Camminare mi era da sempre piaciuto, mi rilassava. Ma solo quando la destinazione era anonima, senza meta. I miei passi forzati erano lenti e rumorosi. I tacchi che battevano sul marmo divennero quasi assordanti per le mie orecchie, come se fossero l'unica cosa che riuscivo ad ascoltare, e si stavano dirigendo verso un incontro predestinato che non mi piaceva affatto.
In fondo alla gradinata, Dimitri era intrattenuto da un dialogo a senso unico con un uomo.
Wang Hyun Shik.
L'unica cosa ad esser cambiata dalla prima volta che lo vidi, erano i vestiti. Il resto era rimasto lo stesso. Altre due presenze dalla corporatura altrettanto prestante ma un po' più alta, rimasero davanti l'ingresso a sorvegliare sul loro capo. Li osservai stringersi la mano con i custodi e guardie di sicurezza del boss di casa. Sarebbero passati dieci secondi, prima di accorgersi della mia presenza. La curiosità investigatrice del padre di Dimitri, si precipitò subito su di me perlustrandomi e studiandomi da cima a fondo con sguardo inquirente. Una perdita di tempo a sua insaputa. Non mi importava per quanto tempo ancora avesse continuato a cercare di visualizzarmi, non sarebbe mai stato capace di mettermi a fuoco, perché non gli avrei lasciato intravedere nemmeno l'ombra della mia persona e di chi ero realmente. Giunsi al suo stesso piano incrociando poi le braccia dietro la schiena. E allo stesso modo in cui arrivai, lo sorpassai. Premonii un pranzo molto noioso e problematico.
«Crystal, saluta adeguatamente!»
Un rimprovero non gradito perforò i miei timpani, non per il volume della sua voce, furono invece le parole. Ma quello era solo l'inizio e Dimitri avrebbe avuto molto da rimproverarmi.
«Esattamente, chi?»
Con la massima disinvoltura, mi voltai a rispondere lanciando la mia granata. Il primo passo era il disinteresse. Step by step lo avrei ignorato così tanto che avrebbe iniziato a dubitare della sua esistenza, ricevendolo con lo stesso trattamento datomi quella notte.
«Questa ragazzina ha bisogno di essere addomesticata!»
Il vecchio non era abituato ad esseri ribelli come me, e mise a dura prova il gioco del sordo che stavo pilotando, rivolgendosi a me cose se fossi un'animale da addomesticare.
La mia attesa era ancora puntata sugli occhi di Dimitri che mi stavano divorando ed uccidendo con lo sguardo. Continuai a sentirmi turbata, quindi girai i tacchi e presi posto a sedere sulla lunga tavola apparecchiata da prelibatezze culinarie mai viste prima. Ero in pena pensando allo spreco di tutto quel cibo. Sapevo nessuno avrebbe mangiato per la bomba che stava per esplodere.
«Tu non sei degna di sederti al mio stesso tavolo! Non intendo mangiare con te!!»
La sua protesta stava silenziosamente pretendendo dal figlio di sbarazzarsi di me.
«Nessuno la trattiene.»
Era già tanto se non gli parlassi dandogli del tu. Lo feci soltanto per rispettare almeno un briciolo della mia educazione, che lui non si meritava comunque.
Impugnai le bacchette spartendole tra di loro dopo essermi seduta al mio posto. E anche il secondo step era andato. La dimostrazione di tutta l'importanza che lui non aveva per me. Avevo volontariamente toccato il fondo. Il suo volto si dipinse di rosso manifestando in esso la sua rabbia, era quasi in preda ad un infarto quando si avviò a passo svelto probabilmente per avventarsi in qualche modo disumano su di me.
Le braccia di Dimitri lo fermarono prima di fare il giro del tavolo, non permettendomi così di scoprire mai quali fossero le vere intenzioni iniziali di quell'uomo dall'età troppo avanzata per mettersi a discutere con una giovane donna. Ringraziai mentalmente suo figlio per aver evitato di farmi finire schiacciata sotto quella massa.
«Quest'ingrata-»
E fu proprio in quel punto preciso, dove le due mentalità di padre e figlio si incrociavano, che il più giovane lo fermò. Ero un'ingrata, perché non mi sottomettevo abbastanza gratificandoli per usufruire di tutto quello che il figlio possedeva e non gli baciavo i piedi per avermi scelta.
«Padre, rispetta la mia donna!»
Sebbene condividessero lo stesso pensiero superbo, la vena di Dimitri scattò reagendo a quell'insulto.
Il silenzio atroce riempì l'ambiente, ma anche i nostri sguardi pietrificati rivolti verso chi aveva parlato. Se lui adesso non avesse avuto una posizione sociale superiore a quella del padre, quella sarebbe stata un'enorme mancanza di rispetto. Le contraddizioni non erano comprese nel registro di una buona famiglia coreana ed il rispetto verso i genitori, era alla base di tutto. Era impensabile che un figlio si mettesse contro la parola del capofamiglia. Ma per ciò che era diventato Dimitri, suo padre poteva soltanto sottostare e restare in silenzio.
Il ragazzo apparve diverso ai miei occhi, dopo aver preso le mie difese contro il sangue del suo sangue per il mio comportamento inadeguato, ma motivato. Forse il suo intuito elevato ne colse qualcosa parlandone al posto mio. Stavo solo eseguendo una delle tre leggi fondamentali della mia vita. Precisamente la numero due. Quella "dell'occhio per occhio, e dente per dente". E non era nemmeno la più cattiva. Non era come la numero tre, che avevo interamente dedicata a Takuma: "se tu fai il peggio, io posso fare anche molto peggio". Mentre invece la numero uno, era la più pacifica: "sii migliore e superiore di chi si è comportato male con te". E forse perdonando Kaede avevo preso atto di quest'ultima, nonché la prima e grande insegnamento di famiglia. Ma il perdono rendeva le persone migliori?
«Come padre, mi oppongo alla vostra unione!»
E se c'era qualcosa che non tolleravo, era l'incoerenza. E questo non avrebbe dovuto osare dirlo.
Mi alzai dalla sedia inoltrandomi verso di lui a testa alta. Si sentì minuscolo sotto il mio sguardo, per quanto nulla lo stessi facendo sentire.
«Ma come, inflessibile e indiscusso signore?!»
Mi presi gioco di lui ridicolizzando le sue nomine incontestabili da mafioso avvezzato al troppo rispetto.
«Ha insistito così tanto affinché suo figlio trovasse una compagna, o meglio... una schiava vittima di un matrimonio combinato! E adesso che ha qui davanti ai suoi occhi quella donna, a cui è stata tolta persino la libertà di respirare senza prima chiedere il permesso a vostra eccellenza, soltanto per compiacere i capricci del vecchio tradizionalista protettore della sua stirpe che è in lei, si rifiuta di accettarla?»
Mandai al diavolo la sua stabilità nell'eseguire le proprie decisioni prese insieme alla sua coerenza, dote che per me non aveva. I miei denti rischiarono di disgregarsi tra di loro, per quanto li strinsi durante il mio discorso.
«O non le vado bene io?»
Chinai leggermente il busto in avanti riportando come ormai abitudine della giornata le mani dietro la schiena. Lo sguardo più schifato che avevo era tutto per lui.
«Io mi sto solo adeguando a voi!»
Continuai. Ogni parola che usciva dalla mia gola aveva un sapore amaro in sua presenza. La mano di Dimitri strinse il mio polso, allontanandomi dalla troppa libertà di avvicinarmi che mi ero presa con suo padre.
«Senza la mia benedizione, non si farà nessun matrimonio!!»
La sua bocca sporgente vibrò severa pur di impormi il suo punto di vista.
«Che cos'è, un prete lei?»
Qualcuno rise sotto il naso alla mia osservazione pungente.
La mia mente parlò a lui di ciò che non potevo dire, senza emettere nessun rumore non potette sentire cosa provavo, ma i pensieri gli raccontarono di come: "Caro Signor Wang, io sono la prima ad appoggiare la sua decisione. Forse è l'unica cosa, anzi... è l'unica cosa su cui siamo d'accordo! Ma lei non lo saprà mai, perché la sua bastardaggine si merita la punizione di non saperlo e non solo questo! Ci tengo a sottolineare inoltre, che adesso, questa punizione è diventata ciò che ho sfinitamente cercato di evitare fino ad oggi. Perché se prima non volevo sposare Dimitri, adesso ha reso più accettabile l'idea di sposarlo solo per andare contro la sua volontà e farle un torto rivoltandole contro il casino in cui esso stesso mi ha messa! E magicamente tutto si capovolge in maniera meravigliosa ma pur sempre schifosa."
«Non è forse vero che ha chiesto un'erede in cambio di potere?»
Non ebbi paura, nonostante sapessi che chi avevo davanti non avesse fatto distinzioni tra uomo e donna in passato in termini di violenza. Ma il ragionamento che intrapresi lo avrebbe portato a tacere per sempre. Non avrebbe avuto più niente da dire sul mio conto.
«Non è forse vero che questo figlio qui accanto a lei, ha sconfitto il suo nemico con la sua forza, senza poter usufruire di alcun potere paternale da lei assicurato?»
Non che l'idea mi entusiasmasse, ma dovetti innalzare Dimitri un po' più in alto per poter mostrare chi stava sotto e chi invece sopra.
«Quale padre chiede al figlio qualcosa in cambio per donargli un po' d'aiuto?»
Non c'erano mezzi termini, ne giri di parole. Non era degno di essere chiamato padre.
«Ed ha pure il coraggio di avere chissà quale melensa pretesa da padre sulle decisioni di suo figlio?!»
Lo stavo affogando di vergogna.
Le mie gambe mi guidavano avanti e intorno, mentre lo sottoponevo ad un'esame di coscienza.
«E non è forse vero che se deve dire grazie a qualcuno, quella sono io per essere stata usata come esca distruggendomi l'esistenza e permettendo a Dimitri di essere chi è diventato oggi?! Non sono forse io?!!»
Strinsi i pugni. Mi sarei morsa la lingua cento volte piuttosto che cadere in una valle di lacrime proprio di fronte a lui. Quell'uomo mi aveva stravolto fin troppo la vita e adesso non era in grado di formare una frase sensata. Dimitri invece sbatteva le palpebre più volte, come se stesse assistendo a qualcosa di sconvolgente e di nuovo.
Quello era il mio Polo Nord. Nessuno lo aveva mai visto. Dimitri aveva conosciuto solo l'equatore di me e quel centimetro di Polo Sud, lì dove realmente ero, che gli avevo dedicato tenendolo segreto nella mia testa per proteggere il mio cuore. Ma la parte opposta di me, quella fredda, sferzante, più acida, malevola, esanime... quella che se l'avresti vista una volta, ti avrebbe cambiato gli occhi non vedendo più quella maledetta luce che mi illuminava e che attirava predatori. Ecco, quel lato era il mio buio. E lo stava vedendo soltanto adesso. Era un estremo di me seppellito da tempo, rivenir fuori. Non mi stupii di ciò, lo dissi prima a me stessa che suo padre non avrebbe visto niente di quel lato brillante della mia anima che accettavo. Lo avrei esiliato ai confini di me, nelle nazioni del gelo, dove si meritava di giacere. Ed io ero come una terra ferma, che non gira. Con il sole da una parte, ed il buio da un'altra.
«Quindi ora, rispetta le volontà del nuovo Kumicho, affinché è il minimo che tu possa fare per essere degno di mettere piede nella sua casa e di condividere il pasto con la sua donna! Sei venuto qui per questo, no?»
Mi dimenticai di tutto, persino degli onorifici che mi ero imposta di usare. Notai che questa volta non ero stata allontanata quando mi fermai a sputargli la verità in faccia. Forse non ero sola in questa battaglia.
Diedi l'impressione di volere mettere zizzania tra padre e figlio, ma non era nei miei interessi farlo. Accadde semplicemente in base alle sue azioni. Vista dall'esterno, potevo dare l'impressione di essere stata io ad iniziare, scavalcandolo per prima. Ma in realtà i semi di guerra li aveva piantati e coltivati lui in principio. Adesso era la fase del raccolto, e lamentarsi era l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare. Più tardi sarei stata curiosa di capire per bene da che parte stava Dimitri. Sembrava da entrambi e da nessuno. Il suo mondo ed il suo modo di pensare mi intrigava sempre.
«Lui è pur sempre mio figlio!»
Il suo dito si innalzò puntandosi contro di me, provando a far giustizia al suo diritto di avere l'ultima parola sulla questione del matrimonio, se non su tutto. Quando negò l'aiuto istantaneo a Dimitri, dimenticò che quello fosse suo figlio. La convenienza in questa famiglia era sconcertante.
«Lui è pur sempre un Kumicho! Rispettalo.»
Qualcuno lì dentro avrebbe fatto meglio a non pensare che quel mio intervento fosse dovuto con intenzione di difesa, ma bensì ne sfruttai l'occasione per vincerla su quel vecchio. Qualsiasi uscita avrebbe preso, io gliel'avrei chiusa. Anche se una parte di me era furtivamente triste per quel qualcuno.
«Non vivrai un'istante di più vicino a lui!»
La discussione terminò lì, quando dopo avermi apertamente minacciata di morte o avvertita nel non essere in grado di gestire un uomo come Dimitri, raccolse i suoi uomini e se ne andò via.
Dimitri accompagnò il padre fuori. Mi salii un po' di ansia al pensiero di come sarebbe rientrato da quella porta, ma qualcosa mi diceva che si sarebbe infuriato con me e non poco. Sapevo avrei pagato caro per il mio comportamento, tra l'altro mi aveva avvertita il giorno prima. Però anche io avevo avvisato lui, Levi ne era testimone. Ciò significava che lui non era l'unico giustificato ad arrabbiarsi, c'ero anche io a passarmela peggio ed ero molto scossa.
«Sei contento adesso? È stato un successo!»
Tanto per cambiare, ero molto brava a mettere la paglia sul fuoco. Quella fu una reazione al mio nervosismo quando vidi Dimitri rientrare e dirigersi verso di me con passo accelerato.
«Taci adesso. Hai parlato abbastanza oggi!»
La sua mano aveva tappato con violenza la mia bocca, mettendomi con le spalle al muro. Chiusi gli occhi per l'urto, dopo aver sbattuto la schiena sulle pietre di marmo in rilievo. Per lo spavento mi ero mossa indietreggiando troppo in fretta. Alla vista dei miei occhi lucidi e arrossati, tolse la mano permettendomi di prendere fiato e rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. Ammisi però di averlo provocato io. Fu un colpo indiretto.
«Mi colpevolizzi per aver detto la verità? O è la reazione ad una verità che non riesci ad accettare?»
Non riuscii a provare dell'odio per lui, provai pena.
Il suo modo avventato di scagliarsi contro di me, diede luce ad un suo punto debole che non avevo mai visto fino ad allora. Era una mancanza causata dal padre. Beh, da un lato potevo capirlo anch'io. Il rapporto che avevo con mio padre, non era più stato rose e fiori dopo essere cresciuta. Ed era un vuoto difficile da colmare. Forse non si poteva. Riuscivi a non pensarci a volte, ma in certe notti profonde quei demoni ti svegliavano per bere un caffè con te. Ma l'unica cosa che riuscivo a bere, erano le mie lacrime grigie.
Chissà invece cosa mi avrebbe detto di sua madre. Non l'aveva mai nominata, nemmeno per sbaglio. Magari la sua famiglia c'entrava qualcosa con la sua scelta di aver preso questa strada. Con un padre così...
Quando tornai dal mio viaggio immaginario, lui aveva già abbandonato la cucina. Un punto a mio favore per non essere vista mentre correvo per il bagno della mia stanza. Mi spogliai per controllare se tutto era apposto, ma specchiandomi la schiena scoprii di non essere pronta a dare il benvenuto ad un nuovo livido che apparse sulla spalla. Avevo appena stretto la mano con la parte peggiore di Dimitri. Trascorsi un'ora taciturna ad osservare la mia figura riflessa sulla specchiera appesa di fronte al letto su cui ero seduta. Mi interrogai su cosa avrei dovuto fare, come avrei dovuto agire, affrontarlo e quanto avrei dovuto incriminare Dimitri.
Con sorpresa, la porta della mia stanza si spalancò spaventandomi e c'era solo una persona che non conosceva il termine bussare. Provai della paura quando lo vidi.
Adesso mi faceva anche paura... ed era una cosa terribile. Vidi che reggeva un sacchetto bianco tra le mani, che poi gettò sopra il letto alle mie spalle.
«Alzati!»
Mentre parlava, si dava da fare contemporaneamente, eseguendo quei comandi che sembrava dare a se stesso più che a me. Fu lui stesso infatti ad afferrarmi la mano sollevandomi dalla punta del materasso, senza darmi il tempo di realizzare. In seguito, si sedette al posto mio indietreggiando di qualche centimetro. Sperai non avesse intenzione di fare ciò che mi passò per la testa, ma purtroppo non mi sbagliai. Spalancò le sue gambe creando dello spazio tra di loro come a fare posto.
«Adesso siediti!»
Il palmo della sua mano batté due volte contro il materasso rigido. Voleva davvero che mi sedessi tra le sue gambe. Prese i miei fianchi e mi fece sedere con la forza su quello spazio che aveva lasciato libero di proposito. Adesso gli davo le spalle, ma iniziò a sollevarmi la maglietta con una determinazione mai vista prima.
«Cos'hai intenzione di fare?!»
Andai in panico. Questa storia doveva finire. Dimitri non faceva altro che spogliarmi, toccarmi e baciarmi a suo piacimento ogni volta che voleva. Questa volta aveva intenzione di denudarmi.
«Fammi vedere!»
Ma io continuai a combattere pur di non mostrargli la schiena, ignorando il suo ordine.
«Se continui a persistere, giuro che te la strappo!»
"Tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare" pensai. Ma non quando si trattava di Dimitri...
La vibrazione di uno strappo suonò per tutta la stanza, frazionando in due l'indumento aliceblue che indossavo. La mia pelle era del tutto scoperta. Ressi soltanto la parte anteriore per coprire i due seni liberi. Non riuscivo ancora ad indossare parte della lingerie, che sfregando sulla mia pelle avrebbe irritato maggiormente l'irezumi.
Quella posizione mi ricordò il giorno in cui Kaede incise il drago su di me. Ci impiegò un minuto Dimitri a sbloccarsi dallo stato di ipnosi in cui andò, dopo aver visto il livido nero che mi aveva provocato. Non aveva smesso di fissarlo.
«È opera mia, vero?»
Percepii la sua speranza nel ricevere un no come risposta, ma questa volta sarei stata onesta anche a costo di ferire.
«Il tuo intuito non delude mai.»
Ridussi in brandelli la sua aspirazione.
In realtà avevo contribuito anche io all'opera, se non l'avessi stuzzicato così tanto e se non fossi arretrata così rapidamente verso la parete, probabilmente la mia schiena sarebbe rimasta intatta.
Il rumore fastidioso del sacchetto cessò dopo aver estratto da lì dentro una piccola scatola di cartone. Un unguento freddo prese contatto con la zona dolorante, tramite i movimenti circolari delle sue dita su di me. La pelle d'oca raggiunse il vertice di ogni angolo del mio corpo. Non riuscii più a distinguere i tremiti di freddo, da quelli dovuti al suo contatto. Chiusi gli occhi cercando di non pensarci troppo. Mi aspettavo delle scuse da parte sua, ma invece se ne uscì fuori con una citazione che mi fece stagliare il sangue. La sua mandibola si adagiò totalmente sulla mia guancia, respirandomi addosso con un sussurro da brivido.
«Io sono una selva e una notte di alberi scuri, ma chi non ha paura delle mie tenebre, troverà anche pendii di rose sotto ai miei cipressi.»
Conoscevo fin troppo bene da quale poeta e filosofo proveniva quella perla.
Nietzsche mi aveva fatto compagnia durante i pomeriggi di primavera in Italia. Rimasi stupita nel sentire Dimitri avvalersi di un tale capolavoro per descrivere la sua persona e rassicurarmi che lui, non era solo il livido sulla mia spalla. Lui ti uccideva e poi ti strabiliava così. Non ti chiedeva scusa, ma questo era il suo modo per farlo. Un bacio umido si lasciò andare all'incavo tra collo e spalla, mi ero aspettata il peggio. E invece, nonostante mi spogliasse la schiena cento volte, non si approfittava mai di me.
«Dormi adesso.»
Scese dal letto per poi andar via e lasciarmi riposare.
Fu notevole vederlo prendersi la responsabilità di ciò che aveva danneggiato. Era venuto di proposito per curare la sua aggressione su di me.
Ma se credeva di aver risolto tutto, si sbagliava.
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REDAMANCY
Romance"Ho sempre protetto quella cosa che mi apparteneva fin dal principio, così pura e trasparente come un cristallo di neve in inverno. Ma non avrei mai augurato alla futura me stessa, che un giorno quel candore innocente e leale, si sarebbe macchiato d...