11.1 Chiarimenti

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Chandra camminava ad ampie falcate in direzione della propria camera

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Chandra camminava ad ampie falcate in direzione della propria camera.

Aveva fatto tappa all'infermeria per farsi dare dalla Guaritrice anziana un po' d'Acqua incantata con una scusa – sarebbe stata la prima e ultima volta che avrebbe visto quella donna: di lì a poco, questa avrebbe lasciato il Monastero per dedicarsi al riposo.

Pur sapendo che l'efficacia dell'incanto si dimezzava se questo veniva scagliato contro se stessi, Chandra aveva deciso di Curarsi la spalla da sola. Più che deciso, ad essere precisi, non sentiva di avere altre alternative a disposizione: la monaca anziana non lavorava più, Adhara era troppo impegnata per dedicarsi alla celestiale Noyer e ripiegare su Arthur era fuori discussione.

Adesso che la Sacerdotessa le aveva aperto gli occhi, Chandra non avrebbe più permesso ad Arthur di sfruttarla per il suo tornaconto personale.

Chiedere a un incantatore del Sole di limitarsi allo scontro più importante della sua vita era stato un azzardo, sì, quasi un'idiozia per chi non viveva le stesse pressioni di Chandra. E sperare che Arthur provasse a mettersi nei suoi panni, grazie al crescere della loro intimità, lo era stato ancora di più.

Ma dato che ai suoi occhi lei era una semplice pedina dai capelli bianchi, utile solo a sfidare le tradizioni della Luna – l'ostacolo maggiore al suo progetto di fondare un unico Ordine –, non c'era più ragione di mandare avanti quell'accordo a senso unico. Soprattutto se le notizie importanti giungevano tramite terzi e non dalla bocca del diretto interessato.

Sì, Chandra aveva deciso: con Arthur avrebbe chiuso definitivamente ogni rapporto. E niente l'avrebbe fatta tornare sui suoi passi, nemmeno vedere la porta della sua camera alla fine del corridoio e sapere di dover per forza passare di fronte a questa.

Inspirò dalle narici e accelerò.

Senza rendersene conto, mentre rimestava le parole dette da Nova nella testa, Chandra strinse – o almeno tentò di farlo – il pugno sinistro. Una fitta atroce si propagò lungo l'intera articolazione e poi esplose nella spalla, bloccandola.

Le fu impossibile trattenere un lamento e attirare, di conseguenza, l'attenzione del Leblanc. Difatti, prima che lei potesse scappare al piano superiore, quando aveva appena messo il piede sul primo gradino, la porta si aprì.

«Chandra», la chiamò Arthur. Aveva la voce così chiusa e nasale che il gruppo consonantico "ndr" assomigliava più a una tripla "d". «Come è andata?»

Lei chiuse gli occhi e strizzò le labbra. Perché in quella giornata nulla andava per il verso giusto?

Arthur aprì maggiormente la porta, ma Chandra lo ignorò.

In via teoria, avrebbe dovuto tener fede alla decisione presa cinque secondi prima e ignorarlo; tuttavia, adesso che era stata beccata e aveva sentito la sua voce rilassata, la voglia di affrontarlo e batterlo – almeno a livello figurato – era tanta. Troppa.

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