Ventesimo capitolo

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Resto come paralizzata, quando mi accorgo di chi ho davanti.

No.
Non pure loro. Questo no.

"Raven, ma guardati. Non sapevo avessi un... be', non importa. Staremo 𝑎 casa solo qualche giorno, per organizzare alcune cose. Be', ora vado. Ciao, tesoro" dice, senza guardarmi negli occhi.

Ancora più falsa del solito. È una vera attrice, sul serio

La signora Hale però non è impeccabile come al solito.

Ha più rughe, niente rossetto, niente anelli alle dita, ricrescita visibile.

Dev'essere successo qualcosa.

Io non do segni di aver udito le sue parole, 𝑒 resto impassibile 𝑒 immobile, mentre Judah si irrigidisce, cercando di capire come comportarsi.

"Puoi andare" la congedo, con un sorriso stentato, quasi più falso del suo.

Ci mancavano solo 𝑖 signori Hale, in questo buco di città, 𝑎 farmi impazzire.

Lei non dà segni di avermi sentito - ecco da chi ho imparato - ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.

Mi alzo 𝑒 vado 𝑎 chiudere 𝑎 chiave, appoggiando testa 𝑒 spalle contro la porta.

"Tua madre?" domanda Judah, ancora seduto alla scrivania.

"La signora Hale, vorrai dire. Di madre quella donna non ha niente. Non gliene frega un accidente di noi, vedi che cazzoni sono diventati Zev 𝑒 Skyler. Vengono qui due volte all'anno 𝑒 si fermano due giorni. Ogni volta fanno come se non se ne fossero stati via dei mesi senza mandare un messaggio, senza dire nulla. E in quei pochi giorni, si comportano come se fossero dei bravi genitori apprensivi 𝑒 affettuosi, con quei sorrisi falsi 𝑒 quella finta calma" faccio una risata amara, mettendo finalmente in parole quello che penso da anni.

"Sai chi mi ha parlato del ciclo, la prima volta che 𝑙'ho avuto? La bibliotecaria della scuola. Tutto il resto 𝑙'ho studiato 𝑎 scuola. Non abbiamo mai fatto uno di quei discorsi mamma 𝑒 figlia che vedi nei film, non siamo mai andate 𝑎 fare shopping, non mi ha accompagnato 𝑎 prendere il primo reggiseno. Mi ha vista crescere come 𝑎 scatti. Ogni volta che mi vedeva era una persona diversa, ogni volta mi avvicinavo di più ad essere come lei. Questo la spaventa, io 𝑙'ho sempre spaventata" 𝑎 questo punto non controllo più quello che dico, 𝑒 parlo seguendo una linea discorsiva che faccio fatica io stessa ad individuare.

Lui mi guarda con espressione grave, probabilmente pensando che sto avendo una crisi psicotica 𝑎 qualcosa di simile.

Quando inizio 𝑎 ridere come una matta, allora penso che ormai stai pensando di chiamare il manicomio.

Mi si avvicina 𝑒 si siede accanto 𝑎 me, che intanto sono scivolata sul pavimento.

Mi abbraccia, cercando di rassicurarmi. Se fosse qualcun altro, chiunque altro, 𝑙'avrei già allontanato, probabilmente 𝑎 schiaffi.

Invece torno normale, cancellando qualunque emozione fosse trasparita dalla mia espressione poco prima.

Lo guardo negli occhi, 𝑒 lui sorride, per poi sistemarmi 𝑖 capelli, allontanarsi 𝑒 girarsi con la schiena appoggiata al muro, di fianco 𝑎 me.

"Non avrei mai pensato di trovare qualcuno come te, davvero, Jane Eyre"

"Intendi, qualcuno così psicopatico?" domando, sorridendo.

Lui ride, poi risponde:"Anche, ma non intendevo questo"

Mi guarda nuovamente, intensamente, poi continua:"Qualcuno con un carattere complicato quanto il mio, qualcuno che è impossibile da capire. Noi invece ci capiamo, ed è la sensazione più bella che abbia mai provato. Mille volte meglio di quelle pasticche" termina, con una smorfia.

"La dipendenza però è la stessa" dico io, appoggiando una spalla alla sua.

***

"Vieni, mamma ci vuole tutti di sotto" comunica Zev, non aprendo la porta, ancora chiusa 𝑎 chiave.

Io mi alzo, cercando di non svegliare Judah, ed esco.

"Che succede?" gli domando, non aspettandomi davvero una risposta.

"Vieni 𝑒 basta" risponde, per poi avviarsi di sotto.

Alzo le sopracciglia sorpresa di non essere stata insultata in qualche modo, quindi prendo la prima cosa che mi capita in mano 𝑒 me la infilo.

Scendo le scale 𝑒 trovo Zev 𝑒 Skyler seduto sul divano, insieme ad un James Hale spettinato 𝑒 senza pantaloni.
Mi blocco sull'ultimo scalino, sbattendo le palpebre diverse volte, prima di spostare lo sguardo su Laya Hale, in camicia da notte azzurrina.

I suoi capelli biondi rossicci sono spettinati, 𝑒 le ricadono senza posa sulla spalle curve.
Il viso sempre tirato 𝑎 lucido, con strati di fondotinta 𝑒 rossetto rosso, ora è spento 𝑒 sembra più vero.

"Su, entra, non stare li sulla porta" interviene, tenendo il solito tono di cortesia.

"Fatela breve" dico, piazzandomi sul fondo della stanza, senza sedermi con gli altri.

"Il fatto è, cari ragazzi, che vostro padre non è più mio marito. La casa è di entrambi, quindi continueremo 𝑎 dividere le spese per mantenerla 𝑒 quelle per il vostro sostentamento.
Ogni volta che torneremo, 𝑑'ora in poi, lo faremo ognuno per conto suo. Siamo venuti per portare la roba che teniamo qua in stanze separate 𝑒 per sistemare altre questioni urgenti. Per quanto mi riguarda, domani sera sarò in viaggio per Tokyo" termina, passando un'occhiata veloce su noi quattro.

Mio padre si alza e sale le scale, dirigendosi probabilmente verso il balcone, per fumare una sigaretta.

Non aspetto che altri si dileguino 𝑒 lo faccio io, uscendo sul balcone e trovandoci James, come mi aspettavo.

"Che hai fatto?" arrivo di fianco 𝑎 lui, 𝑒 comincio a chiedermi da dove provenga questa mia curiosità riguardo la loro vita.

Lui si gira 𝑎 guardarmi, come se mi vedesse per la prima volta 𝑒 si aspettasse che mi presenti.

"Niente di che" risponde, con un tono neutro da far invidia alla moglie, anzi ex-moglie.

"Immagino" dico, restando lì, 𝑎 guardare il cielo, con 𝑖 gomiti appoggiati alla ringhiera, 𝑎 fianco dell'uomo che dovrebbe essere mio padre, che è come uno sconosciuto per me, un estraneo che riconosco 𝑎 malapena.

Osservo il cielo, le nuvole che neanche si scorgono, nell'oscurità, 𝑒 le stelle, 𝑎 migliaia.

***

Rientro nella stanza e trovo la finestra aperta e un biglietto sul comodino: Torno dopo, volevo farmi un giro

Mi corico nuovamente, non tirandomi addosso le coperte. Non fa freddo, e non ho più alcuna voglia di dormire, ormai.

Penso ai miei genitori, al fatto che neanche li conosco, al fatto che non provo assolutamente niente, ripensando agli ultimi sviluppi.

Be', non mi stupisce, del resto, sono come mia madre, niente emozioni.

E, d'altra parte, a me che cambia, se loro stanno insieme, o no?

Rimango così, a pensare alle poche cose che so di loro, finché il mio cellulare non inizia a squillare.

E' Seth.

"Rav? Si tratta di mio zio... l'hanno arrestato, Raven"

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