«Se sei venuto a prenderti delle scuse, ne rimarrai deluso.»
E nonostante avessi optato precedentemente per l'opzione scuse, come sempre la mia bocca indipendente mi tradì, andando subito sulla difensiva come reazione alla vicinanza imminente di Dimitri. Era lì, in piedi fuori dal letto.
«Signorina, non sei nelle condizioni di usare quel tono con me!»
Tenendo le braccia conserte, continuava a mantenere quell'espressione visivamente scialba, incapace di trasmettermi le sue emozioni.
«Perché stai perdendo il tuo tempo prezioso con me?»
Dimitri non doveva scoprire del mio libro, non doveva venire a conoscenza nemmeno da chi arrivasse quel regalo. Dovevo mandarlo via il prima possibile. C'era sicuramente un motivo se Hadeon lo avesse nascosto. Dimitri sarebbe stato capace di sequestrarmelo comunque, indipendentemente da chi me lo avesse procurato. Dovevo solo sperare nel miracolo che a quei suoi occhi al quale non sfuggivano mai nulla, non si accorgessero di qualcosa.
«Tutta questa fretta di mandarmi via? Mi stai nascondendo qualcosa...»
Ma ciò che guizzava ai suoi occhi, non sfuggiva di certo al suo intuito barra sesto senso sviluppato.
«Ovvero?»
Per scoprirlo dovetti metterlo alla prova, consapevole del filo su cui stessi camminando.
«Per esempio...»
Le sue braccia si slegarono e caddero sui fianchi, poi poggiò il suo pugno sulla coperta che rivestiva il letto, dandosi in questo modo la spinta che gli permise di avvicinarsi alla mia figura. Il suo corpo si gettò spavaldamente sopra il mio, incastrando le sue gambe alle mie. Il modo divino in cui combaciarono, era spudoratamente irrispettoso. Una mano morbida afferrò il mio mento, costringendomi al contatto visivo con il suo viso. Distavamo a pochi centimetri l'uno dall'altro e ciò permise al suo sguardo di ipnotizzarmi per bene. Un inganno perfetto, per distrarmi da ciò a cui realmente stava puntando.
«Questo. Da dove sbuca fuori?»
Curioso, di come il libro appena ricevuto avesse già trovato un nuovo proprietario. Ma no, non lo accettai. Stizzita dal modo in cui non riuscii a cambiare il destino, provai almeno a risolvere un futuro malinteso che si sarebbe potuto manifestare di lì a poco.
«Che importa?»
Il mio braccio si allungò, cercando di afferrare invano il libro sulle mani distanti di Dimitri.
«Se avevi voglia di leggere, avresti dovuto dirlo a me invece di chiederlo al Signor Nonsochì!!»
Entrambi stavamo inginocchiati su quel letto. Lui non doveva aprire per nessuna ragione al mondo la prima pagina di quel libro.
Mi avventai su di lui, ma il suo muscolo fu più veloce di me a sollevare il braccio tenente il mio obiettivo per aria. Ogni mia mossa risultava vana difronte all'abilità di Dimitri nello schivarmi.
Avrei dovuto giocare diversamente. Magari utilizzando il suo stesso metodo. In fin dei conti, occhio per occhio...
«Ma io non ho chiesto niente a nessuno.»
Non ricorsi a nessuna menzogna, dissi semplicemente la pura verità. Sperai di riuscire a raccogliere tutta la sensualità e la dote di attrice che possedevo, e comandai ai miei occhi di recitare. Avrebbe inteso che non solo i suoi erano in grado di ipnotizzare. E così lo attrassi a me il doppio, scoprendo che il suo punto debole con me, non era altro che l'attrazione sessuale che provava ogni volta che i nostri corpi si sfioravano. Vi era una chimica alquanto inspiegabile.
«Astuta. Sai come giocare sporco anche tu allora!»
Lo sconvolgimento sulle linee del suo viso, diedero vita alla sua prima reale espressione.
«Sai come si dice: in casi estremi, estremi rimedi.»
Le mie dita potettero finalmente toccare la copertina di quell'unico libro prezioso che mi apparteneva. Preso.
«Perché non mi hai mai parlato del tuo interesse per la lettura?»
Dopo aver posto la sua domanda, lasciò distendere il suo corpo nel matrimoniale, mentre il mio gli dava ancora le spalle stringendomi quel romanzo al petto.
«Perché non me lo hai mai chiesto.»
Il mio mento era poggiato sulla spalla sinistra e la coda del mio occhio ce la stava mettendo tutta a spiare Dimitri, nascondendosi tra i capelli.
«Cos'altro ti piace?»
Improvvisamente non dimostrò avere più alcun interesse verso ciò che continuavo a proteggere tra le mie braccia. Credo che rubarmelo per un'istante fosse stata la sua piccola punizione che mi aveva riservato per il morso. Adesso nessun accenno di rabbia traspariva dai suoi occhi.
«Non lo so.»
Scostai la testa concentrandomi sui mobili che ingombravano la stanza. Davvero in quel momento, non seppi cosa rispondere ad una domanda posta così su due piedi. L'umore buio di quei giorni, mi aveva fatto perdere interesse verso tutte le mie passioni, volendole quasi dimenticare. Solo Hade riuscì a rispolverare quella che avevo per la lettura.
«Pff. Certo.»
Dopo quella risposta lì, riuscii finalmente a non sentire più i suoi occhi bruciarmi addosso, dandomi il coraggio di voltarmi ed affrontarlo.
«Scoprilo da solo se proprio ti interessa.»
La mia mano poggiò il libro sul letto, gravando il mio peso su di esso. Permisi a me stessa di avere la visuale completa della posizione in cui lui stava. Fino a quel momento, ero riuscita a vedere soltanto le sue gambe avvolte dai suoi jeans neri strappati. Ma adesso mi diedi la possibilità di descrivere perfettamente il modo in cui le sue curve ricadevano sul letto, ed il modo in cui le sue braccia sorreggevano la sua testa. Ed il suo sguardo... sprizzato di delusione, rivolto verso il tetto che anche lui trovò interessante per collezionare i pensieri.
«Sa signorina, ci sto provando!»
Dopo essersi accorto che avevo smesso di dedicargli solo le mie spalle, sollevò il suo busto e si posizionò seduto di fianco a me.
«Non abbastanza.»
Trovai lo svago nel farlo irritare. Mi divertivo solo così con lui, scottandolo ogni volta che ne avessi l'occasione.
«Sei più scontrosa di un Bazooka!!»
Quella fu una delle pochissime volte in cui qualcosa che disse mi fece ridere.
Controllandosi l'orologio che aveva allacciato al polso sinistro, saltò fuori dal letto dandomi le spalle, come se fosse arrivato il momento per qualcosa. Notai un rigonfiamento sospetto nella tasca posteriore dei suoi jeans. Senza bisogno di dir nulla, fu come se la sua mente si fosse connessa per un'istante con la mia visualizzando il mio pensiero, ed in modo telepatico la mia curiosità fu subito accontentata. La mano di Dimitri scostò la sua giacca nera e con noncuranza estrasse qualcosa da quella tasca.
Era una pistola.
«Cosa ci fai con quella?»
Il mio buon senso del pericolo mi avvertì di essere ancora funzionante, provocandomi la paura che cercai di reprimere davanti a lui.
«Beh, tu cosa ci faresti con questa? È un arma.»
La sua mano sorreggeva la pistola gesticolando con essa e la sua postura era rivolta verso la mia direzione.
«Ti spaventa?»
Continuò inchiodando il suo sguardo più intenso nel mio, intimidendosi con quella domanda.
«Perché dovrebbe?»
Lavorai duramente pur di mantenere la calma. Avevo intenzione di usare quel momento a mio vantaggio.
«Perché potresti provare il brivido di averne una puntata in testa.»
Quello era un continuo mettersi alla prova per capire chi dei due avesse davvero il controllo sull'altro. Racimolai l'ansia con tutte le mie paure e le lasciai dormire sul letto, mentre io misi i piedi fuori da esso. La mia schiena si adagiò ad una delle grandi colonne marmoree. Il mio proposito era quello di sfidare Dimitri pur di fargli comprendere che... sì, quanto si trattava della vita di Shiori riusciva ad ottenere il pieno controllo su di me, ma ciò che non sapeva era che quando si trattava di me, l'unica cosa ad aveva in pugno era un mucchio di niente!
«Non hai paura che io possa usarla contro di te?»
I suoi passi vennero di fronte a me riducendo al minimo le distanze, per l'ennesima volta.
«No.»
Se i miei occhi provocatori non sapessero cosa stessi facendo, a quest'ora sarei stata decapitata in un letto di sangue.
«È così insano il tuo modo di pensare. Ti farò cambiare idea!»
La cavità rigida della sua pistola prese contatto con la mia fronte, mutando le sue parole in fatti. Voleva farmi provare il brivido della paura vera per sviluppare il mio istinto di sopravvivenza. Forse per protezione? O semplicemente per gioco. Già, lui era così! Un minuto prima si infuriava con te se osavi mettere in discussione la sua fiducia e l'attimo dopo, ti ritrovavi con la sua pistola puntata alla testa.
«È semplice. Manderesti a puttane il tuo piano.»
Un inchino alla mia attitude d'astuta mega stronza.
Era chiaro che Dimitri non mi avrebbe sparato. Aveva un piano da portare a termine. Ecco a cosa aveva pensato la mia mente per tutto quel tempo.
«E se il mio piano è stato fin dall'inizio quello di confonderti per poi ucciderti?»
Un suono proveniente dalla sua pistola mi comunicò che era appena stata caricata, impaziente di essere stappata come lo Champagne a Capodanno. Lanciai fuori una breve risata.
«Lo hai detto tu. Che senso avrebbe tutta questa messa in scena per poi farmi fuori?»
Adoravo quando si ingannava con le sue stesse parole.
«Vedila come una pre-morte lenta e dolorosa.»
Il suo tono di voce era calmo, non c'era agitazione nei suoi occhi. A meno che non fosse abituato ad uccidere a sangue freddo, spararmi era per davvero l'ultimo dei suoi pensieri. Però io avevo un modo per far fuoco a mia volta. Anche se uccidermi non era nelle sue intenzioni, sarebbe bastato un movimento sbagliato a farmi fuori. E per questo, gliel'avrei fatta pagare.
«Allora fa pure. Non ho niente da perdere nella vita che mi hai costretta a vivere. Ma devi farlo per bene.»
Le mie mani da cui fluiva sangue gelido per il modo in cui stavo gestendo la situazione, cinsero la mano di Dimitri toccandolo volontariamente per la prima volta. Senza mai distogliere il mio sguardo dal suo, guidai il suo polso al mio petto, puntandomi la pistola dritta al cuore.
«È qui il tuo bersaglio. Devi mirare al cuore.»
Lo sguardo di Dimitri era tremendamente smarrito.
I miei occhi, le mie labbra, la sua pistola, il mio cuore. Questo era tutto ciò che le sue iridi irrequiete riuscivano a visualizzare in quel momento, contemplandoli ininterrottamente in cerca di una risposta. Le sue pupille si muovevano su queste zone come se stessero facendo una partita di Ping Pong.
«Così spietata con te stessa?»
Quell'uomo non era stupido, al contrario, era molto furbo. Ero sicura che lui avesse ben capito la vera piega che il mio discorso aveva preso, ma il suo intuito aveva anche realizzato che affrontare quell'argomento era sconveniente per se stesso, e così aveva deciso di ignorarlo, uscendosene con la spiegazione più plausibile.
«No, non è quello che voglio io. È quello che vuoi tu.»
Il suo modo di sfuggirmi mi fece convincere ancor di più di volerlo mettere in difficoltà.
«Sei riuscito a rapire il mio corpo caro Dimitri, ma non il mio cuore, non la mia anima. E questo ti manda dannatamente, fottutamente fuori di testa.»
TOUCHÈ. Dimitri avrebbe voluto avere il controllo su ogni dettaglio della mia persona. Sarebbe stato tutto più semplice per lui. Per il suo piano. Ma glielo dissi quel giorno, che questa convivenza forzata gliel'avrei resa un inferno. Forse pungere il suo punto più vulnerabile lo avrebbe fatto sparare per la rabbia.
Il sapere di avere una coscienza pulita mi fece affrontare il tutto con grande coraggio. Nessuno mi voleva morta, se non io stessa, per cui non avevo davvero nulla da temere. Ed il mio unico nemico adesso, era davanti a me intenzionato a portarmi all'altare.
«È solo questione di tempo, vedrai. Vedrai come cadrai.»
La risposta iraconda di Dimitri fu la prova vivente di quel detto che dice che la verità fa male. Nonostante avesse ottenuto l'ultima parola, era frustrato perché per una volta il controllo lo avevo innalzato al cielo con le mie mani come una coppa trionfante.
Vidi il suo corpo allontanarsi e rimuovere la carica alla sua pistola. Ma prima di andare via, si arrestò sui suoi piedi e voltandosi mi disse delle parole che mi spiazzarono.
«Ogni volta che mi vedrai uscire con questa in mano, potrei non fare più ritorno. Perché credi che sia venuto nella tua stanza?»
E senza attendere una mia replica, mi voltò le spalle incamminandosi verso l'uscita. La voce che Dimitri aveva adoperato aveva tutte le intenzioni di mettermi a confronto con dei sensi di colpa.
E quell'arma, l'avrebbe usata per ferire o per proteggersi? Dopo aver realizzato che lui stesse andando a lavorare, avvertii dentro di me, nell'angolo più remoto della mia anima, qualcosa che andava irriguardosamente contro natura e contro i miei principi. Che forse qualcosa da perdere... adesso ce l'avevo.
Il modo in cui trascorsi il resto delle ore, soltanto la poltrona della mia stanza costantemente calciata dai miei talloni poteva dirlo. I miei occhi leggevano le righe del libro, mentre la mia mente vagava da un pianeta chiamato "Dimitri" ad un altro chiamato "principio guida". Per la prima volta, nemmeno un libro fu capace a distrarmi. Rileggevo la stessa frase da ore senza coglierne il senso. La mia mente era troppo annebbiata da altro. O meglio, da qualcun altro.
Un tonfo lontano proveniente dalla porta d'ingresso, mi segnalò che Dimitri era appena rincasato. Rifiutai inesorabilmente di valutare la fitta al mio cuore, come fitta di sollievo per il suo rientro. Dovevo tornare in me.
Lui era il mio nemico. Un'essere umano dalla bellezza disarmante, che mi aveva rapita costringendomi ad un matrimonio futuro contro la mia volontà, soltanto per far funzionare il suo schema di cui era a me ancora sconosciuto. Lui era questo, e non poteva, non doveva essere niente di più. E non dovevo tralasciare nemmeno il fatto che c'era qualcos'altro che voleva da me, ma non aveva ancora avuto la voglia di dirmelo.
«Sono tornato illeso se ti interessa saperlo.»
La testa di Dimitri si affacciò alla mia stanza, annunciandosi ad alta voce ed accecandomi con il suo sorriso.
«Peccato.»
La mia reazione lo spense come una secchiata d'acqua dell'Antartico sui carboni ardenti, ma ciò non lo fermò dal dirigersi verso la mia postazione con passo spedito.
«Non ti dispiacerebbe neanche un po' se non tornassi indietro?»
Le sue braccia caricarono il loro peso insieme a quello del suo corpo sui braccioli della mia poltrona. Protraendosi in avanti verso di me, fece poi sbattere un paio di volte le sue palpebre. Turbata per lo slancio, indietreggiai con la testa di vari centimetri. Di contro, se non lo avessi fatto, avrebbe inevitabilmente creato un contatto fisico.
«Neanche minimamente.»
Questo era come sarebbe dovuto essere. I miei occhi caddero casualmente sulla vena del suo collo che appariva più gonfia del normale.
Mi domandai per un attimo se i miei continui rifiuti irreversibili gli causassero seri danni emotivi e... fisici.
Il silenzio cadde tra di noi. Vedevo lui guardarmi intensamente, scrutai nei suoi occhi e per un attimo non ci vidi il mio riflesso.
«Dillo di nuovo.»
Vidi di come la sua attitudine da psicopatico iniziò a prendere forma sulla linea asiatica dei suoi occhi, che accentuarono maggiormente lo sguardo demoniaco.
Spostai la mia testa leggermente in avanti, facendo quasi sfiorare le nostre labbra. Volevo assicurarmi che il mio veleno lo sfiorasse per bene.
«Solo se mi va, Dimitri. Tu non mi possiedi!»
Feci fallire indubbiamente il suo tentativo di intimorirmi. Più che spaventoso, a mio avviso risultava piuttosto sensuale.
«Ah è così ? Allora facciamo un gioco. Ti dimostrerò che ti sbagli!»
La testa di Dimitri tintinnò per tre secondi come una di quelle bambole di Einstein. Al contempo era così eccitato ed euforico dalla sua proposta, quasi come se non vedesse l'ora di dimostrarmi ciò che sapeva fare.
«Ti ascolto!»
Il suono della chiusura del libro sotto le mie mani riempì la stanza, ma ciò non gli permise di distrarmi e farmi distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
«Ti do una settimana.»
Il suo dito si sollevò diritto, mettendosi in mezzo tra i nostri due nasi.
«In questo arco di tempo avrai la possibilità di uscire da qui e nasconderti. Ti concederò tre giorni di vantaggio, dopo di che inizierò a cercarti. Se ti troverò, dovrai accettare il tuo destino. Ti dimostrerò che non ho bisogno di usare Shiori per tenerti con me! Credimi, sarà la caccia più eccitante della mia vita.»
Le sue condizioni risultarono troppo favorevoli e comode per me.
Qualcosa mi diceva che avrebbe avuto sicuramente qualche appiglio da cui ripescarmi, anche se fossi emigrata in un altro continente. Le sue conoscenze erano molto, troppo ampie. Questo significava che Dimitri aveva seriamente occhi ovunque.
Con la sua vittoria, avrei messo la mia firma al matrimonio e sarei entrata nella sua famiglia andando a stringere la mano del padre. Ma anche se non avessi giocato, avrei dovuto farlo. La differenza era che una volta perso il gioco iniziato, non avrei potuto più ribattere. Dimitri mi avrebbe rubato anche il consenso. Ma cos'altro potevo fare? Mi metteva sempre davanti ad un bivio, dove le uniche due strade possibili ti portavano alla stessa meta. La speranza di riuscire a sfuggirgli per davvero, era morta dentro di me ormai da tempo, ma il desiderio di assaporare la libertà per quelle 168 ore mi stava divorando l'anima.
Accettai la sfida.
«E se vinco io?»
Ero sicura che non avrei mai vinto niente da lui, ma fui curiosa di scoprire fino a che punto potesse arrivare.
«Non devi neanche preoccuparti di questo, perché non accadrà.»
La sua lingua schioccò ed il peso del suo corpo diede tregua alla mia poltrona, sollevandosi. Le braccia di Dimitri si erano incrociate al petto, con lo sguardo fiero puntato verso il basso per raggiungermi.
«Ripeto. Se vinco io?»
Il mio sguardo intransigente mi regalò un'aura tutta intorno.
«Avrai ciò che desideri. La tua libertà.»
Dopo aver introdotto le sue mani all'interno delle tasche dei jeans, rispose tutto d'un fiato. Stava mettendo in gioco la mia libertà. Era chiaro e limpido come le acque dello Zamami. Troppa sicurezza in sé per poter giocare a perdere, a perdermi. Per cui, quella libertà di cui lui parlava, il mio radar nemmeno la captava.
«Sii più specifico, non mi lascerò ingannare!»
Ma qualora Dio avesse deciso di venire in mio aiuto, anziché restare lì a guardare come se la mia vita fosse la sua sitcom preferita, dovevo assicurarmi di piantare per bene i chiodi del mio patto.
«Ti lascerò andare Crystal.»
Il mio sguardo indagatore interrogò i suoi occhi, che sembravano tener fede alla sua parola d'onore.
Quelle quattro parole mi fecero sentire inaspettatamente vuota. Pensai a cosa avrei avuto fuori di lì dopo che mi era stato tolto tutto, tralasciando la mia amica che mi aspettava. Mi ero messa a rischio io stessa quando mi accomodai su quella sedia rossa al Black Moon, perché infondo il mio inconscio sapeva perfettamente che avevo tremendamente bisogno di regalare un brivido in più a quella vita che non faceva altro che ridisegnarsi monotona per me. Ma se adesso avessi davvero ottenuto quella libertà, se avessi ripreso la mia vita in mano, che cosa ne avrei fatto?
E lui mi avrebbe davvero lasciata andare?
Non potevo perdere altro tempo. Alzandomi dalla poltrona mi diressi verso l'uscita. Qualsiasi fosse stato l'esito finale, la mia mente bramava respirare un po' d'aria fresca.
La maniglia della porta era sotto il controllo della mia mano, così come la porta che lentamente schiusi.
Ma una terza mano si aggiunse bloccandomi l'apertura, provocando al mio cuore la perdita di un battito.
«Ma ciò non significa che non proverò a riaverti in altri modi.»
Alle mie spalle la voce lussuriosa e trascinata di Dimitri, mi riscaldava l'orecchio trasformandomi invece in un blocco di ghiaccio. Sentii il suo collo lasciarsi scricchiolare in modo teatrale. Dopo di ciò, la sua mano scivolò via dalla porta acconsentendomi finalmente la libera uscita. Ma rimasi statica ad osservarla, per realizzare le sue ultime parole. Era peggio di un demone della quale nemmeno il miglior esorcista sarebbe riuscito a liberarti.
«Ancora qui? Corri, il tempo scorre.»
Mi voltai a dare un'ultima occhiata a Dimitri. Il suo umore era cambiato. Si era stravolto. L'esaltazione che sprigionava quando mi propose il gioco, era come svanita nel momento in cui mi doveva lasciare andare.
Io rimasi però convinta che una volta uscita da quella porta, non avrei ottenuto nessuna risvolta.
Completamente in contraddizione con il modo in cui andarono le cose. Perché ciò che realmente mi stava aspettando, era qualcosa che avrebbe cambiato il corso degli eventi e che avrebbe marchiato la mia vita, per sempre.
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REDAMANCY
Romance"Ho sempre protetto quella cosa che mi apparteneva fin dal principio, così pura e trasparente come un cristallo di neve in inverno. Ma non avrei mai augurato alla futura me stessa, che un giorno quel candore innocente e leale, si sarebbe macchiato d...