16. Luna

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N.d.A. Il capitolo è lungo ma indivisibile in quanto non presenta salti temporali / cambi di scena.

Era la mattina del ventisette dicembre, il giorno del suo ventunesimo compleanno, l'Ultimo Plenilunio

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Era la mattina del ventisette dicembre, il giorno del suo ventunesimo compleanno, l'Ultimo Plenilunio.

Tanti auguri a lei.

Chandra si era svegliata con una strana sensazione addosso, una miscela di emozioni all'interno che non riusciva a spiegare neppure a se stessa. All'inizio, aveva anche tentato di dare loro un senso, ripercorrendo quanto avvenuto il giorno precedente, ma senza particolare successo; alla fine, aveva compreso che da sola non avrebbe concluso molto: le serviva un aiuto esterno.

Così, per combattere l'ansia crescente, Chandra aveva impiegato il tempo preparando un borsone con tutto ciò che le serviva per il rientro a casa; non era nulla di esagerato: solo il necessario per stare via un paio di giorni.

Uscì dalla camera e lasciò la borsa davanti alla porta chiusa: le era stato comunicato che era compito dei monaci portarla di sotto, come era avvenuto il primo giorno con le valigie.

Avrebbe attraversato entrambi i dormitori nella quiete più assoluta: la vita in Monastero si era destata da un paio d'ore e i monaci, insieme ai rispettivi Sacerdoti, erano riuniti al Capitolo per ricevere i compiti del giorno.

Percorse il lungo corridoio osservando il proprio riflesso sui vetri delle finestre a destra; i raggi mattutini filtravano caldi ma senza arrecare fastidio: il Sole sorgeva dall'altro lato, dov'era posto il Tempio ad Egli dedicato - l'ingresso per il Monastero puntava a Sud.

Scese per le scale e, in modo inevitabile, incontrò la camera del rivale. Fermò il passo e sostò dietro alla porta, con la testa inclinata e un leggero sorriso che le illuminava il viso. Passò dolcemente una mano sul legno, come se così la carezza potesse arrivare all'inquilino all'interno.

La notte precedente, quando erano tornati in Monastero, Arthur non l'aveva salutata: voleva farlo per bene prima della partenza. Cos'era che aveva detto? Ah, già: che non sarebbe mai riuscito a dormire mentre lei andava via.

Chandra fece qualche passo indietro e lasciò il braccio ricaderle lungo il fianco; dopo si voltò e riprese il percorso interrotto.

L'ingresso era come al solito: tondo, senza punti di riferimento e costellato da nove archi; se non fosse stato per il mosaico di Sole e Luna sul pavimento e il soffitto a cassettoni, la stanza sarebbe apparsa parecchio spoglia e confusionaria.

Mantenendosi su quello che poteva essere considerato il lato sinistro del cilindro, superò i dormitori e ignorò il varco appena successivo - portava agli alloggi dei Sacerdoti, luoghi che non le interessavano; la sua meta era dopo ancora, a sinistra della via che conduceva dal Guardiano.

Sotto la cornice dell'arco, però, Chandra si paralizzò. Aveva i palmi umidicci e il fiato corto, le viscere attorcigliate in un groviglio soffocante.

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