello stato d'animo, ne tanto meno l'idea di non vedermi mai più dopo il legame affettivo che avevamo instaurato. Gli chiesi di fidarsi di me e lui acconsentì.
Sarebbe stato un segreto tra me e lui soltanto.
Quando arrivammo, mi accorsi subito lo sguardo incantato di Shiori che ammirava quasi a bocca aperta quella meravigliosa tenuta.
Il mio sguardo invece, ebbe qualcos'altro da guardare con stupore.
Ma non si trattava della bellezza dello Chalet.
Più che altro, le luci erano accese.

REDAMANCY Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora