Quinto capitolo

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Il rumore di una porta che sbatte mi sveglia, 𝑒 subito noto il buio che ancora avvolge tutto intorno 𝑎 me.

Controllo 𝑙'ora: le tre del mattino.

Intorno 𝑎 me Aidan, Wyatt, Seth 𝑒 Levi dormono nelle vicinanze -anche loro non hanno resistito al film, letteralmente soporifero-, 𝑒 mi accorgo dei movimenti di un'altra persona, all'altro capo della stanza.

Judah non si guarda neanche intorno, avviandosi verso il bagno dopo aver depositato zaino, cellulare 𝑒 cuffiette sul letto.

Mi sento improvvisamente 𝑎 disagio, cosa che mi capita molto raramente, con la conseguenza che non riconosco subito il motivo della mia irritazione.

Non ho alcuna voglia di uscire 𝑒 rifarmi la strada 𝑎 piedi fino 𝑎 casa mia, per poi dover evitare decine di ubriachi nel tentativo di raggiungere la mia stanza; quindi non mi vengono altre idee se non quella di cercare di riaddormentarmi 𝑒 fare finta di niente.

Dopo circa venti minuti non sono ancora riuscita 𝑎 riprendere sonno, un po' per colpa di Levi, che non la smette di russare, un po' per lo scroscio 𝑑'acqua che sento attraverso la porta del piccolo bagno.

Improvvisamente la corrente si ferma 𝑒 dopo pochi attimi la porta si apre 𝑒 ne esce un Judah completamente nudo se non per 𝑙'asciugamano che ha in vita.

Noto che ha diversi tatuaggi anche sul petto 𝑒 sulla schiena, un paio più piccoli tra collo 𝑒 polpacci.

Istintivamente mi giro dall'altra parte, attirando però la sua attenzione.

"Sai, mi metti più 𝑎 disagio girandoti che non guardandomi, Jane Eyre" si rivolge 𝑎 me, avviandosi verso il suo letto 𝑒 aprendo 𝑙'armadio.

"Sai, invece io preferirei che la smettessi con quel soprannome" dico, cercando di mascherare il mio disagio, che continua 𝑎 crescere, sentendolo armeggiare per rivestirsi.

"Io invece penso che sia perfetto per te" risponde lui con tono scherzoso, ridendo sotto 𝑖 baffi.

Ma doveva proprio prendere Jane Eyre, tra tutte le protagoniste femminili delle Brontë?

Quella bruttina, ma dal cuore 𝑑'oro?

"Che simpatico" continuo, cercando di esprimere il mio odio.

Lo vedo alzare la testa per guardarmi, ancora senza la maglietta, 𝑒 passarsi una mano nei capelli, che sembrano più neri che mai in questo momento.

Prende una maglietta nera 𝑒 se la infila alla velocità della luce, per poi spostarsi verso il mini frigo per prendere una lattina di birra.

Quando si ferma -con mio immenso orrore- lo vedo avvicinarsi 𝑎 me 𝑒 sedersi 𝑎 meno di venti centimetri, per poi girarsi 𝑒 guardarmi attentamente per qualche secondo.

Il suo viso -non so per merito di quale fenomeno fantascientifico- si trova esattamente all'interno del fascio di luce lunare proveniente dalla finestra sulla parete est della stanza, 𝑒 𝑖 suoi tratti sono evidenziati in un modo che lo fa sembrare ancora più inquietante, ma anche più affascinante che mai.

La sue iridi simili a diamanti da dieci carati, risplendono più che mai, la sua pelle perfetta 𝑒 bianca come il latte appare ancora più candida, le labbra sono di un rosso vivo, quasi del colore del sangue.

I capelli ancora bagnati 𝑒 gocciolanti gli ricadono sugli zigomi alti 𝑒 affilati, recludendo dalla luce piccole lingue di pelle con il loro color ebano, inscurito ulteriormente dall'acqua.

"Mi spieghi perché ti sei appena seduto accanto 𝑎 me, se hai il tuo letto 𝑎 meno di tre metri da qui?" dico, con il solito tono indifferente.

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