삼십

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Il primo gesto d'amore.
Un bacio senza condizioni.
Un'azione da me intrapresa.
Nessuna costrizione.

Mille sentimenti scatenai sulle sue labbra, stringendogli le braccia per tutte le volte che avrei voluto essere abbracciata, graffiandogli la schiena per tutte le volte che avrei voluto essere io ad abbracciarlo, afferrando i suoi capelli con quella passione che aveva bisogno di infrangere ogni ostacolo che le aveva impedito di esplodere fino ad allora. Mordendogli le labbra per tutte le parole amare dette e le parole d'amore mai pronunciate.
Lo punivo e lo amavo. La incidevo sul suo corpo la sofferenza del mio amore costretto nel silenzio e nella guerra per troppo tempo. La sfioravo la sua anima incandescente esondante di estasi.
La dannazione che forgiava i nostri corpi era lancinante, come di quando non potevo sentire la sua voce, ma i ricordi urlavano nella mia mente richiamandomi a lui.
Tutta la nostra situazione era estremamente delicata, ricordandomi di quel petalo di Sakura che si adagiò sul mio palmo quel giorno, ma rivelandosi travolgente a giudicare dagli avvenimenti che mi accaddero da allora.
Immaginai il mio angelo custode seduto a fissare le mie decisioni di vita e dire: "Wow... vado a dare le dimissioni a Dio!", sentendosi incapace di controllarmi e di proteggermi.
D'altronde, lo sapevo già. Chiunque mi avrebbe giudicata.
Ma del giudizio di chi non aveva vissuto le mie stesse emozioni, poco mi importava.
Perché quando ti si avvelena il cuore, solo un atto altrettanto potente può salvarlo.
Le nostre labbra restarono in collisione per un tempo indefinito, indeterminato, con l'unica misura della nostra noncuranza del suo scorrere. Avevamo smesso di contarlo. Nessuno dei due mollava la presa. L'obiettivo che nacque in comune fu quello di riprenderci tutto ciò che ci eravamo persi l'uno dell'altro.
«Se prima mi dicevi di averti rovinato la vita, adesso sei totalmente fottuta.»
Tra un respiro affannato e l'altro, lui riuscì a nutrire per bene la follia che era insidiata in me. E conoscendo la sua anima, seppi che quella era una verità di cui ero consapevole molto bene, ed io ci ero andata incontro.
Perché lui era quella persona che quando lo guardi pensi "lui mi fotterà la vita".
Poi lo riguardi e dici: "Al diavolo, accomodati pure!".
E se c'era una cosa che ero riuscita ad imparare, è che le cose belle perdono tempo ad arrivare.
E nel nostro caso ne spiccò una in particolare:
La Redamancy.
Perché essa è l'atto di amare chi ti ama. Un amore ricambiato in pieno. Completamente.
La Redamancy è la nostra stessa esistenza.
"Senza di te, senza di me, non ha senso essere una metà quando non sarai mai più intero. Ecco perché ho bisogno di te, anche se non ti merito. Ho ancora bisogno di te.".
È un'arma con su inciso amore che lacera ogni controversia.
Era la soluzione finale alla nostra storia.
Ottenuta solo dopo aver abolito quel muro di orgoglio che vi era tra di noi.
Era la verità pura e pericolosa per quanto incompresa da chiunque avesse assistito a quel percorso insano.
Quel raro fiore che sboccia nelle avversità, questo eravamo.
Volammo liberi nel cielo.
«Ecco cosa succede quando un cristallo di neve cade tra le tue mani.»
Tentai di spiegargli cosa provava il mio cuore ogni volta che un fiocco di neve si fidava di me, decidendo di sciogliersi e di morire sulla mia mano.
Ed io mi fidai di lui. Disciogliendomi per sempre sulla sua anima e fondendomi con essa.
«Non mi hai ancora mostrato però, cosa succede quando diventi parte di me.»
Il suo messaggio era chiaro. Voleva di più.
Il mio cuore mi stupì non credendo potesse battere più rapidamente di come lo stesse già facendo.
Affondò la sua mano sulla mia stringendola forte, mentre io fallivo ogni tentativo di smettere di tremare.
Era il momento di saziare quella lunga agonia che non ci aveva mai dato tregua. Lo capimmo nell'attimo in cui nonostante ci prese così male da baciarci tanto forte fino a stringerci, come a voler trapassare il corpo l'uno dell'altro, non riuscimmo comunque a soddisfare egualmente a pieno il desiderio che provavamo, avvertendo un vuoto dentro di noi che bramava e pregava di essere colmato.
«Lo senti anche tu?»
Le sue labbra continuavano ad essere ad un centimetro dalle mie, sussurrandomi con voce trepida una richiesta ben celata.
«Mi sta divorando.»
Misi la sincerità al primo posto, dichiarandogli che non era il solo a percepire quel desiderio smanioso e costante.
Le nostre anime avevano fame. E qualcosa mi diceva che si trattasse di un appetito insaziabile.
«Per quanto tempo vuoi lasciarci divorare ancora?»
L'altra sua mano libera mi spostò i capelli accarezzandomi prima la guancia e poi le labbra.
«La neve non cade per sempre. Meglio non farla attendere!»
Avevo deciso che il tempo della sofferenza era terminato per entrambi.
Dimitri non regalò all'attesa un secondo di più. Mi sollevò da terra come se avessi il peso di una piuma e con passo spedito salì una rampa di scale fino a giungere l'ultimo piano della casa, dove solo lui poteva accedervi.
«I ragazzi e Shiori!»
Un lampo di preoccupazione tramortì il mio cuore.
«Dimenticali, li ho fatti uscire per far visitare Aspen a Shiori. Non preoccuparti, nessuno la sfiorerà. La proteggeranno, è al sicuro.»
Non esitò a rassicurarmi. Davvero non capivo in che momento avesse dato l'ordine ai ragazzi però.
«Ma quando lo hai fatto?»
La mia voce traballò durante quella corsa breve.
«Ricorda: io sono sempre un passo avanti a tutto. Adesso rilassati, non hai nulla da temere.»
Aveva pensato a tutto lui nei minimi dettagli. Non avevo di che stupirmi, d'altronde, era pur sempre un boss abituato a non tralasciare nessun dettaglio.
Un profumo familiare invase i miei sensi, eravamo appena entrati nella sua stanza. La mia schiena si ritrovò a rimbalzare sul materasso di un letto immenso. Il suo.
Con uno schiocco di dita, le luci vennero spente. Eravamo illuminati solo dalle lucine natalizie che si intravedevano dalla finestra.
Le sue mani afferrarono le mie caviglie, tirandomi verso l'estremo del letto.
Subito dopo me lo ritrovai addosso. Continuò ciò che avevamo interrotto prima, baciandomi ardentemente da fare invidia persino alle fiamme più alte di un incendio.
Il suo corpo strofinava freneticamente sul mio e si incastrava in maniera adiacente e perfetta.
«Un giorno di più, e sarei morto desiderando di farti mia.»
Si staccò solo il tempo di bisbigliare al mio orecchio le sue condizioni.
Colse l'occasione della vicinanza per focalizzarsi sul mio collo scoperto. Non fu incline alla delicatezza nel suo assaporarmi. In nessun momento mi fece dimenticare di chi fosse, mettendo involontariamente in azione la sua attitude da boss, anzi, da Kumicho che era. Particolare che mandò il mio cervello in tilt il doppio.
Non mi ci volle molto per portare via la sua maglietta. La mia pelle urlava di volere la sua addosso. Ed il gesto fu ricambiato.
Senza accorgermene mi capovolse facendo prendere alla mia pancia contatto stretto con le lenzuola.
Il mio dragone rosso era in bella vista.
Ogni singolo millimetro di inchiostro venne baciato dalle sue labbra. Era come se stesse prendendo vita adesso.
Avvicinandosi pericolosamente al mio viso, mi sentii dire qualcosa.
«Amerò ogni parte di te. Ti amo già adesso.»
Ed in tal modo e come solo lui avrebbe potuto fare, eliminò l'odio nascosto che nutrivo verso quell'irezumi.
Ma non ci fermammo solo a quello.
Intanto oltre al suono dei nostri respiri anelanti, venimmo accompagnati dalla mia colonna sonora preferita che solo il cielo poteva suonare. Era la neve che scendeva e metteva le sue radici al suolo per un lungo tempo stavolta.
Non poteva non accompagnarmi nel momento più intenso della mia vita.
Lì dove gli donai completamento la cosa più preziosa che avessi protetto fino ad allora.
«Adesso è tua, per sempre.»
La mia purezza, l'aveva presa lui.
E mai mi pentii di avergliela concessa.
«Me ne prenderò cura.»
Poggiò un bacio lento sulla mia mano racchiusa nella sua. Dai miei occhi sgorgavano lacrime di commozione.
«Il mio cristallo di neve.»
La carezza che susseguì quella sua affermazione, fu davvero delicata questa volta. Come ad enfatizzare maggiormente quanto fragile fossi per il modo in cui mi aveva appena chiamata.
Ma io questo ero, e lui lo sapeva benissimo. Mi aveva vista sotto ogni punto di vista. E mi aveva amata così. Così in contrasto con ciò che era lui. Ma al contempo così uguali da condividere la stessa folle passione.
Da quel momento in poi, ogni avvenimento venne da sé, veloce come lo scorrere di un ruscello d'acqua.
Per ogni giorno che passava, una sofferenza in più veniva ripagata.
«Sai, mi piaci di più così. Vederti libera, libera di voler essere mia.»
E quello era il giorno perfetto per dare voce a tutti i silenzi passati. E sarebbe accaduto di nuovo nella sua stanza.
Non potetti che pensarla come lui. Aveva pienamente ragione. Non esiste cosa più bella della libertà di scelta. Perché è così che ogni azione intrapresa acquisisce un vero valore. Il poter fare qualcosa perché si vuole davvero, e non perché si è obbligati a compierlo.
«Hai ragione. Libera di amarti, libera di stare con te, libera di baciarti, libera di stringerti, di parlarti, di toccarti, anche solo di guardarti. Libera di dirti di sì e di sposarti un giorno...»
Elencai tutte le obbligazioni a cui mi aveva sottoposto in passato. Ma una catturò la sua attenzione stravolgendogli lo sguardo.
«Ho sentito bene?»
Il colore della sua pelle cambiò e udivo quasi il suono del suo cuore. Avevo detto qualcosa di molto forte e me ne ero appena resa conto.
«Hai ragione, tempo fa volevi sposarmi solo per arrivare ad uno scopo. Ora non so più niente al riguardo.»
Il mio sguardo si perse in quel lontano ricordo e si spense un po'. Ma non volevo annegare in quei pensieri bui, perché adesso le cose erano cambiate.
«Ti informo io allora. Sai perché ho scelto un'altra via per uccidere Takuma, escludendo il matrimonio?»
Le sue mani gesticolavano seguendo la sua espressione facciale. Stava in piedi davanti a me che ero seduta sul letto, ma nonostante quella distanza, riuscii ad avvertire la sua ansia nel giungere ad una conclusione a me sconosciuta. Un po' come ai vecchi tempi.
«Perché hai capito che non fosse necessario? Infatti lo hai tolto di mezzo lo stesso.»
Espletai la mia conclusione con l'ovvietà di quel fatto di cui ero da sempre stata convinta. Mi sembrava così scontata la risposta, eppure mi sbagliai.
«Errato. Come pensavo. La partecipazione di mio padre in realtà sarebbe stata di vitale importanza per vendicare mia madre al 100%.»
Dimitri si avvicinò a me, e mi rispose con la sua voce che divenne improvvisamente soave. Io rammentai del patto sancito con il padre in cui lo obbligava a sposarsi e a dargli un'erede in cambio del suo aiuto nello spodestare lo yakuza.
«E allora perché?»
Di fronte al fatto concreto che lui in fin dei conti fece ugualmente tutto da solo, mi sorse il dubbio. Ma lui fu in grado di risolvere anche quello.
«La verità è che riflettendo, ho capito di doverti lasciare anche questa libertà un giorno.»
Il suo braccio aprì un cassetto da cui estrasse un oggetto che vi era riposto in esso ed io persi un battito. Il ritmo della mia respirazione cambiò, come quando realizzi che per natura è il tuo corpo a respirare in maniera involontaria, e improvvisamente devi occupartene tu.
«Ecco vedi... quel giorno è appena arrivato.»
I suoi occhi sprofondarono dentro ai miei. Io stavo vedendo galassie in quel momento.
Avevo capito tutto.
«Crystal, mi concedi l'onore più grande della mia vita?»
In contemporaneo alle sue parole, aprì quel cofanetto, ma era già chiaro e lampante cosa ci fosse al suo interno. In particolare, aprì il mio cuore.
Un detto dice:
"A volte una vita può durare un secondo, e un'istante può durare in eterno".
E fu in quel preciso secondo che scelsi di rendere quell'istante, una vita intera.... amandolo con un SÌ.

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