La superficie asciutta su cui mi trovai distesa era di gran lunga più confortevole del prato umido e rigido dove mi accasciai prostrata la notte precedente.
Curiosa, più che spaventata e senza un ciglio di preoccupazione, mi chiesi in quali grinfie fossi finita questa volta, ma a differenza delle altre, non mi importò poi così tanto.
Ogni cosa ora più che mai, aveva perso senso e colore per me. Nemmeno il sole che si insinuava tra le fessure di quelle veneziane semiaperte, brillava più agli occhi della mia anima. Tutto era buio e immenso.
Con difficoltà mi liberai di quelle coperte morbide che avevano provato a riscaldare il mio corpo infreddolito. Mi avevano protetto invano dagli incubi e avvolto per tutto il mio riposo tormentato dal tremolio del mio corpo ad ogni respiro.
I vestiti erano gli stessi. Nessuno aveva osato approfittarsi di quella situazione. Ma prima di poggiare i piedi per terra, capii chi fosse il padrone di tanta fortuna. Il volto di chi sembrava essersi preso cura di me, entrò in quella stanza e prese posto sedendosi sulla poltrona di fronte al letto. Ero a casa di Kaede.
«Stai bene?»
Una domanda di cui ne avevo dimenticato l'esistenza.
«Sopravvivo. È stato lui a mandarti?»
Quella fu un ipotesi abbastanza azzardata ed impossibile, considerando che Dimitri avrebbe preferito perdermi piuttosto che dare la possibilità di starmi vicino alla persona con cui stavo parlando. «Te l'ho già detto, Crystal. In questo momento della mia vita, la mia priorità è quella di assicurarmi che tu stia bene. Sono qui per conto mio, come la mia volontà!»
I suoi occhi erano sinceri. Non mi ero mai resa conto che la determinazione fosse anche una sua dote.
«Mi hai seguita?»
Cambiai le note di quella conversazione, mutando involontariamente il mio sguardo in un'espressione sbigottita ma con il sorriso sulle labbra al contempo.
«Io non la metterei proprio in questo modo...»
Le mani di Kaede si affrettarono a sventolarsi per aria in segno di negazione, per poi alzarsi e cambiare la sua postazione in quella che era dalla poltrona al bordo del letto.
«Mi hai seguita!»
Ottimizzai la domanda in un fatto certo.
«Non puoi ringraziarmi semplicemente di averti salvata e smettere di farmi sentire uno stalker?»
Le curve delle sue labbra si innalzarono di qualche centimetro dando luce ad un sorriso che voleva però celarsi.
«Ti ringrazio... stalker!»
Risi a mia volta, ma rimasi impietrita da come quel ragazzo di fronte a me era riuscito a farmi sorvolare per un'instante da tutto il casino che mi portavo dietro. Kaede mi faceva bene.
«Quindi questa volta hai messo davvero un punto? È storia chiusa?»
Ma allo stesso modo in cui mi distraeva, mi riportava indietro nel tempo veloce come un razzo.
Il mio sguardo si perse nel bel mezzo del nulla. Il clima atmosferico cambiò, o probabilmente era la mia temperatura corporea ad aumentare.
«Così sembra...»
Fu difficile dare una risposta netta, preferii agevolare la mia confusione mentale girandoci intorno.
«È casa tua questa?»
Come entrambi ci aspettavamo, presi il primo svincolo che vidi conducendoci ad un altro argomento.
«Così sembra.»
Doppiò la mia frase pur di mettermi di buon umore.
«Non avrebbe più senso restare dal boss adesso che te ne sei andata. Se hai bisogno che io faccia qualcosa per te, non esit-»
E se si aspettava una mia esitazione, aveva pensato male.
«Ho bisogno del tuo aiuto, per piacere!»
Troncai istantaneamente la sua frase con la mia, e nonostante sapessi che non si sarebbe ovviamente tirato indietro, la riga centrale sulla mia fronte venne fuori formata dalle sopracciglia incurvate dalla speranza.
«Al suo servizio, my lady!»
Rabbrividii a quel modo di chiamarmi che fino a qualche giorno prima era appartenuto solamente e da sempre ad un'unica persona.
«C'è una cosa che devi fare per me. Ma abbiamo bisogno di un auto dai vetri oscurati.»
Strinsi i denti preoccupata che la mia richiesta potesse essere troppo pretenziosa. Kaede nel frattempo era sceso dal letto mettendosi in piedi.
«Tutto qui?»
Aprì le sue braccia ed i palmi delle mani rispondendomi con un ovvietà, come se gli avessi appena chiesto una caramella da aggiungere alla lista della spesa.
«Sì, per ora...»
Le mie pupille sembrarono seguire una pallina da ping pong balzare da una direzione all'altra.
Più tardi eravamo già a bordo della mia richiesta esaudita con il semplice bisogno di una chiamata. Kaede aveva preso il suo cellulare in mano, e aveva chiaramente espresso la sua esigenza senza aspettare un responso dall'altra parte. Ciò mi diceva alla testa, che anche lui avesse le sue conoscenze ed era a capo di qualcosa.
«Inserire destinazione, prego.»
Il ragazzo parlò a memoria sopra la voce metallica e femminile del navigatore incorporato, chiedendomi con stile dove volessi andare.
«Ti porto a prendere da bere. Andiamo al Sakura Coffee!»
Era tempo di riprendermi ciò che mi era stato tolto, partendo dalla mia amicizia con Shiori.
«Let's go!»
Kaede non protestò minimamente e fece come desiderato da me, con un entusiasmo che mi incoraggiò a pensare su come avrei dovuto affrontare la mia amica.
Quel ragazzo era diventato il mio genio della lampada, con l'eccezione di non avere nessuna catena ai polsi, era un genio libero.
Più andavamo avanti, più oltre alla strada ripercorrevo anche i ricordi.
Una volta arrivati, Kaede spense l'auto e si voltò a guardarmi. L'ingresso era davanti ai miei occhi. Sentii il suono della maniglia della portiera aprirsi, ma non era la mia. Fulminai con lo sguardo l'azione sconsiderata del guidatore, ma senza fargliene una colpa. Non sapeva ancora quale fosse il mio fine a quella uscita.
«Non è ancora il momento!»
Oltre questo, spiegai a Kaede cosa eravamo venuti a fare per davvero.
«Aspetteremo la chiusura di pranzo che avverrà esattamente tra mezz'ora. In seguito tu andrai a parlarle per convincerla a salire in auto con noi. Io non posso rischiare di farmi vedere. Ecco il piano.»
Era tutto assiduamente calcolato, ma improvvisato. Non avevo nessun'aspettativa da lui, ma era comprensibile se Shiori non avesse accettato.
«Okay, ma credi davvero che lei cederà? Voglio dire..
non mi conosce, penserà che io voglia rapirla o qualcosa del genere. Potrei terrorizzarla!»
Aveva ragione da vendere, ma misi a tacere il suo panico perché avevo pensato anche a quello.
«Eh tu dille- Oh merda!»
Non era proprio questo ciò che avrebbe dovuto dirle, ma qualcuno mandò al diavolo i miei progetti.
Kaede spalancò le sue orbite oculari per quello che era appena venuto fuori dalle mie corde vocali. Confuso e disorientato, seguì il mio sguardo poggiandosi anch'esso sul cambio di programma dai capelli sorprendentemente nero corvino ed un outfit unicamente Gucci a vestirlo. Non poteva che essere... Levi!
«Questo di certo non era nei miei piani.»
Il fumo visibile creato dal freddo, accompagnò perfettamente la mia voce congelata dalla delusione di come stessero andando le cose.
Lui se ne stava lì poggiato sulla fiancata della sua alta macchina nera, con le braccia conserte come le sue gambe incrociate, e la pazienza di chi attende l'arrivo di qualcuno come fosse un pasto prelibato.
Sapevo che Dimitri era così bastardo da usare la mia amica come esca per riprendermi. Ecco motivata la mia richiesta numero uno. Scelsi appositamente un mezzo con l'impossibilità di vedere l'interno dall'esterno.
«Dimmi che hai un piano B.»
La preoccupazione del passeggero accanto mi guardò aspettando i miei comandi.
«Non ce l'ho. Ma lo creerò adesso, che problema c'è?!»
Sorrisi come se bastasse per nascondere il mio nervosismo, ma dovevo farlo! E se non fosse stato abbastanza, avrei escogitato anche un piano C, o uno D o addirittura l'intero alfabeto pur di salvarla.
«Dobbiamo essere più veloci di lui, Shiori è in pericolo! Ma adesso nemmeno tu puoi farti vedere. Ti userebbero per arrivare a me, e credimi, nessuno di loro si farebbe scrupoli ad ucciderti.»
Mi sentii male al pensiero di ciò che sarebbero stati capaci di fargli. Se Dimitri lo avesse visto al mio fianco dopo essermene andata via da lui, Kaede non avrebbe avuto un secondo di più per respirare. Dimitri stava vivendo l'abbandono.
«Mancano ancora 20 minuti prima che Shiori esca e...»
Preferii non dare voce all'ipotesi di ciò che sarebbe potuto accaderle.
«Non delirare. Ho il piano di riserva proprio in mano!»
E se Kaede era il genio, il suo cellulare era la sua lampada. Con un'aria da uomo realizzato, compose un numero da chiamare sul medio schermo digitale dell'auto, collegato al suo telefono.
«E quand'è che ci avresti pensato?»
Ero ancora incredula. Il tempo di elaborare qualcosa era davvero ristretto.
«Adesso!»
Disse l'ultima parola prima che una voce rispose dall'altro lato della cornetta.
«Ne è passato di tempo amico!!»
Era un ragazzo. Mi si strinse di più il cuore a mettere in pericolo anche un'altra giovane vita, in più amico di Kaede.
«Yuta! Ascoltami bene amico mio. È arrivato il momento di saldare il tuo debito.»
Era difficile capire se il suo tono di voce fosse severo sul serio o per gioco.
«Finalmente, non ci dormivo più! Mandami la posizione esatta, arrivo in un attimo!»
A quanto pare era l'unica sua conoscenza che abitava nelle vicinanze.
Non appena misero giù, non persi tempo a sprigionare la mia curiosità come un cane al guinzaglio da un anno.
«Di che debito si sta per liberare il tuo amico?»
Cercai di distrarmi un solo secondo dall'agitazione sferzante che stava per evolversi in un attacco di panico.
«Mi ha soffiato la ragazza. Ma hanno casualmente rotto dopo soli tre mesi.»
La sua lingua fece pressione sul suo palato, girando intorno a quella casualità.
«Quanto ci metterà ad arrivare?»
Sentivo un orologio invisibile ticchettare dentro lei mie orecchie, con il terrore che esplodesse da un momento all'altro come una bomba ad orologeria. I minuti passavano, ma non si portavano via l'ansia.
«È già qui.»
Mentre parlava, il suo sguardo era fisso sullo specchietto laterale retrovisore. Probabilmente viveva davvero nel palazzo più avanti.
Stirai il mio collo per giungere alla sua stessa visuale, e malgrado lo sforzo non mi pentii di averlo fatto.
Le lenti argentee dei Ray-Ban che portava quel ragazzo, sembravano specchiarci il riflesso di tutto ciò che vedeva. I suoi capelli nero ossidiana gli cadevano morbidi sulla fronte, come se fossero appena stati lavati e profumati. Più eliminava la distanza tra noi e più notavo dettagli nuovi venir fuori, come il rossore sanguigno sparso solo in alcune zone delle sue labbra ed in altre chiare quasi come la sua pelle. Soffrivano probabilmente il freddo, spaccandosi. Ma ciò donava a quel ragazzo dall'età sconosciuta, un aspetto più provocante in simbiosi con la sua camminata di un certo tipo.
«Quanti anni ha questo Yuta?»
Mi applicai a non far cambiare rotta al mio sguardo di un solo centimetro.
«Yuta ha 32 anni... Hey!! È troppo grande per te.»
E se ne ero rimasta ipnotizzata, la risposta gelosa di Kaede mi risvegliò.
«Sto guardando la persona giusta?»
Pochi secondi dopo, l'entrata sportiva di Yuta sull'auto di Kaede placò ogni mio dubbio.
«Ma di cosa vi nutrite?»
Entrambi i presenti dimostravano all'incirca 5 anni in meno della loro attuale età. Se si facevano guardare, era colpa loro.
L'ultimo arrivato tolse i suoi occhiali da sole fuori stagione, dandosi una calorosa e sorridente stretta di mano con l'amico che aveva tradito. Sostanzialmente, era come se non fosse mai accaduto niente di scomodo o sconfortante.
In seguito puntò i suoi occhi bruni sui miei due cristalli ben aperti, impegnati a perlustrarlo.
«Tu devi essere Crystal?!»
Il suo modo di presentarsi a me come se già mi conoscesse, mi rivelò che qualcuno non aveva tenuto la bocca cucita.
«Vuoi un nuovo debito Yuta?!!»
Notai come non ci fossero onorifici tra i due nonostante i due anni di differenza, e la confidenza con cui scherzavano apertamente senza offendersi mi dava l'idea che si conoscessero dall'infanzia.
«Mancano solo dieci minuti.»
Catturai la loro attenzione avvertendoli di come il tempo scorreva velocemente.
Feci quasi lo spelling di ogni parola che dissi, assicurandomi che comprendessero lettera per lettera. Un singolo sbaglio, e Shiori era andata.
Avevo paura.
«Le dirò che sei tu a mandarmi, ma se non mi crede?»
Fu come sentirmi ripetere la stessa domanda per ben due volte. Ebbe lo stesso e giusto timore di Kaede.
«...Tu chiamala Lily.»
Il suo nome vibrò sulle mie labbra.
Lily Shiori. Un nome, che nessuno oltre me conosceva. Esitai prima di rivelarlo, ma quando la situazione si fa complicata, a volte è necessario dare dei colpi bassi per arrivare in alto. La sua pelle in cambio del suo nome. Ricordai del modo in cui mi tappò la bocca, quando lo annunciai ad alta voce dopo averlo appena conosciuto. Quelle quattro lettere innocenti, in realtà adombravano un passato vorticoso. Il ragazzo iniziò a pronunciarlo silenziosamente come se fosse un incantesimo di magia.
«Adesso vai. Non dimenticare, il retro!»
Diedi il via a Yuta. Era da lì che avrebbe avvicinato a sé Shiori. In tal modo, nessuno, né tanto meno Levi si sarebbe accorto della nostra presenza.
«Ha soltanto cinque minuti di tempo esatti per persuaderla e convincerla prima che il moro si insospettisca del suo ritardo. Credi ce la farà?»
Non conoscendo Yuta, scaricai le mie preoccupazioni e ansie sul suo amico che provò a rassicurarmi.
«Se è riuscito a soffiarmi la ragazza, c'è un motivo. Yuta ha un certo fascino e una tattica di persuasione... lui semplicemente, non può perdere! Lo vedrai con i tuoi stessi occhi, non avrà nemmeno bisogno di chiamarla per nome.»
Un vento di arresa girava attorno ai suoi pensieri con lo sguardo che frugava nel passato.
«Dici questo perché non sai chi è Shiori.»
Pregai silenziosamente che riuscisse in quella che in realtà era un'impresa.
Quella ragazza non era una facile. Era intelligente e molto attenta a tutto, capace di schivare un proiettile per quanto non le sfuggiva nulla. Shiori era stata addestrata così. Dolce come il miele, ma distillava assenzio. Non si sarebbe lasciata ammaliare dall'evidente bellezza di Yuta, e salire in auto con un ragazzo appena conosciuto. Dal mio canto, non potevo farmi vedere in nessun modo, nemmeno abbassando il finestrino. Avrei rischiato di essere vista, e so per certo che la reazione di Shiori sarebbe stata giustificatamente troppo avventata e avrebbe attirato a sua insaputa l'attenzione del leone che si trovava proprio dietro l'angolo. In aggiunta, come se non bastasse, avevo dimenticato il mio cellulare nelle mani di Dimitri essendomi ormai abituata alla sua assenza, e non ricordavo più a memoria il numero di Shiori da quando avevo smesso di chiamarla. La conclusione proclamava che quel ragazzo di nome Yuta, era davvero la mia sola possibilità di salvarla con quell'unico piano sconsiderato di cui ero in possesso, che avrebbe fatto ridere a chiunque. Ma non sapevo cos'altro inventarmi. Era qualcosa di altamente disperato. Qualcosa dell'ultimo minuto.
L'ora era scattata. Intravidi Shiori chiudere le porte voltando il cartello appeso dalla parte che annunciava la chiusura momentanea. Vederla fece rivoltare il mio cuore in due capriole. Levi aveva già puntato il suo bersaglio accennando un sorriso malizioso e sistemandosi il colletto della sua camicia nera semiaperta.
«Volta sul retro!»
La tensione che marcava la mia voce dura mi stava per divorare viva.
«Non morirmi in macchina Crystal. Ce la faremo!»
Kaede era l'essere più ottimista e rassicurante della terra.
Fece ruotare il volante sotto le sue mani con estrema facilità ed eravamo già lì dietro, di fronte la reazione perplessa ed esitante della mia amica smontare la convinzione astrale di Yuta. Come immaginavo... Shiori era immune alle moine leziose. Vidimo il ragazzo indicare l'auto su cui la pregò di salire, ma inflessibile continuava a tenere lo sguardo rigido e serio che mi preannunciava fallimento. Non poteva che sentirsi turbata dal modo in cui qualcuno mi riportò nella sua vita improvvisamente.
Il tempo era scaduto. Shiori diede le spalle al ragazzo per andarsene con addosso un'aria del tutto infastidita e scossa.
«Lily!!»
Yuta giocò la sua ultima carta.
Il corpo di Shiori si fermò all'istante, bloccandosi all'impatto come quando stai per attraversare i pedoni, ma improvvisamente ti accorgi che un auto non ha intenzione di darti la precedenza. La pioggia di lacrime annegò i suoi occhi ed erano le uniche cose che scorrevano, a differenza delle sue movenze che sembrarono sospendersi per aria come il tempo.
«Crystal!»
Era Yuta ad averla chiamata per nome prima, ma lei invocò me con la voce interrotta e spezzata quanto lo era il suo cuore.
Se l'abbandono può essere affiancato alla salvezza, persone come lei avrebbero preferito non essere salvate. Ma io scelsi per lei, nascondendole ogni cosa fin dal principio.
Adesso era nuovamente tempo di volerla vedere salire a bordo di una nuova salvezza.
Per tutte le volte che la misi in pericolo, non meritavo di starle accanto, non meritavo le sue lacrime, una sua singola parola, uno sguardo, non meritavo lei.
Shiori sembrò convincersi a venire verso di noi, ma come di rito... era troppo tardi.
Un uomo dallo sguardo in fiamme dalla rabbia aveva appena svoltato l'angolo, ed i suoi occhi parlanti dicevano che nessuno si era mai preso gioco di lui in questo modo.
«Corri verso la macchina Lily!!»
Yuta urlò traumatizzato dopo aver inquadrato per bene la situazione.
Ma la mafia, non conosce pietà.
Ne la pietà, conosce la mafia.
E non c'è "No" da poter rispondere ad un boss. Chi torna a casa a mani vuote, le avrebbe anche perse per quanto ritenute inutili. Ma nessuno avrebbe voluto correre questo rischio.
Il braccio di Levi si estese impugnando la sua pistola bene in vista, senza preoccuparsi di chi avrebbe potuto vederlo. Infondo, è da qui che si giunge alle radici, perché il vero governo apparteneva a loro, e l'unico governatore era Wang Dimitri.
La sua ira puntò l'arma contro Yuta vedendolo non come una persona, ma come un ostacolo e nient'altro che quello.
Non avrei permesso questo. Era troppo presto per quell'anima innocente di andar via. Non era ancora giunta la sua ora. Aprii la portiera scendendo sull'asfalto rigido, mentre Shiori riprodusse il mio gesto con la portiera posteriore per salire sul retro. Aveva visto un'arma, era spaventata a morte. Incontrammo a metà strada le nostre iridi, recipienti traboccanti di lacrime. Un'istante che parve l'eterno. Era distrutta. Come lo ero anch'io.
Vidi la sua primavera florida, spogliarsi in un autunno triste e vuoto.
Mi assicurai che fosse all'interno al sicuro con Kaede, a cui bastò un mio sguardo sfuggente a riferirgli di prendersi cura di lei in quel trepido momento. Poi, secondo il mio piano BI, che stava per "brutalmente improvvisato", corsi verso quella situazione inguardabile per quanto aberrante.
A barrare la strada di Levi c'ero io, che mi posizionai tra lui e Yuta. Sembrava che tutto andasse a rilento.
«Provaci adesso!»
Strinsi forte i denti causandomi crampi alla mandibola per sfidarlo. Ma non ero così stupida da non aver già previsto il finale.
Levi non poteva cliccare sul grilletto. Sbagliare il colpo ed uccidere me, sarebbe stato l'equivalente di uccidere se stesso ma in un modo più doloroso che solo Dimitri avrebbe riservato a chi avesse osato rimuovere per sempre la sua donna dalla faccia della terra. Ciononostante, la mira accurata del ragazzo avrebbe potuto perforare perfettamente il cranio di Yuta alla mie spalle, senza sfiorarmi o torcermi un solo capello.
Ma era chiaro che se lo avesse fatto, Levi sarebbe andato spudoratamente contro la mia volontà, infrangendola... e qualcuno non avrebbe voluto nemmeno questo. Probabilmente era stata la forte scarica di adrenalina a farmi venire questo lampo di genio.
«Perché complichi le cose Crystal?!!»
La frustrazione lo invase, sentendosi costretto a dover abbassare l'arma che prima aveva sfoggiato con nonchalance.
«Bada a come parli! Potresti mancare di rispetto a qualcuno.»
Provai quasi dolore fisico nell'essere così crudele con lui.
Dopo aver conosciuto Levi, sapevo bene che ciò che stava facendo non era altro che lo svolgimento di un compito assegnatogli. Personalmente, e trascurando con colossale fatica cosa il mio cuore provava per davvero, non mi sentivo più legata a Dimitri in alcun modo. Ma per Dimitri stesso, non era così. E l'unica via d'uscita da lì, era approfittarmi di ciò per tenere sotto controllo Levi, che era combattuto inutilmente tra l'esaudire la richiesta del suo boss ed il non poter fare più nulla in una partita a scacchi dove le mosse possibili erano terminate.
«Sai che non finisce qui! Dovresti dargli l'opportunità di parlarti. Lui non è Kazuki Hayashi! Ma è molto, molto ferito da te.»
Annunciò il suo messaggio finale e andò via con un pugno di niente in mano, lasciandomi con un dolore ancora più grande dentro.
Mi piegai per terra su me stessa, dando sfogo a tutte quelle lacrime che si erano trattenute fino a quel momento.
Avevo pensato che si stesse comportando come la bestia che uccise sua madre divorato dall'ossessione, ma forse non era questo che voleva... Dimitri si era chiaramente sentito abbandonato.
L'unico modo che aveva per comprendere la mia azione, era tornare al principio di tutto.
«Quando ti sentirai meglio, vorrei sapere come hai fatto a liberarti di quel pazzo criminale.»
Con lo sguardo incredulo, Yuta si abbassò al mio livello accarezzandomi la schiena. Il suo fiato era sospeso. Sembrava essersi preoccupato, ma non spaventato così tanto.
«Deve prima chiedere il permesso a chi comanda per poter andare contro la mia volontà. Non era preparato abbastanza questa volta. Ma tornerà.»
Smisi di singhiozzare per un secondo e mi intrufolai in quel minuscolo spazio per spiegargli in termini brevi di come stessero le cose, ma non pretendevo la sua totale comprensione .
Con vista appannata, intravidi Kaede scendere immediatamente dalla macchina una volta che non rischiava più di essere visto. Era stata una mia richiesta quella di non venirmi a soccorrere in nessun modo.
Doveva vegliare su Shiori che ne aveva più bisogno. Glielo avevo imposto.
Con difficoltà accettò la mia decisione solo perché lo convinsi che non potevo essere toccata da nessuno, a meno che qualcuno non desiderasse morire.
«Yuta, mi dispiace.»
Mi affrettai a rivolgergli due parole importanti prima che l'altro arrivasse.
Una nuova persona si era aggiunta alla lista di tutti quelli che stavano per rinunciare alla loro vita, per una vita insignificante... che era la mia.
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REDAMANCY
Storie d'amore"Ho sempre protetto quella cosa che mi apparteneva fin dal principio, così pura e trasparente come un cristallo di neve in inverno. Ma non avrei mai augurato alla futura me stessa, che un giorno quel candore innocente e leale, si sarebbe macchiato d...