9.2 Acqua

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Chandra non si aspettava che il suo rientro sospetto in Monastero passasse in sordina: era ovvio che nessuno se ne sarebbe dimenticato dopo qualche minuto

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Chandra non si aspettava che il suo rientro sospetto in Monastero passasse in sordina: era ovvio che nessuno se ne sarebbe dimenticato dopo qualche minuto. Sapeva bene che la voce avrebbe vagato di bocca in bocca fino ad arrivare alle orecchie del Reverendo e che questi avrebbe preteso da lei una giustificazione in merito.

Se Dundra le avesse chiesto, Chandra avrebbe raccontato di essere andata in spiaggia – da sola – per esercitarsi negli incantesimi d'Acqua ma di essere scivolata. E non sarebbe stata neanche una totale bugia, solo un modo un po' goffo e raffazzonato di dire la verità. Restava solo da sperare che Dundra credesse alla sua finta sbadataggine e che le facesse una ramanzina su quello e non sull'andare a zonzo con il rivale.

Ciò di cui Chandra non aveva tenuto conto nel tessere la sua copertura fu il ritorno di Arthur, avvenuto un'ora e mezza dopo il proprio. Anche il ragazzo era rientrato più umido che asciutto e con ben due asciugamani fra le braccia, ma dalla sua aveva l'album da disegno come giustificazione. Ne avrebbe poi risposto a Nova, che si era infuriata e non poco.

Le nuove informazioni relative all'accolito del Sole erano arrivate a Chandra durante la cena, alla quale Arthur, seduto di fronte a lei sull'altra fila, sembrava più assente che presente.

«Lei non l'ha visto uscire, signorina Chandra?» continuava a chiederle Adhara a ripetizione, nonostante lei avesse già raccontato la storia dello scivolone.

Forse a Chandra sarebbe convenuto inventare maggiori dettagli, ma era davvero difficile improvvisarne anche uno soltanto con gli occhi dei due Sacerdoti puntati addosso: una severa, l'altro confuso e pieno di domande.

C'era da dirlo: quella volta, le precauzioni messe in atto da Chandra e Arthur erano state un totale fallimento.

«Ti ho già detto che non ci siamo incontrati», ripeté Chandra, esausta.

«Ultimamente sta uscendo spesso, signorina Chandra», avanzò Rigel, anch'egli curioso. «Dov'è che va?»

Adhara, che aveva una mezza versione veritiera di quel che Chandra andava a fare, sobbalzò e strinse le labbra carnose fra loro. Almeno lei tacque.

«Non vado da nessuna parte», rispose Chandra.

A peggiorare la situazione venne Alya. Era al servizio ai tavoli, dunque poté approfittarne per avvicinarsi alla fila della Luna e alla Noyer. «Lei come sta, signorina?» chiese in finto tono gentile.

«Vi prego, lasciatemi in pace.» Chandra accasciò la testa fra le mani, rette su dai gomiti poggiati sul tavolo.

Alya bofonchiò qualcosa e andò via.

Chandra alzò gli occhi dal piatto al viso di Arthur: era tutto imbacuccato e con la testa poggiata sul pugno chiuso. Non aveva un bell'aspetto: era pallido, con il naso arrossato a furia di soffiarlo e, dal modo in cui sfilacciava la carne sul piatto senza mangiarla, anche inappetente. Non stava neppure prendendo parte alle chiacchiere del suo tavolo dalle quali, peraltro, sembrava solo infastidito.

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