이십 구

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«A quanto pare, qualcuno ha recepito il messaggio!»
I miei occhi navigarono dalle luci che illuminavano lo Chalet, a Shiori che mi fissava impietrita.
«Qualche preoccupazione?»
Cercai di interpretare quel suo sguardo perso sotto alla sua fronte corrucciata.
«No, è che ho appena realizzato che loro fanno pur sempre parte della Geondal!»
La mia amica mi confessò di quella piccola paura che si stava giustificatamente insidiando nel suo spazio interiore.
«Non temere. Diciamo che loro non sono proprio come te li immagini...»
Mi fermai un'istante con un mezzo sorriso a pensare di quanto i ragazzi fossero gentili e premurosi con me sollevando Shiori.
«...Ma sono anche come te li immagini.»
D'un tratto anche i loro lati più oscuri invasero la mia mente e non potetti fare a meno di pronunciarli con verità.
«Ah.»
A causa della mia dannata bocca che non sapeva stare chiusa, adesso la ragazza al mio fianco era ancor più paralizzata di prima riuscendo ad emettere solo quel suono dalle sue corde vocali.
Ci incamminammo comunque verso il vialetto innevato che conduceva ai gradini esterni della struttura, fino ai piedi della porta.
Suonai il campanello in fretta per evitare che congelassimo fuori, nonostante sentii il mio cuore esitare in silenzio.
In ben che non si dica ci ritrovammo davanti i bodyguard del boss.
Sollevai il dito ed aprii la bocca per chiedergli di farci passare, ma non servì perché in un batter di ciglia entrambi gli uomini si spostarono in sincronia, allo stesso modo in cui si aprirono le acque a Mosè, lasciandomi con il dito sospeso e la voce incastrata che diede spazio all'aria.
Le labbra di Shiori avevano preso una forma dove si leggeva chiaramente un grande segno di stupore.
«Non so perché siamo tornati qui ma il boss ha avuto una brillante idea! Mi era mancato questo posto.»
Quella che si intrufolò nelle mie orecchie era la voce inconfondibile di Gillean.
«Già, pensa che siamo anche in periodo Natalizio!»
In sua risposta intervenne Daijon che si guardava intorno.
Tutti erano nella sala comune di fronte al camino. Tutti eccetto Dimitri.
Adesso sapevo che i ragazzi erano stati tenuti all'oscuro di ogni cosa e che non si sarebbero aspettati di vedermi.
Per di più, ognuno era impegnato a fare qualcosa e non si accorsero minimamente della nostra presenza.
Levi si occupava di alimentare la fiamma ardente del camino rimpinzandolo di legna.
Julius era attento nella manutenzione della sua Desert Eagle.
Genos di fronte al computer si prese una pausa per pulirsi gli occhiali appannati. Mentre Hadeon reggeva quello che sembrava essere una guida di istruzioni per dare aiuto a Gillean e Daijon a montare un albero di Natale.
Ognuno di loro sembrava procurarsi un passatempo in attesa di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
«Davvero vi serve quello?»
Non potetti resistere a ciò che videro i miei occhi ancora per molto. Il mio dito era puntato sul libro guida nelle mani di Hadeon.
A Shiori scappò una risata di 0,02 secondi affogandosi quasi per trattenerla.
Quei ragazzi apparivano essere tutto, tranne ciò che fossero veramente: dei sicari spietati.
«Non abbiamo mai montato un albero di Natale, di solito ci pensano le inservienti, ma il boss non ha voluto portare nessuno stavolta!»
Gillean rispose così affranto da non rendersi conto che gli fosse appena sfuggito qualcosa, fino a che non gli cadde un pezzo di albero dalle mani, guardandomi di scatto con gli occhi sgranati.
«Crystal??!!»
Quasi urlò il mio nome. Ed ecco che ora tutto gli era limpido.
Per un attimo i ragazzi si immobilizzarono mentre il tempo scorreva, si vedevano solo le palpebre di ognuno di loro sbattere con attonimento.
«Ma certo! Ora ho capito perché siamo qua. Dove c'è Crystal, c'è Aspen. Dove c'è Aspen, c'è Crystal!»
Daijon gesticolava esponendo la sua teoria agli altri che probabilmente non la smettevano di chiedersi il motivo di quel ritorno alla città innevata.
«Non fare conclusioni affrettate. Crystal perché sei qui? E lei è...»
Genos ammonì Daijon nonostante avesse centrato il punto a sua insaputa e ritenne più proficuo domandare spiegazioni alla diretta interessata.
«L'ho indirettamente chiesto io a Dimitri. E sì, lei è...»
Curioso di come fu proprio Genos a chiedermi certezze su chi avessi accanto. Rammentai il suo senso di colpa nei confronti della mia amica.
Mi spostai un po' di lato per darle lo spazio di presentarsi.
«Ciao a tutti, io sono Shiori. Ma so che qualcuno di voi mi conosce già molto bene.»
I suoi occhi si posarono inevitabilmente su Genos. D'altronde lei sapeva tutto.
«Ecco, immagino che sai...»
Si fermò non essendo capace di continuare, non voleva sbagliare un'altra volta.
«Sì, lo so. So anche che il lavoro è lavoro!»
Le parole di Shiori accompagnate dal suo sorriso sconvolsero tutti.
Lei cercò a modo suo di giustificare il fatto che tempo fa Genos avrebbe potuto farle del male senza esitare da un momento all'altro, solo perché era un compito assegnatogli dal capo. Ero certa che lo fece per me. In altri casi, non lo avrebbe mai fatto.
Ciò che le procurò un sorriso maggiore però, fu un'altra cosa. Qualcuno che aveva catturato la sua attenzione dal primo momento in cui aveva messo i piedi lì dentro.
Notando questo particolare che avevo già previsto, conoscendo entrambe le parti in questione, mi apprestai a presentarle tutti i ragazzi iniziando proprio da lui.
«Bene. Voi sapete che lei è la mia amica Shiori. Adesso è il suo turno di conoscervi.»
La presi per mano e ci avvicinammo al gruppo.
«Lui è il nostro intellettuale, o per meglio dire, Hadeon! Adesso che ci penso avete molte cose in comune, dalla lettura alla passione per le lingue.»
Quella sembrò una gara a chi dei due gli si illuminassero di più gli occhi. Non avevo mai visto Hade così sfolgorato.
«Senza rancore?»
Genos porse la sua mano a Shiori in preda all'ansia.
«Senza rancore, amico!»
Lei seppe come gestire al meglio quella situazione imbarazzante, togliendo quel fastidioso disagio che si era creato tra di loro grazie a quella parolina in più che aveva inserito alla fine della frase. Più che altro, era una garanzia che stava a dire: "adesso che ti ho chiamato amico, mi aspetto che anche tu mi tratti da tale".
E il patto fu sancito con una bella stretta di mano.
Con tranquillità le presentai il resto uno per uno, e fui contenta di vederle tirare un respiro di sollievo. Adesso si sentiva più a suo agio, specialmente nel notare il comportamento semplice e naturale dei ragazzi.
«Non mi aspettavo che arrivaste prima di noi.»
Avevo sinceramente creduto che Dimitri ci impiegasse più tempo ad elaborare la mia richiesta.
«Sai, con il nuovo Jet privato del boss non ci vuole molto.»
Fu Julius a rispondere in parte alla mia curiosità.
Nominando Dimitri, capii che era il momento di porre la domanda fondamentale.
Sentivo già le palpitazioni. Nonostante il mio cuore fosse morto, quando pensavo a lui per quegli attimi... tornava a vivere.
«Il vostro boss è da queste parti?»
Un silenzio assordante riempì la stanza, quasi li avessi minacciati.
«Non lo vediamo da quando siamo atterrati.»
Hadeon si proclamò portavoce del gruppo per rispondermi.
Ma non importava perché dentro di me, sapevo già dove lui fosse. E non bisognava cercarlo con gli occhi. Serviva cercarlo con l'anima.
«Bene, vado a dare un'occhiata. Per favore, mostrate una stanza a Shiori nel frattempo?»
Lasciando la mia amica nelle loro mani, gli dimostrai che mi stavo fidando di loro e questo trasmise a tutti un senso di responsabilità improvviso perché sapevano quanto ci tenessi a non essere delusa da loro.
«Tranquilla, me ne occupo io!»
Hade non perse tempo a rassicurarmi con la sua sincera determinazione e fui contenta che proprio lui si fece avanti. Era emozionato.
Sistemate le cose, salii le scale fino al piano di mezzo. Tornai lì, davanti quella lunga vetrata. Ero sicura che lui non potesse essere altrove. Se era arrivato fino a lì, doveva aver capito anche l'ultima mossa da fare.
Aprii un'anta ed uscii fuori su quel balcone immerso nella vegetazione ormai bianca.
Subito l'aria gelida si approntò a ghiacciare il mio respiro. Mentre Dimitri, poggiato al bordo che mi fissava dopo avermi aspettata, gelò il mio cuore.
«Da quanto sei qui?»
Mi preoccupai per le temperature rigide di Aspen, anche se ricordai che lui riusciva a sopportare il freddo meglio di me.
«Ci ho pensato ogni giorno su ciò che hai lasciato qui per cui ne valesse la pena di ritornare.»
La sua voce era come la neve. Suonava artica e dura, ma le parole che formava ti toglievano il fiato.
«Per cui sono qui da quando mi hai dato la possibilità di venire a prendere il tuo cuore.»
Lentamene avanzò verso di me, raggiungendomi al centro.
Io non riuscii a dire niente, ero sconvolta dal fatto che lui fosse riuscito a capire davvero tutto. Incapace di parlare, continuò lui.
«Lo ricordo. È qui che lo hai sepolto.»
Mi diede la conferma definitiva.
Le mie mani iniziarono a tremare, ma non per il freddo.
«Non credevo che lo ricordassi.»
Ammisi a voce alta di averlo sottovaluto, probabilmente avevo creduto che i suoi sentimenti non fossero autentici e reali quanto ai miei.
«Io non dimentico. Hai sepolto il tuo cuore. Hai sepolto una parte di me. Come potrei non ricordare?»
Mentre mi parlava non distoglieva lo sguardo da me. Avvertii quel nodo alla gola che gli si era formato nel rivivere quel momento che per quanto fosse stato speciale per entrambi, ci aveva anche distrutti. Deteriorati dentro.
«Tornando qui, volevo dimostrarti quanto i miei sentimenti per te fossero sinceri. Ma a quanto pare alla fine sei stato tu a dimostrare qualcosa a me.»
In principio lo avevo messo alla prova, perché sapevo che se avesse compreso il mio messaggio, quello sarebbe stato il sinonimo di qualcosa di più importante.
«E cosa ti ho dimostrato Crystal?»
Le sue dita inevitabilmente gelide mi accarezzarono il mento, sollevandomi la testa. Voleva assolutamente che il mio sguardo si sposasse con il suo.
«Dovresti dirmelo tu, Dimitri. Altrimenti non saresti qui ora.»
Mi morsi le labbra sentendomi costretta a guardarlo. Non avevo via di fuga e sfogai così la mia agitazione. Fu un grande errore, perché catturai l'attenzione di quei suoi occhi predatori.
«Dovrei dirti che voglio il tuo cuore più di ogni altra cosa al mondo?»
Un leggero rossore apparve sulle sue guance dopo aver professato uno dei suoi sentimenti più reconditi e profondi.
«Dirti che non c'è alcun giro d'affari che possa interessarmi più di poter prendere per mano la tua anima?»
Non riuscì a fermarsi. E più lui continuava a dichiararmi la sua di anima, più io visualizzavo nella mia mente l'immagine del mio cuore all'interno di un iceberg, che batteva così forte da iniziare a delinearlo fino a ridurlo in frantumi, come gocce di vetro che si sciolgono in un mare di sentimenti ed il mio cuore che esplode per lui.
«Ed è davvero così, Dimitri?»
Le iridi sembravano ballare, ma era il riflesso delle luci che si rispecchiava nella marea di lacrime che avevo appena raccolto e che stavano per traboccare.
«Lo hai detto tu: altrimenti non sarei qui.»
Per darmi conferma, citò la mia frase precedente variando la seconda persona che utilizzai io, in prima. Queste parole, disseppellirono del tutto ciò che di prezioso avevo lasciato ad Aspen.
«Allora... lo vuoi davvero questo cuore?»
Nessuno dei due seppe mai se quella domanda che sibilai fu una richiesta da parte mia o una domanda posta a lui.
«Non so quanto possa piacerti... è danneggiato, si stanca spesso, a volte smette di funzionare, è molto fragile.»
Ero come una medicina. Prima di farne uso, bisognava leggere il foglio illustrativo con tutte le relative avvertenze.
«Ma ha sopravvissuto all'inferno di Busan, al gelo di Aspen. Sai, io penso che non sia così debole. Ed è il più coraggioso che io conosca.»
L'uomo davanti a me mi stupì un'altra volta, mostrandomi contro la mia incredulità, che fosse riuscito a scovare quei punti positivi.
«Perché pensi che sia coraggioso?»
Avevo da sempre creduto che il coraggio fosse l'ultima dote che possedevo.
«Perché è stato l'unico cuore ad aver avuto il coraggio di amarmi.»
Eccolo, il signore del tempo. Perché le sue parole furono le uniche capaci di fermarlo.
Aveva compreso interamente e dettagliatamente ogni mio sentimento.
Nessuno mai, sarebbe stato capace di descriverli meglio di lui. Me compresa.
L'enigma, era stato risolto.
Per la prima volta, le mie lacrime non le piangevo... le sorridevo.
Scendevano, felici. Libere.
Innamorate.
E si sentivano amate anch'esse dalla figura che avevano di fronte. Da quell'anima che si mostrò a me e che vidi chiaramente, sapevo finalmente spiegare di che colore fosse, di quale forma avesse, e soprattutto... di quanto immensamente e straordinariamente brillasse.
Intravidi un luccichio nascondersi con fatica tra le fessure dei suoi occhi. A quanto pare, i miei non erano gli unici a sorridere.
La mia mano si posò sul suo viso, speranzosa di fargli capire che anche lui poteva liberarsi, perché con me era al sicuro.
E fu proprio mentre decise di fidarsi di me, che chiudendo gli occhi e liberando i suoi sentimenti come una voliera appena aperta, io mi fidai di lui.
«Hai detto bene. Ti amo.»
Lo amavo. Contro ogni cosa.
Contro tutto e tutti.
Nonostante tutto e tutti.
E non c'era niente che potesse fermarmi dall'atto che stavo per compiere.

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