Il tempo scorreva lentamente ed io e Peter non ci scambiavamo alcuna parola. Ero troppo arrabbiata con lui, non aveva motivo per dirmi tutte quelle brutte cose. Forse ero semplicemente arrabbiata con me stessa, perché nonostante fosse stato meschino, aveva semplicemente detto la verità.
Nella mia testa continuavo a incolparmi per ciò che avevo fatto a Dominik, mi insultavo e ricordavo a me stessa di quanto fossi egoista. Ma non riuscivo a guardare Peter, avevo messo il piede fuori dalla scarpa. Ero andata oltre il limite ed ogni volta che lo fissavo la mia mente pensava solo a quello. Vivevo ancora una volta quei piccoli minuti di lussuria, le sue forti braccia che mi stringevano spingendomi verso di lui. Ne volevo ancora.
Afferrai il telefono posto sul banco e mandai un messaggio al mio capo per chiedere se potessi arrivare con qualche minuto di ritardo. Lui mi rispose di no e che se ci avessi provato avrei guadagnato il 20% in meno quella sera. Diedi un calcio al banco e mi misi a gridare "Fottuto stronzo!"
Peter smise di dare attenzione al suo libro di fisica e alzò lo sguardo su di me. "Ma tu hai sempre questi scatti improvvisi?" lo guardai in cagnesco e lui alzò le mani in segno di difesa. "No, no, non ho detto niente!"
Samuel, mio capo e padrone del locale, non voleva mai sentire alcuna scusa. Per quel grandissimo idiota ognuna di noi doveva essere sempre in orario, presente e con voglia di lavorare. A lui non interessa se hai il ciclo, mettiti un tampax. A lui non importa se hai subito un incidente e hai perso una gamba, fattela amputare. Ma soprattutto la paga non è mai la stessa.. arrivi in ritardo? 20% in meno. Non gli sei piaciuta abbastanza quella sera? 50% in meno.
"Devo uscire da qui, ho bisogno di mangiare qualcosa e devo prepararmi per andare a lavoro!" Peter chiuse il libro dalla copertina azzurra e guardò l'orario. "Sono quasi le sei, non ce la faccio più a stare qui dentro" ammise.
Nel frattempo andai verso la porta e cominciai ad analizzarne la maniglia, tentando di trovare un modo per scassinarla. "Perché devi pagare tu l'affitto?" mi chiese improvvisamente Peter, aggrottai la fronte non capendo da dove fosse sbucata fuori quella domanda e feci una piccola risata.
"Come scusa?" mi voltai per guardarlo ed appena la sua figura si trovò nel mio campo visivo notai che aveva il mio telefono in mano. Spalancai gli occhi e mi alzai di scatto, camminando a passo veloce verso di lui.
"Ma che cazzo fai? Ora ti metti a guardare il mio telefono?!" glielo strappai dalle mani e guardai lo schermo illuminato, il quale mi mostrò il messaggio di mia madre dove mi chiese i soldi per pagare l'affitto.
"Ero affianco al banco e si è illuminato in quel momento, non l'ho fatto apposta!" si giustificò. Bloccai il telefono lasciandolo sul banco e mi sedetti sulla sedia cercando di mantenere la calma. "Per favore, non dirlo a nessuno," gli chiesi suonando del tutto disperata.
"Ma tu non dovresti vivere in una casa presa in affitto, insomma.. sei ricca, la tua famiglia dovrebbe aver comprato la casa," rispose cominciando a mettere assieme le cose. Non ce la facevo più... stava succedendo tutto assieme e sentivo la mia testa scoppiare.
"NON SONO RICCA!" urlai senza pensarci, guardando davanti a me. Peter rimase senza parole e forse decise di rimanere in silenzio per darmi modo di continuare. Ero così esausta mentalmente che non riuscii neanche a sentirmi in imbarazzo.
"Non lo sono, ok? Per questo non volevo farti vedere dove abitavo, perché abito in una stupida casa che se ne cade a pezzi!" lui prese nuovamente la sua sedia e si mise vicino a me. Allungò la sua mano destra per afferrare la mia, me la strinse dolcemente e quel semplice gesto mi fece capire che potevo fidarmi di lui.
Sentii un improvviso bisogno di scoppiare a piangere, cercai di trattenere le lacrime e per questo motivo il mio petto cominciò a fare su e giù. "Hai ragione, tutto quello che hai detto prima è vero.." mi voltai verso di lui guardandolo negli occhi.
"Ho bisogno di lavorare per mantenere me e mia madre, lei è la mia famiglia, non posso rischiare di perdere anche lei.." non riuscii più a trattenermi e scoppiai in lacrime. Gli strinsi la mano in richiesta di aiuto.
"Yvonne spesso mi aiuta, mi regala i suoi vestiti, paga lei la sanità. Noi cerchiamo di evitare gli ospedali il più possibile, ma spesso abbiamo dovuto chiedere a lei.." Peter lasciò le mie mani per poggiare le sue attorno al mio viso e con i due pollici asciugò le mie guance bagnate. "Hey, hey.. è una cosa bella sapere che c'è qualcuno per te.." annuii sorridendogli, sicuramente ero orribile in quel momento per via del pianto. Mi sentivo tutto il naso rosso e le labbra gonfie.
Peter cominciò a sorridere fissandomi, spostando poi una ciocca di capelli dal mio viso. "Cosa c'è?" gli chiesi per poi fare su col naso. "Beh, è incredibile che sei così bella anche in questo stato.."
Ed eccola nuovamente, quella sensazione di lasciarsi andare. Dominik era scomparso dai miei pensieri per dare accesso a lui. Perché mi comportavo così? Non era mai successo prima, finora non avevo occhi per nessuno se non per il mio ragazzo.
Eppure eccoci qui, dopotutto conosco Dominik da più tempo, ma Peter mi ha dato ciò che Dominik non vuole più darmi: ascolto. Avevo bisogno di qualcuno che mi desse modo di sfogarmi, che mi stringesse le mani per farmi sapere che posso ancora fidarmi di qualcuno in questo mondo.
Posso? Aspetta.. cosa sto facendo? Non erano questi i piani, mi ci è voluto un po' per capirlo, ma stavo dando accesso al mio mondo ad un ragazzo qualsiasi.
La campanella suonò, distraendoci dal triste momento, e finalmente il preside venne ad aprire la porta e ci cacciò via. Non ce lo facemmo chiedere una seconda volta.
"Fatti accompagnare a casa, ho la macchina qui," mi morsi il labbro non sapendo cosa rispondere. Decisi di arrendermi alla fine e lo seguii verso la sua macchina nera. Stavo per aprire il mio sportello quando Peter si precipitò ad aprirlo per me. "Signorina Gardner," disse imitando la voce di un tassista, facendomi poi segno di entrare. Lo guardai scoppiando a ridere ed entrai, guardandolo mentre chiudeva lo sportello.
La prima volta in cui Dominik mi ha fatto salire in macchina era partito mentre stavo mettendo piede dentro... davvero. Seguii Peter con lo sguardo mentre girava attorno alla macchina per salire dal lato del guidatore. "Grazie," sussurrai dolcemente, spostando poi le labbra su un lato per l'imbarazzo. Lui mi rispose con un semplice occhiolino, per poi mettere in moto.
Finalmente arrivati fuori casa — e questa volta era davvero casa mia — Peter parcheggiò con cautela, cercando di non urtare la macchina innanzi a noi. "E così questa è casa tua.." disse per poi allungarsi e dare un'occhiata. Mi voltai anch'io per guardare la mia umile casetta, notando le mura piene di crepe e da pittare.
Feci un respiro profondo abbassando lo sguardo sui miei piedi per poi tornare a guardare Peter. "Sei il primo ragazzo che vede casa mia!" mi confidai. Era vero, Dominik non era mai venuto a casa mia ed ogni volta che ero da lui me ne tornavo da sola.
Lui si allungò verso di me per baciarmi ma mi riparai dietro le mie mani e mi allontanai di poco. "Ok, ho esagerato, scusami," disse annuendo e tornò al suo posto. Sentendomi fin troppo imbarazzata afferrai il mio zaino di fretta e lo salutai per poi uscire fuori dalla macchina e correre in casa. Appena entrai camminai velocemente verso la finestra, spostai di poco la tenda tenendomi nascosta dietro di essa e lo guardai andare via.
Che casino che avevo creato.
***
Belinda ha cominciato a
confidarsi con Peter!
Secondo voi come si evolveranno le cose?
Belinda dirà tutto a Dominik?
Peter si tirerà indietro?
Non dimenticate di lasciare un commento
e un voto per il prossimo capitolo ❤️
STAI LEGGENDO
THE UNSEEN THINGS [ peter parker ]
Roman pour Adolescents[ COMPLETATA ] Ognuno di noi è fatto di segreti. C'è chi nasconde piccole cose e chi, come Belinda Gardner, è cresciuta vivendo la vita di un'altra persona, tenendo nascosta la propria. Nessuno conosce la vera Belinda, tranne la sua migliore amica...